Me lo raccontava la mia mamma

Laura Mazza
23-05-2020
La mia Mamma mi raccontava che al tempo della guerra suonavano gli allarmi, tutti dovevano correre nelle cantine insieme ad altra gente e che erano brutti momenti perché c’era chi piangeva per la paura, chi pregava e chi litigava. E poi non si poteva comperare quello che si voleva, ma solo quel poco che si trovava in vendita sia per mangiare sia per vestire, che non c’erano soldi e che erano più fortunati quelli che stavano fuori dalla città.
Io ascoltavo incredula. Era l’inizio del boom economico, c’era tutto: il Buondì Motta, la Nutella, la Coca Cola, e i primi Jeans e le calze di nylon. Mi pareva impossibile. Avevo 10 anni e non potevo credere che la mia Mamma fosse riuscita a sopravvivere mangiando patate anche se erano diventate nere, pane secco e semolino. E che fosse riuscita anche ad arrivare a raccontare a me quella vita così spartana. Eppure….

Mi tornano alla memoria i racconti di coloro che hanno dovuto adattarsi a lunghi periodi di difficoltà a causa della guerra, e anche a me pare di sentirmi come sospesa in una bolla.
Qualche privazione per non potere andare a fare una passeggiata o vedersi con gli amici è una cosa che non avremmo mai potuto immaginare. E non avremmo mai immaginato che tutta l’impalcatura dei commerci, della mobilità, della finanza sarebbero rimasti bloccati.
Tutti stiamo incominciando a considerare che i soldi non basteranno a coprire il disastro che si sta compiendo. Attività chiuse: niente lavoro è uguale a niente incasso, ma anche niente stipendio in cambio di un misero sostegno temporaneo. Molti, come già sappiamo, sono lavoratori con assunzioni “libere” tanto che alcuni per fare fronte al niente che avanza, devono consumare le ferie. Tutti ci domandiamo quanto durerà questa situazione insolita e per giunta dovuta a un virus, una presenza infinitamente piccola che ha fatto esplodere tutto il sistema. Verrebbe quasi da ridere se non fosse che questo disastro non ha paracadute di alcun tipo.
Le colpe sono molte:
• chi nei mercati aperti di alcune zone del Mondo commercia animali selvatici insieme a quelli di allevamento e li uccide lì sul posto mischiando liquidi di ogni genere.
• un sistema capitalista che guarda solo al profitto e trascura la grande massa di persone che per sopravvivere accetta qualunque situazione.
• una globalizzazione che non permette di apprendere e conoscere altre persone che hanno alle loro spalle culture millenarie, perché non è ritenuto importante. Quello che importa è avere degli schiavi che lavorano chiedendo poco e che si ritengono ricchi perché hanno da lavorare.
• in tutto il mondo, abbiamo saputo proprio in questa fase, si fanno fabbricare medicinali, strumenti, mascherine e ventilatori per respirazione assistita, dove la manodopera costa di meno.

E poi si possono fare lunghi elenchi, ma certo non eravamo pronti a dovere dipendere da presidi medici che non sono presenti come scorta.

Effettivamente è anche vero che non lo sapevamo. Forse perché non ci si aspettava una pandemia. O forse qualcuno tra gli scienziati lo sapeva e lo comunicava, ma nessuno ha dato credito a questi allarmi. I cambiamenti climatici stanno stravolgendo gli ambienti. I ghiacci hanno trattenuto l’anidride carbonica di epoche passate e qualcuno sostiene anche che potrebbero essere rilasciati elementi patogeni molto pericolosi. Gli elementi patogeni non sono di fatto valutabili.
Ma incendi devastanti e cambiamenti stagionali molto evidenti stanno cambiando i cicli di riproduzione di prodotti agricoli e di animali di terra e di acqua. E’ un processo in corso da parecchi anni, ma non è così certo che si potrà arginare. (1)

Tutti stiamo cercando di pensare a cosa succederà nel breve periodo e sappiamo già che con tutta probabilità questo virus si ripresenterà, quando e come, non lo sappiamo, ma sappiamo che le cose devono cambiare.
Cambiare come? Cosa?
L’avere dovuto “rimanere a casa” ha fatto capire a molti che uscire per comperare l’ultimo oggetto desiderato non è così importante per la nostra e l’altrui esistenza. Dopo poco tempo l’oggetto acquistato finisce da qualche parte senza lasciare alcun ricordo, e rimane lo stesso un senso di assenza di un qualche cosa che dovrebbe riempire i vuoti che ci portiamo dentro.

