I buoni frutti di Francesco

Eraldo Rollando
9-02-2019
Papa Francesco volle un atto molto forte per marcare la sua vicinanza alla sofferente popolazione centrafricana e per scuotere le coscienze di chi, nel Paese, la pace non la voleva.
Nell’Anno Santo della Misericordia (2015) durante un viaggio in tre Stati africani, si recò in Centrafrica per aprire la Porta Santa della cattedrale di Bangoui, capitale della Repubblica Centrafricana: era la prima volta nella storia della Chiesa romana in cui veniva aperta un’altra Porta Santa una settimana prima dell’apertura ufficiale della Porta di San Pietro, prevista per l’otto dicembre di quell’anno.
“Vengo come apostolo di speranza … chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore per Bangui” disse il Papa, in quell’occasione, rivolgendosi al Paese tutto.
La Repubblica Centrafricana dal 1960, anno della sua indipendenza dalla Francia, di cui fu colonia, ha visto la sua esistenza funestata da colpi di Stato, rivolte civili e guerre interreligiose che hanno generato decine di migliaia di morti, innumerevoli feriti e oltre un milione di profughi (su una popolazione di cinque milioni di abitanti) e portato la popolazione ad un livello di povertà tra gli ultimi posti nel mondo, se non l’ultimo.
Nel 2012 la coalizione Seleka composta da milizie estremiste islamiche prese il potere deponendo con un colpo di stato Francois Bozize, anche lui al potere con un golpe nel 2003, abbandonandosi poi alla sopraffazione della popolazione, in particolare quella di fede cristiana, con atti di violenza estrema. Fu il gruppo di guerriglieri cristiani denominatosi “Anti-balaka” (1) a contrastare la Seleka.
Gli scontri, estremamente cruenti, finirono per aggiungere altre morti e distruzioni a quelle già operate in precedenza. “Da quando i Seleka sono arrivati al potere in Centrafrica non c’è stato altro che distruzione” ebbe a dire il vescovo della diocesi di Bougassou monsignor Juan Josè Aguirre

Pare che quattro anni dopo le parole di Francesco abbiano trovato orecchie aperte all’ascolto: quattro anni di trattative, da quella visita, intensificatesi nell’ultimo mese, costellate di numerose false partenze hanno portato, infine, a un’intesa di pace tra la nuova Presidenza della Repubblica e 14 gruppi di ribelli. “Oggi è un grande giorno per la Repubblica Centrafricana e per tutti i suoi abitanti”, sono le parole di Smail Chergui, commissario dell’Unione Africana (Ua), in occasione della firma, il 5 febbraio 2019, a Kartoum, capitale del Sudan, dove i negoziati sono stati condotti.
Anche la Comunità di Sant’Egidio ha preso parte alle trattative come “facilitatore”. “La speranza è che già nei prossimi giorni si possa assistere a una progressiva riduzione delle violenze … noi continueremo a sostenere la pacificazione del Paese anche durante la fase di implementazione” spiega ad Avvenire Mauro Garofalo, esponente della Comunità.

Adesso siamo in attesa di vedere spuntare un altro frutto di Francesco con la firma del Documento sulla fratellanza umana da parte del Papa e del Grande imam sciita della Moschea Al-Azhar del Cairo, avvenuta anche essa nei primi giorni di febbraio. Un frutto, questo, che avrà bisogno di molto tempo, molta cura e dedizione per giungere a maturazione.

(1) in slang locale significa “quelli che portano i gris gris (un particolare amuleto) contro i Kalashnikov”

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