Anniversari

Gabriella Carlon
24-03-2020
Siamo giustamente occupati e preoccupati dal Coronavirus, ma intanto non lasciamoci sfuggire memorie importanti.

Monsignor Oscar Romero

Sono quarant’anni (24 marzo 1980) che Oscar Arnulfo Romero y Galdamez, arcivescovo cattolico di San Salvador venne assassinato mentre stava celebrando la Messa.
Oscar Romero, sconcertato dallo scempio perpetrato dai latifondisti, dai militari e dai servizi segreti statunitensi a danno dei più poveri del suo popolo, non riuscì a tacere e denunciò le gravi violazioni dei diritti umani a cui costantemente assisteva. Il 23 marzo in una omelia invitò i militari della Guardia Nazionale, impegnati in feroci repressioni, a disobbedire agli ordini, anteponendo il comandamento “Non uccidere” a qualsiasi altro comando. Il giorno dopo fu ucciso da un sicario su mandato di Roberto d’Aubuisson, capo del partito nazionalista conservatore.

Manifestanti ricordano il massacro. (fonte: terredamerica.com)

E come non ricordare che otto anni dopo (16 novembre 1989) sei padri Gesuiti (Ignazio Ellacuria, Martin Barò, Segundo Montes, Juan Ramon Moreno, Armando Lopez, Joaquin Lopez y Lopez) vennero massacrati all’Università cattolica di San Salvador insieme alla cuoca e alla di lei figlia che avevano assistito all’eccidio. L’Università era ritenuta il centro propulsore dell’insurrezione, (in atto in buona parte del paese per l’affermazione dei diritti più elementari), che si ispirava alla Teologia della Liberazione, osteggiata e condannata da papa Giovanni Paolo II.

Berta Cáceres (fonte: Greenpeace on Twitter)

E recentemente , 3 marzo 2016, Berta Caceres è stata uccisa a La Esperanza in Honduras. L’ecologista era impegnata al fianco delle comunità contadine e dei movimenti indigeni Lenca (indigeni centro americani discendenti dai Maya) dell’Honduras nella difesa dei diritti umani.
Secondo la polizia sarebbe morta durante un tentativo di rapina, ma i familiari non hanno dubbi sul fatto che sia stata uccisa a causa del suo impegno sociale.
Nel 2015, Berta Caceres aveva vinto il premio Goldman, una sorta di Nobel per l’ambiente. In quella occasione, intervistata dalla BBC, l’attivista aveva denunciato il progetto della diga di Agua Zarca nel Gualcarque, fiume sacro alle comunità indigene e vitale per il loro rifornimento di acqua, organizzando e guidando la protesta.
La contestazione ha avuto l’effetto di indurre la società di proprietà cinese Sinohydro e l’International Finance Corporation, istituzione della Banca Mondiale che investe nel settore privato, a ritirare la partecipazione al progetto idroelettrico.
La Caceres, che aveva contribuito a fondare e coordinava il Consiglio dei popoli indigeni dell’Honduras (Copinh:Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras), aveva già ricevuto in passato minacce di morte.
Tra il 2010 e il 2014 in Honduras sono stati uccisi 101 attivisti ambientalisti, secondo la Ong Global Witness.

Sono solo alcuni esempi della violenza che ha governato e governa l’America centrale. Purtroppo si potrebbe fare memoria di tantissimi altri martiri, sia religiosi che denunciano le ingiustizie, sia laici che agiscono nella società civile per la difesa dei diritti umani. Una feroce repressione che dura da decenni, col sostegno dei servizi segreti USA. Quante altre vite dovranno essere sacrificate prima che cambi qualcosa? E perché tanta violenza in America Centrale?

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