La mia verità riguardo a questo periodo è che tutto sommato non mi pesa il dovere restare a casa, anzi, alla fine sono molto contenta che né io né la mia famiglia, fino ad oggi, sia stata colpita dal Covid-19, ma non posso pensare che terminati i divieti tutto potrebbe ritornare come prima.
Rimango però stupita quando sento che grosse imprese italiane, che per non pagare le tasse nel loro Paese hanno spostato la loro sede e i loro capitali nei paradisi fiscali, pensano di chiedere sussidi al nostro Governo per la mancata produzione e il mancato guadagno. Imprese che non innovano, che non lavorano per rendere possibile una crescita sostenibile e verde. Imprese che reinvestono su loro stesse e usano i loro guadagni per ricomprare le proprie azioni al fine di ricompensare i loro investitori…

“…Quasi 4 miliardi di dollari sono stati spesi per questo. …. si aggiunge al pagamento dei dividendi. In Europa 2mila miliardi di euro vengono risucchiati fuori dalle aziende.
Facendo un’analisi del Pil negli ultimi 30 anni  risulta evidente come sia costante questo impoverimento. Come dice Larry Fink si è perso lo scopo dell’industria. Sulla stessa linea la lettera del Business Roundtable.” (Mariana Mazzuccato – economista e docente di Innovation e Public Purpose dell’University College di Londra)  (Business Roundtable  – vedi anche nostro articolo)

E’ un capitalismo ammalato che non crea ricchezza. Ed è ammalata anche la Democrazia perché è rimasto un esercizio formale del voto, ma manca la sostanza.
Necessita un ruolo più attivo della Democrazia, una redistribuzione della ricchezza con imposte sui redditi e l’uso di strumenti utili per arginare l’evasione fiscale. Dovremmo trasformare le nostre economie in senso sostenibile in modo che si creino meno disuguaglianze.
Il mercato non è la soluzione dei problemi della Democrazia, ci vuole più equilibrio per crescere.
Ci vuole più attenzione da parte dei governi verso i meno abbienti, ci vuole un reddito di cittadinanza, ci vuole un sistema sociale che aiuti chi si trova in stato di bisogno e che attraverso azioni positive possa riconquistare nel più breve tempo possibile il suo spazio nella società.
Come spiega con chiarezza il sociologo inglese Colin Crouch ci troviamo in una situazione di post-democrazia, cioè un sistema che funziona in modo democratico con i rituali democratici, ma influenzato da lobby, da imprese, dai media, dai social dove i cittadini pur partecipando con milioni di messaggi, in realtà rimangono esclusi dalla partecipazione alla gestione sociale perché sono altre le forme decisionali. I cittadini non sono in grado di creare quella tensione sociale che possa arrivare ai vertici dei governi democraticamente eletti. E in queste condizioni è perfino difficile guardare verso il futuro.

Qualcosa probabilmente cambierà davvero dopo il Covid-19 perché in molti ci siamo resi conto di vivere in una bolla fatta di grida e insulti senza sostanza. Si deve riconquistare la possibilità di un vero confronto. Dovranno tornare in gioco anche i sindacati per sostenere un sano conflitto sociale, e il governo dovrà finalmente decidere di arginare le disuguaglianze con l’aiuto di tutto il Paese che dovrà attivarsi per uscire da una crisi molto pesante e molto diversa da quelle dei tempi passati, perché non si tratta più solo di povertà, bensì di dovere ricostruire una Democrazia degna di questo nome. Questa azione sarebbe il patrimonio della Politica che finalmente potrebbe giocare le proprie convinzioni e dimostrare quale può essere la vera capacità di dirigere una società attraverso discussioni in Parlamento e non attraverso accordi sotto traccia.

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(1) Dall’odissea della crisi al cambio di rotta, un nuovo modello di sviluppo – Capitolo 4, Paesi in via di regresso – Gruppo Corallo – EDB Edizioni Milano

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