Brasile. Rientrato l’assalto al Parlamento

La situazione non è ancora tornata alla normalità, ma i rivoltosi sono stati dispersi o arrestati. Lula promette di punire i colpevoli degli atti “terroristici, vandalici, criminosi”

Adriana F.
14-1-2023
Avevamo previsto che Lula non avrebbe avuto vita facile in questa legislatura. Ma per gli osservatori esterni non era immaginabile che, a pochi giorni dal suo insediamento alla carica di presidente del Brasile, migliaia di seguaci del predecessore Jair Bolsonaro avrebbero preso a modello i fan statunitensi di Trump. Invece è accaduto e adesso apprendiamo che le premesse erano sotto gli occhi di tutti.
Per oltre due mesi, infatti, migliaia di individui scontenti della vittoria del presidente Luiz Inácio Lula da Silva, erano rimasti accampati vicino al Comando dell’Esercito di Brasilia, chiedendo ai militari di intervenire e provocando vandalismi già alla vigilia di Natale, senza che le forze armate o la polizia intervenissero a sgomberare l’area. Un controllo più rigoroso e lo sgombero avrebbero forse potuto prevenire l’irruzione nei palazzi di Parlamento, del Governo e della Corte Suprema. O forse no, perché per l’occasione alcune decine di autobus si stavano dirigendo  verso la capitale da ogni parte del paese.

Le riprese dell’assalto trasmesse dai notiziari e dai social hanno fatto il giro del mondo, suscitando scalpore e preoccupazione. Non solo per il significato simbolico degli avvenimenti (tipici dei preliminari di un colpo di stato), ma per le azioni devastanti dei contestatori del risultato elettorale. La protesta si è infatti tradotta in vandalismi di ogni genere che hanno distrutto le aule e gli arredi dell’edificio.

Tardiva, e forse in parte connivente con gli assalitori, è risultata la reazione della polizia, che nelle immagini è sembrata muoversi in modo indeciso e impacciato, intervenendo soltanto in un secondo tempo, quando i vandalismi erano già stati compiuti.
“Atti terroristici, vandalici, criminosi. Troveremo tutti questi vandali e saranno tutti puniti”, ha detto Lula a conclusione dei tumulti. E ha aggiunto: “Il Paese ha bisogno di normalità. Non ci sono due Paesi. C’è un solo Brasile”.
Sono trascorse alcune ore prima che la situazione tornasse sotto controllo e l’ordine fosse ripristinato, ma il bilancio dell’aggressione non è da poco: 50 persone ferite, di cui 6 in gravi condizioni, e oltre 400 arresti (in seguito aumentati).
Il primo provvedimento disciplinare ha colpito il governatore di Brasilia, che è stato rimosso, mentre il Ministro della Giustizia ha convocato una riunione di emergenza dei 27 governatori brasiliani. E ora si sta cercando di individuare i responsabili che hanno agito nell’ombra per orchestrare la protesta. È chiaro infatti che un evento di tale portata sottende un preciso disegno politico, con complicità e un dispendio economico non indifferente, su cui ha subito iniziato a indagare la magistratura.

Tra gli osservatori c’è chi pensa che a fomentare dietro le quinte la ribellione sia stato lo sconfitto Bolsonaro, il quale non ha mai riconosciuto pubblicamente la vittoria di Lula. Ma l’ex presidente si trova attualmente negli Stati Uniti per un intervento chirurgico e nega il proprio coinvolgimento: “Io rispetto la democrazia e condanno quello che è successo”, ha dichiarato. Al suo fianco c’è anche l’ex responsabile della sicurezza di Bolsonaro, che ora è responsabile del distretto della capitale. Per nessuno dei due finora è stata richiesta l’estradizione da parte del governo brasiliano.

Nonostante le parole di Lula su “un solo Brasile”, Lucia Capuzzi  osserva su Avvenire  (clicca per leggere) che i fatti accaduti mettono in risalto l’esistenza di due nazioni contrastanti e che non comunicano tra loro: da una parte il Brasile reale che deve fare i conti con il considerevole aumento della povertà e con le  gravi conseguenze del Covid; dall’altro lato la classe di potere, i fazenderos e le mafie che usano la corruzione o metodi ancora più drastici per avere mano libera nella progressiva invasione delle terre dei contadini per ampliare le coltivazioni più redditizie destinate all’esportazione.
Una buona notizia, riferita da la Repubblica, (clicca per leggere) è che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha dichiarato un sostegno “incrollabile” al Brasile. Sostegno con cui viene anche ribadita la condanna dei democratici per l’analoga protesta post-elettorale dei fan di Trump. Il cui esempio, provenendo dal paese che si erge a modello di democrazia, è naturale che “faccia scuola” nelle realtà più problematiche dei nostri giorni.
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Note

Foto di apertura da Zazoom.it

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