Obbedire alle leggi

Gabriella Carlon
03-11-2018

La legge

Il “caso Riace” , al di là della simpatia o antipatia che si può provare per il sindaco Lucano e al di là della sua eventuale violazione della legge (che ha comportato persino un temporaneo arresto e comunque l’allontanamento dalla sua residenza), pone una questione su cui è bene riflettere.
Il problema non è nuovo: già Socrate si trova a scegliere tra accogliere la sentenza di morte o accettare la possibile alternativa dell’esilio. E che dire di Antigone, combattuta tra dare sepoltura al fratello traditore o lasciarlo insepolto come vorrebbero le leggi della città? E se la nostra simpatia va a Socrate che rispetta le leggi a costo della vita ma anche ad Antigone che muore per non aver rispettato le leggi, in quale ginepraio ci troviamo immersi?
Siamo sempre lì a sostenere il rispetto della legge: invochiamo continuamente la legalità contro la corruzione, la mafia, l’evasione fiscale, il degrado….convinti che solo il rispetto rigoroso delle leggi possa garantire la coesione di un gruppo sociale.
Ma allora che ne è dell’obiezione di coscienza? E perché non ammettiamo il rispetto della legge e degli ordini ad essa conformi quale giustificazione delle azioni compiute? Abbiamo forse dubbi sulle condanne al processo di Norimberga? No, e perché?
Sembra che il nostro giudizio sia variabile: obbedire alle leggi sì, ma in alcuni casi no, quando la coscienza morale dice che l’ordine della legge è ingiusto; dunque la coscienza morale è prioritaria e superiore alla legge giuridica. Socrate non accetta la scappatoia dell’esilio per coerenza di fronte alle leggi che, da lui personificate, gli dicono: “Te ne vai nell’Ade ingiustamente offeso, è vero, ma non da noi offeso, dalle leggi, bensì dagli uomini….” (Critone, XVI). Non è possibile disobbedire alle leggi giuste che ci permettono di vivere in armonia con i nostri concittadini. Anche le leggi di Tebe hanno una loro sensatezza, ma è la coscienza che richiama Antigone a una legge morale più alta che guarda all’umanità. La legge giusta dovrebbe tendere a dare forma giuridica alla nostra appartenenza universale all’umanità. Abbiamo, a differenza di Antigone, numerosi strumenti (dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, alle Convenzioni internazionali, alla nostra Costituzione) che sono in grado di orientare la nostra coscienza nelle necessarie scelte da compiere.
Ma torniamo al “caso Riace”: l’operato del sindaco va certo nella direzione del rispetto dei diritti umani: dare a un migrante una casa e un lavoro significa lavorare per l’integrazione, con reciproco vantaggio perché anche gli abitanti di Riace hanno visto rinascere il loro borgo, altrimenti destinato al degrado. Il problema è: si poteva fare tutto ciò nel rispetto delle leggi vigenti sull’immigrazione? O per operare integrazione bisogna violare le attuali leggi? Non sono in grado di rispondere.
Mi sembra però che prevedere una permanenza di mesi e mesi nei centri di accoglienza senza poter svolgere un’attività, senza una vita familiare, in un limbo senza prospettive non sia il modo migliore per risolvere il problema. Inoltre prevedere solo lo status di rifugiato per ottenere un permesso di soggiorno non può che spingere tutti i migranti a chiedere asilo. Se non si creano canali per una migrazione regolare, non potranno che aumentare i cosiddetti clandestini. Forse questa inadeguatezza delle leggi, non solo italiane ma europee, alimenta in molti di noi la simpatia per Mimmo Lucano.
A meno di non condividere l’ottica di Salvini: i migranti non devono metter piede sul suolo italiano, pertanto il problema dell’integrazione non sussiste.
Visioni del mondo opposte: a noi scegliere.

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