17 aprile 2016 – Referendum Trivelle

Laura Mazza
8 aprile 2016

Fra appena una settimana si terrà un importante referendum per abrogare una disposizione di legge nata forse negli anni ’70 quando il Governo dell’epoca concesse lo sfruttamento dei territori e delle coste italiane entro le 12 miglia marine e oltre.
Furono poste delle piattaforme in mare per il prelievo del petrolio e del gas.
Le conosciamo queste piattaforme, tutti le abbiamo viste ma forse in pochi ci siamo posti delle domande da quando sono entrate nel panorama dell’ambiente marino.
Fortunatamente alcune associazioni ambientaliste e nove delle Regioni interessate dalla presenza di queste piattaforme hanno sollevato il problema e ne hanno fatto una battaglia civile e ambientale.
Se ne parla poco, le informazioni dei media sono rare, forse per la complessità dell’argomento e forse perché non è semplice districarsi tra leggi e disposizioni che nel corso degli anni si sono sovrapposte creando un’intricata foresta di commi e articoli di legge. E nella confusione di notizie stravolte dal linguaggio politico è poco intuitivo che se si vuole modificare una legge o una parte di essa bisogna chiedere di abrogarla e dunque si deve votare SI’ per raggiungere lo scopo. Art. 75 Costituzione.
Entrando brevemente nel merito, se passerà il SI’, sarà impedita la prosecuzione dell’attività estrattiva alla scadenza della concessione attuale comprensiva degli ulteriori rinnovi.
Significa che alcune piattaforme già ora sono vecchie. Le concessioni sono state date per 30 anni, rinnovabili per altri 10 anni e poi ancora per 5 anni e altri 5 anni ancora. Quindi alcune piattaforme, le più vecchie,potranno chiudere tra 5 o 10 anni mentre altre, più recenti, tra 20 anni.
Al momento attuale in Italia in tutto ci sono circa 130 piattaforme, o forse qualcosa di più, ma sul tipo di inquinamento rilasciato ci sono rilevamenti non del tutto completi e solo per 34 di esse.
Il gas prodotto in Italia copre il 10% del fabbisogno nazionale, e forse queste cifre valgono anche per il petrolio. Non si conosce però la quantità effettiva di produzione delle piattaforme entro le 12 miglia dove spesso però si trovano aree marine protette. La legge già oggi vieta nuove trivellazioni entro le 12 miglia, ma nessuno potrebbe essere certo che queste disposizioni non vengano modificate soprattutto in presenza di giacimenti non ancora sfruttati. L’esempio potrebbe essere la piattaforma di Cervia, una delle più vecchie, che anche se passasse il SI’ potrebbe ottenere ancora una proroga di 5 anni ma poi dovrebbe abbandonare il giacimento anche se ci fosse ancora gas o petrolio. Resterebbe però il problema dello smantellamento della piattaforma e capire chi dovrebbe farsene carico. Per tradurre il valore delle piattaforme bisognerebbe sapere che quella di fronte alle Isole Tremiti, noto luogo di turismo, è stata concessa per 5 Euro e 16 Centesimi al metro quadrato per un totale di 1928,292 all’anno contro il provento che l’impresa di estrazione di petrolio e gas ricava dalla vendita del carburante fossile. ( i conti sono di Angelo Bonelli presidente nazionale dei Verdi e consigliere comunale di Taranto). Si potrebbe ancora considerare a lungo l’opportunità di entrare puntualmente nelle valutazioni dei vecchi e nuovi sfruttamenti in mare e in terra, come prevede la Legge di stabilità 2016. Non ho abbastanza competenze per farlo, ma come cittadina mi sento di dovere chiedere a me stessa e al Governo dove stiamo andando: dobbiamo ancora dipendere in modo totale dal petrolio e i suoi derivati? L’Italia con il suo territorio e le sue coste ha una vocazione turistica che altre nazioni ci invidiano, ma cosa si vuole fare di questo patrimonio?
Abbiamo sempre sostenuto che le energie alternative offrono molte possibilità di lavoro a tutti i livelli e potrebbero portare il nostro Paese a non dipendere totalmente dai combustibili fossili per produrre energia.
Perché la politica non vuole progettare un futuro differente? Perché non costruire un nuovo modello di economia e di società consapevole del proprio patrimonio ambientale e delle sue risorse?
Perché non costruire un ampio dibattito sul futuro energetico e ambientale?
Non lasciamoci sfuggire questa occasione.

SCHEDA DELLE 21 PIATTAFORME ENTRO LE 12 MIGLIA DALLA COSTA
Adriatico Settentrionale: 1) ENI davanti alla Laguna di Venezia; 2) PO VALLEY OP. davanti a Comacchio; 3) ENI davanti a Cervia.
Adriatico Centrale: 4) APPENNINE ENERGY davanti a Fermo; 5) ROCK HOPPER 6) ENI 7) PETROCELTIC ITALIA tra Pescara, Vasto, Isole Tremiti.
Mare Ionio e Golfo di Taranto: 8) APPENNINE ENERGY 9) TRANSUNION PETROLEUM IT 10) SHELL ITALIA 11) SHELL ITALIA 12) PETROCELTIC ELSA 13) ENI 14) NORTHERN PETROLEUM IT si trovano sottocosta a Metaponto, poi davanti a Sibari, davanti a Crotone (Capo Colonna, Capo Rizzuto) e il resto nel centro del Golfo di Taranto.
Canale di Sicilia: 15) AUDAX ENERGY 16) NORTHERN PET. UK 17) ENI – EDISON GAS 18) PETROCELTIC ELSA-NORTHERN PET. UK 19) ENI 20) TRANSUNION PET. 21) ENI – EDISON GAS da Mazara del Vallo, Sciacca, Pantelleria, Porto Empedocle, Licata, Gela, Vittoria, Modica.
FONTE: www.geograficamente.wordpress.com

18/4/2016 – a Referendum avvenuto
 l quorum per dare validità al referendum non è stato raggiunto. S’è recato alle urne solo il 32,1% degli elettori.
Purtroppo lo sapevamo che sarebbe finita così. Adesso tutte le dichiarazioni dei media saranno ancora sull’onda degli schieramenti. E’ anche vero che gli schieramenti sono stati creati appositamente per fare diventare questo referendum non più una consultazione con i cittadini ma un pro o un contro al Governo. Così tutti i partiti dell’opposizione hanno soffiato sul fuoco producendo una grande confusione nella cittadinanza e non sono stati dati spazi alle ragioni di ambientalisti e degli osservatori politici che conoscevano la portata dei problemi, così in molti hanno preferito astenersi.
In tutto ciò però chi ha davvero perso è la Democrazia, perché un Presidente del Consiglio non avrebbe mai dovuto dire ai cittadini di rinunciare a un diritto/dovere di partecipare alla cosa pubblica.
Questa è la vera ferita.
Il Governo avrebbe dovuto spiegare con esattezza come stavano le cose per non lasciare che ognuno si costruisse la sua verità. Adesso cinque piattaforme hanno la concessione scaduta, alcune addirittura dal 2009 e alcune dalla fine del 2015, cosa succede? un tacito rinnovo? un prelievo di carburanti senza alcun tipo di orizzonte? (vedi Bollettino ufficiale idrocarburi e georisorse). A noi non lo dirà nessuno. Ma la cosa più grave di tutte è che la disaffezione al voto ha vinto, purtroppo anche per il futuro.

Ambiente