Dopo elezioni

Gabriella Carlon
23 marzo 2018
Siamo al paradosso: abbiamo due vincitori ma non siamo in grado di fare un governo. Tanto viene alterato il senso delle parole e lo spirito della nostra Costituzione.
Non possono esserci due vincitori, ci sono alcuni partiti che hanno aumentato i loro voti e altri che li hanno persi. In realtà non ha vinto nessuno, perché nessuno è in grado, da solo, di formare un Governo che abbia la fiducia del Parlamento.

Palazzo Montecitorio – Camera dei deputati

Sembra che non ci si accorga che, in un sistema parlamentare, gli elettori eleggono i loro rappresentanti in Parlamento e non mandano alcuno al governo o all’opposizione: sarà nel Parlamento, con l’occhio vigile del Presidente della Repubblica, che si formerà la maggioranza necessaria attraverso la mediazione capace di ottenere il compromesso più soddisfacente possibile per i cittadini elettori. Di conseguenza si formerà un’opposizione (che può essere di vario tipo).
Lo spostamento dell’attenzione dalla rappresentanza alla governabilità ha generato la dimensione personalistica del potere di governo: il governo esercita il potere e il parlamento ha una funzione di ratifica; le minoranze non hanno spazi di intervento e collaborazione reale; i partiti sono comitati elettorali, più che canali di partecipazione democratica radicati sul territorio; il voto serve per scegliere, ogni cinque anni, chi deve governare: il calo della partecipazione al voto non preoccupa il ceto politico che anzi pensa di poter così più facilmente controllare gli elettori con le clientele o le elargizioni di bonus pre-elettorali di vario genere, che ricordano il voto di scambio.

I partiti che hanno aumentato i loro voti hanno fatto leva l’uno su razzismo e xenofobia (Prima gli Italiani), l’altro su un requisito prepolitico (onestà onestà!) unito alla lotta alla casta e alla promessa di un improbabile reddito di cittadinanza. Sarà interessante vedere quale direzione politica prenderà un ceto dirigente per ora ambiguo, selezionato, in gran parte, con “democrazia digitale” e fornito di nessuna esperienza e forse anche di nessuna competenza politica. Ma perché gli elettori si saranno orientati verso i cosiddetti”populisti”?
Il corpo sociale vede aumentare il numero dei poveri (dati ISTAT: 4.742.000 poveri assoluti, 8.465.000 poveri relativi) e allargarsi sempre più la forbice della disuguaglianza. La crisi ha impoverito alcuni ma arricchito altri: la ricchezza è ridistribuita dal monte salari ai profitti e alle rendite finanziarie, dal basso verso l’alto. L’erosione del welfare, la precarizzazione del lavoro con la cancellazione dei diritti dei lavoratori hanno creato un clima sociale frammentato e impaurito. Per anni il berlusconismo-renzismo ha modellato la società sulla competitività anziché sulla solidarietà (dalle pensioni alla salute alla scuola) e ha tentato di smantellare i poteri intermedi; ha fatto riforme che cambiano….all’indietro, ha trasferito risorse, prelevate dalla fiscalità generale, alle imprese e alle banche.
Ma tutto ciò, sul piano formale e sostanziale, risponde al modello di democrazia delineato dalla nostra Costituzione?

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