L’Europa s’è inceppata? Meglio riformarla che uscirne

Adriana F.
2-04-2019
I movimenti antieuropei rischiano di trarre in inganno molti italiani, e non solo quelli più sprovveduti. Ma sarebbe ingenuo illudersi di poter cancellare settant’anni di storia e uscire “alla leggera” dall’eurozona o addirittura dall’Unione europea. Decisioni così radicali non si possono prendere sulla scia di un’ondata emotiva, altrimenti il disastro può essere dietro l’angolo.
Certo, l’evoluzione complessiva delle istituzioni comunitarie ha deluso molte aspettative, perdendo per strada alcuni dei grandi ideali che avevano ispirato i padri fondatori. Ma, come dice il proverbio, non si deve “buttare il bambino con l’acqua sporca”. Se è indubbio, infatti, che diversi aspetti sono da rivedere (o addirittura da rifondare), è anche vero che non si può addossare soltanto all’Europa la responsabilità di aver messo in ginocchio le economie più fragili. Le vere cause del disastro sono piuttosto da ricercare nei cambiamenti epocali avvenuti negli ultimi decenni, come pure nelle scelte attuate (o accettate) dagli stessi stati dell’Ue, che su svariate questioni hanno fatto prevalere interessi particolari invece di puntare alla coesione interna e al benessere dei cittadini. Credo quindi sia giusto spezzare una lancia in favore di questa imperfetta “casa comune”, che ha avuto una funzione storica importante e che ha dato all’Italia opportunità e vantaggi impensabili per qualsiasi stato al di fuori del contesto comunitario. E se alcuni di tali benefici sono tuttora poco conosciuti dai cittadini, la colpa va attribuita alle scarse informazioni veicolate da molti media e alla stessa comunicazione istituzionale dell’Ue, che è sempre stata incapace di lanciare campagne di forte impatto per far conoscere ai cittadini europei le iniziative attivate, i programmi in discussione e le risorse stanziate per sostenere l’economia, l’occupazione e lo sviluppo delle aree meno avanzate.
Tra i vantaggi grandi e piccoli che l’Unione ha portato nelle nostre vite, il più importante, sebbene poco considerato da chi non ha conosciuto le devastazioni prodotte dall’ultima guerra, è il lungo periodo di pace che l’Unione europea ha saputo garantire ai popoli che ne facevano parte: 70 anni consecutivi senza conflitti di portata mondiale, in una realtà geopolitica dominata nei secoli passati da continui conflitti tra stati nazionali in cerca di risorse e di egemonia economica e commerciale. Un vero record, anche se purtroppo è stato offuscato da guerre ai suoi confini (come in Jugoslavia) o in altre parti del mondo dove diversi paesi europei sono intervenuti più o meno direttamente.
A livello di quotidianità, numerosi sono i benefici concreti conseguiti dai cittadini dell’UE nel corso dei decenni, soprattutto in termini di libera circolazione di persone, merci e servizi: ogni giorno circa tre milioni e mezzo di persone attraversano un confine interno per andare a lavorare, in vacanza o a trovare amici e parenti; i trasporti di merci sono stimati in 57 milioni ogni anno per confine; gli scambi legati alla mobilità di persone e merci tra paesi dell’area Schengen sono aumentati del dieci per cento ogni anno dal 1985 al 2011.
Interessanti opportunità sono state aperte agli studenti con il riconoscimento dei diplomi in tutti i paesi comunitari e con il programma di studi all’estero Erasmus, che ha favorito lo scambio culturale, l’apprendimento delle lingue ed esperienze curricolari e formative di ottimo livello.
Un impegno ancora più significativo (ed economicamente consistente) è stato quello relativo ai fondi infrastrutturali e ai fondi europei di sviluppo e coesione. I quali, sebbene talvolta poco o male utilizzati dal nostro paese, hanno contribuito a realizzare grandi opere di interesse collettivo (per esempio, la metropolitana di Napoli, le reti tramviarie di Firenze e la ristrutturazione dei porti di Genova e Civitavecchia).
Non va poi dimenticato che l’Ue è il principale donatore di aiuti allo sviluppo su scala globale. Nel 2017, infatti, le istituzioni comunitarie e gli stati europei hanno destinato alle iniziative di sviluppo 97,43 miliardi di dollari, pari al 56% del totale mondiale.
Altri punti qualificanti dell’Unione europea sono l’adesione ai trattati internazionali sui diritti umani fondamentali e la creazione di una Corte di Giustizia dell’Ue per garantire che il diritto venga interpretato e applicato allo stesso modo in ogni paese dell’Unione. Altrettanto meritevole è l’impegno programmatico per la tutela dell’ambiente, sebbene il modesto budget finora destinato a questo ambito abbia permesso di attuare solo in minima parte il Piano d’azione per la difesa dei territori e delle risorse naturali. Ma la seria emergenza ambientale, denunciata con forza dalle recenti manifestazioni dei giovani che reclamano un mondo vivibile per il loro futuro, indurrà certamente a riconsiderare le cifre da investire in questo settore.
Perfino l’euro, oggi sul banco degli imputati, ha svolto un ruolo di rilievo evitando il default del nostro bilancio statale: ha sconfitto l’inflazione galoppante (che gravava sull’Italia a livello endemico), e ha consentito per anni alle imprese e ai cittadini italiani di ottenere prestiti e mutui a tassi di interesse favorevoli. Inoltre ha permesso ai nostri governi di finanziare il debito pubblico nazionale senza dover addossare ai contribuenti un aggravio di tasse e balzelli, e ha eliminato i costi del cambio di valuta sia per i commercianti che per i privati cittadini.
Peraltro, sull’uscita dell’Italia dall’eurozona, auspicata da alcuni fino a qualche mese fa, sono stati espressi pareri piuttosto cauti da chi conosce bene le dinamiche del mondo economico e finanziario. Lo stesso Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia e critico severo dell’euro, in un’intervista pubblicata sul Sole24Ore lo scorso luglio, ha sorpreso i suoi estimatori affermando: «Uscire dall’euro avrebbe un costo. Certo. Per questo per l’Italia l’opzione migliore è restare nell’eurozona e riformarla dall’interno … l’abbandono dell’euro è solo l’ultima spiaggia».

Tirando le somme, credo che molti europei siano consapevoli dei vantaggi di appartenere all’Ue e non siano disposti a rinunciare alla dimensione continentale di orizzonti a cui sono ormai abituati. Spetterà ai partiti europeisti riconquistare la fiducia dei cittadini delusi o scettici mettendo in campo un valido programma di riforme e liste di candidati competenti e convincenti.

Manifesto per l’Europa di Altiero Spinelli (clicca per leggere)

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