Egitto – L’incubo della sicurezza e del terrorismo.

Gruppo Corallo
(a cura di Eraldo Rollando)
24-02-2017

Quando si parla dell’Egitto, si è di solito condizionati dal richiamo alla sua storia, ai suoi faraoni, ai reperti archeologici, ai suoi siti storici.
La storia di oggi, pervasa da forti interessi internazionali, è meno raccontata. Si potrebbe definire, riferendoci appunto alla sua storia, il paese “sfinge”. Se non fosse per la tragica vicenda di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso al Cairo ad opera, si dice, dei servizi segreti egiziani, sembrerebbe, a noi, un paese in pace e sicuro. Ma così non è, e proprio la vicenda di Giulio Regeni ha reso evidenti le contraddizioni di questo paese.
L’Egitto, a cavallo del nord-est africano e del vicino oriente, si affaccia a nord nel mar Mediterraneo e a est nel mar Rosso. Conta circa 90 milioni di abitanti, con capitale Il Cairo.
Il paese è una media potenza militare nell’area e per questo ha una forte influenza culturale, politica e militare in Africa settentrionale, vicino oriente e mondo musulmano.
Nella sua storia più recente ha conosciuto due colpi di stato e una rivoluzione.
Il 23 luglio del 1952, un gruppo di militari, comandato dal colonnello Nasser (futuro capo dello Stato dal 1954 al 1970) attuò un colpo di Stato. Il re Faruq fu costretto ad abdicare in favore del figlio neonato, ma i poteri dello Stato erano in realtà nelle mani dei militari, che l’anno successivo abbatterono la monarchia proclamando la Repubblica egiziana.
Dalla fine del 2010, nel Medio Oriente e in Nord Africa scoppiarono rivolte. Le diverse sollevazioni hanno avuto diversi risultati nei paesi attraversati dalle proteste contro i regimi.
La rivoluzione egiziana del 2011, caratterizzata da un vasto movimento di protesta con episodi di disobbedienza civile, atti di contestazione e insurrezioni, conseguenti anche allo stato di emergenza in atto per oltre trent’anni e mai revocato, portò alle dimissioni del presidente Mubārak, lasciando il potere politico sotto il controllo del Consiglio supremo delle forze armate.
Le libere elezioni presidenziali del 24 giugno 2012 decretarono vincitore Mohammed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani, che subito si prodigò per rimodulare la struttura dello Stato sulla base della legge islamica.
Un anno dopo la sua elezione, un movimento di protesta (si dice formato da circa venticinque milioni di persone), avverso a questa impostazione e giustificato da vari errori compiuti da Morsi stesso, compreso il varo di provvedimenti autoritari, diede luogo a manifestazioni e scontri che portarono al colpo di stato del 3 luglio 2013. L’esercito approfittando della situazione si affiancò ai manifestanti; Morsi fu rimosso dal comandante in capo delle Forze armate egiziane, generale al-Sisi.

Il Generale al-Sisi

Seguì un periodo d’incertezza e altri scontri con decine di morti e centinaia di feriti, durante il quale i Fratelli Mussulmani furono messi fuori legge. Al-Sisi dal 2014 è Presidente della Repubblica egiziana.
È difficile giudicare il grado di democrazia del regime scaturito dai colpi di Stato del 1952 e del 2013 ma, indubbiamente, i sistemi un po’ sbrigativi messi in atto hanno creato un sufficiente grado di stabilità, che in varia misura ha agevolato gli investimenti stranieri e il turismo.
Nel frattempo si era affacciata un’altra minaccia: il terrorismo islamista di matrice salafita.
Già nel 1997 si era manifestato con l’attacco a Luxor, così come nel triennio 2004-2006 nel Sinai meridionale; nonostante il forte contrasto messo in atto, i cambiamenti al vertice del 2011 e 2013 hanno ulteriormente aumentato le cellule radicali incrementando in modo drammatico l’azione terroristica. La messa fuorilegge della Fratellanza Mussulmana non ha facilitato l’eradicazione del terrorismo ma, anzi, ha agito in senso contrario.
A conferma di questo stato di cose, l’Agenzia ANSA il 24 gennaio 2017 segnalava che al Cairo, in occasione del sesto anniversario della rivoluzione del 2011, temendo attentati (già verificatisi nelle ricorrenze degli anni precedenti), erano state predisposte severe contromisure, concludendo che erano stati mobilitati molti mezzi antibomba, circa 2100 ambulanze, dieci motovedette fluviali sul Nilo e 2 elicotteri.
Solo considerando questo clima di caccia al terrorista e agli avversari dello Stato si può inquadrare l’omicidio Regeni.

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