Donna, grande è la tua fede.

Eraldo Rollando
4-02-2019
C’era riuscita Leymah Gbowee, a mettere una pietra fondamentale per la pacificazione della Liberia.
Il paese era già stato sconvolto da una prima guerra civile durata 7 anni, dal 1989 al 1996. La seconda guerra scoppiò nel 1999 e terminò nel 2003. In quel periodo Leymah Gbowee fondò e diresse il Movimento “Women in Peacebuilding Network (WIPNET)”, ossia la Rete delle donne per la costruzione della pace.

Leymah Gbowee

Nel 2003 diede il via a una serie di mobilitazioni che coinvolsero donne sia musulmane che cristiane, con lo scopo di favorire il processo di pacificazione del suo Paese attraverso iniziative pubbliche e non violente. Il loro contributo fu determinante al punto che Gbowee e le sue due principali collaboratrici ricevettero il Premio Nobel per la Pace 2011 “per la lotta non violenta per la sicurezza e per i diritti delle donne alla piena partecipazione al lavoro di costruzione della pace”.
A Leymah Gbowee è stato dedicato il film Pray the Devil Back to Hell (2008, vincitore del Tribeca Film Festival).

In Israele è attivo dal 2014 un analogo movimento nato per mettere fine agli oltre70 anni di guerra tra israeliani e palestinesi. Erano 40 persone, nel 2014, e in soli quattro anni è passato a circa 45.000 iscritti, per la maggioranza donne,
Women Wage Peace (“Donne per la pace”, “Nashim osot shalom” in ebraico) è il nome del movimento, sorto per dare nuovo impulso alle trattative di pace che nel 2014 si erano arenate in un’impasse senza soluzioni. “Spiaggiate”, come cetacei sull’acqua bassa di un mare immoto, mentre era in corso l’operazione militare “Tzuk Eitan” (Operazione Margine di Protezione, 8/7 – 26/8 2014), attuata per fermare il lancio di missili a opera di Hamas dalla Striscia di Gaza sul territorio di Israele che, in quei giorni, aveva visto arrivare più di 3000 razzi. Occorre aspettare il 2016 perché il Movimento inizi a smuovere la sonnacchiosa “comunità” occidentale e, purtroppo, vi riesce solo in minima parte.
Prende allora corpo l’idea di utilizzare i social media per lanciare il messaggio di pace, in un modo nuovo e più coinvolgente: un video sulla marcia delle donne. Una marcia straordinaria di migliaia di donne di ogni fede: musulmane, ebree e cristiane, che sfilano cantando “Prayer of the Mothers”.
L’evento, veicolato attraverso Youtube, è stato definito un piccolo miracolo, ma è stato quasi ignorato dai principali media, giornali e televisioni.

(Clicca sul rettangolo a destra della scritta YouTube pe la visione a schermo intero)
Nel video la cantante israeliana Yael Deckelbaum canta la Preghiera delle madri insieme a circa 4mila donne e madri di tutte le religioni, senza distinzione di fedi politiche, ritrovatesi nel deserto, unite dal desiderio di costruire una convivenza possibile. Le parole della canzone, tradotta dall’ebraico, dicono:
“Ascoltiamo il vento che viene dal mare
e sediamoci insieme,
spazziamo via i muri della paura e degli esili.
Apriamo le porte,
giù i muri della paura
dal nord al sud
dall’ovest all’est.
Questo è l’inno alla pace delle Madri:
a loro date la pace.”
La marcia e le riprese del video si sono svolte nel deserto a nord del Mar Morto, con meta Gerusalemme, ispirandosi al cammino che portò gli israeliti dall’Egitto alla Terra Promessa per liberarsi dal giogo egiziano (nel racconto biblico del Libro dell’Esodo), evento, peraltro, non ancora confermato dalle ricerche storiche e archeologiche.
Il modello seguito è quello di altre donne che hanno contribuito a riappacificare i loro territori in paesi come la Liberia, la Colombia, il Guatemala, le Filippine.

Israele e Mar Morto

Un’altra marcia per la pace, di circa 200 chilometri, fu organizzata in Israele dal 29 settembre al 9 ottobre 2017 e coinvolse circa 30mila persone convergenti dai quattro punti cardinali sempre su Gerusalemme.
Il 20 settembre 2018 la marcia verso Gerusalemme è stata ripetuta al ritmo di balli e canti, fra cui un’inedita versione in ebraico e in arabo, di We shall overcome, la più celebre canzone per i diritti civili, portata al successo mondiale negli anni ’60 da Joan Baez.
Qui la traduzione in italiano:
(Clicca sul rettangolo a destra della scritta YouTube pe la visione a schermo intero)
Il Movimento continua a mantenere alta la pressione sul governo israeliano con incontri, discussioni, presidi davanti alla Knesset (il Parlamento di Gerusalemme) e altre iniziative importanti come il Congresso nazionale tenuto all’Università di Tel Aviv il 27 novembre 2018.
Riusciranno nel loro intento? Lo speriamo, consapevoli che i grandi sogni talvolta portano a grandi risultati.

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