Confini

Chiara Guanin
23-01-2021
Sulla vecchia Statale 14, tra Monfalcone e Duino, nel 1947 fu costruito un posto di blocco del confine tra il Territorio Libero di Trieste e il resto dell’Italia. Era uno dei punti di arrivo della Cortina di Ferro, che tagliava l’Europa da Stettino a Trieste in due monconi ostili. Nel 1954 l’assegnazione all’Italia di Trieste e di una piccola parte del suo territorio ne segnò la decadenza. Lo ricorda una piccola targa marmorea e in stagione il tocco ecologico di una sontuosa bancarella di angurie montata nello spiazzo già occupato dal vecchio posto di blocco. Un piccolo contributo simbolico al paradossale destino, che sarebbe toccato all’intera Cortina di Ferro.
Diversi altri eventi politici e sociali infatti, fino ai due ultimi, la caduta del muro di Berlino e la riunificazione della Germania, ne prepararono nel tempo la dissoluzione. Quella tetra presenza, che, pur priva dello statuto di un confine vero e proprio, voleva mantenere invalicabili le frontiere tra i Paesi europei con il peso minaccioso della Guerra Fredda, evaporava con le sue fortificazioni e lasciava apparire un corridoio naturale, una “no man’s land” transnazionale, che tenuta libera da attività umane, era diventata nel tempo rifugio ideale per piante e animali altrimenti vicini all’estinzione.
Il progetto noto come “European Green Belt”, ideato in Germania sulla base di osservazioni da parte di biologi tedeschi fin dal 1980, si propone di conservare e salvaguardare il paesaggio naturale così creatosi e insieme la memoria storica dei luoghi.
Ne parla Wolfgang Mulke nell’articolo “Un luogo di memoria e di speranza“ apparso sul numero del 6 novembre 2020 del Magazine on line del Goethe Institut di Milano, pubblicato di seguito.

 

Confine tedesco-tedesco “LUOGO DI MEMORIA E SPERANZA”

Dalla striscia della morte al nuovo spazio vitale: una riserva naturale lunga circa 1.400 chilometri è stata creata sull’ex confine interno-tedesco. ( Foto © Otmar Fugmann)

L’ex confine intertedesco che un tempo separava le due Germanie oggi attraversa il Paese sotto forma di “Grünes Band”, una cintura verde lasciata alla natura, un biotopo con una sua flora e fauna che rievoca anche una storia fortemente conflittuale.

Di Wolfgang Mulke

Un trenino avanza placidamente attraverso la verde campagna nella zona di Blankenberg, in Turingia, nella direzione di una vecchia cartiera. È una ferrovia a scartamento ridotto quella che si snoda lungo l’ex confine intertedesco, ma la tranquillità che si respira qui oggi non rispecchia affatto l’atmosfera che si viveva negli anni della Germania divisa, come racconta il macchinista rievocando il periodo del suo servizio militare nell’esercito della ex DDR, negli anni ’80: “All’epoca dovevo inginocchiarmi e cercare mine aiutandomi con un lungo bastone”.

La cortina di ferro un tempo attraversava tutto il Paese, dal Mar Baltico alla Baviera: il confine era protetto da recinzioni metalliche, ulteriormente rafforzate da mine in un primo periodo, e successivamente da congegni di sparo automatico. Si stima che negli anni intercorsi tra la divisione della Germania e la riunificazione, nel 1989, siano morte diverse centinaia di persone nel tentativo di lasciare la DDR per fuggire a Ovest.

Oggi la natura si è riappropriata di quella che era la zona di confine, trasformandola in una cintura verde che scorre da nord a sud per ben 1.393 km. Un’area rimasta per decenni inaccessibile senza un permesso, e per questo diventata l’habitat ideale di numerose specie animali e vegetali rare e a rischio di estinzione. Gran parte di questo territorio oggi è una riserva naturale e presenta un complesso unico di natura, storia e cultura.

Un’ex torre di guardia utilizzata dalle guardie di confine della RDT ora si trova nel mezzo della cintura verde a Marienborn. Il valico di frontiera era il più grande e importante punto di controllo sul confine tedesco-tedesco ed era utilizzato principalmente per il traffico di transito verso Berlino Ovest. (Foto © picture alliance / Frank May)

Primi contatti ambientalisti

Hubert Weiger, presidente della Federazione per la tutela dell’ambiente e della natura (BUND), ha fortemente contribuito in tal senso: l’associazione ha sviluppato il concetto della cintura verde e ancora oggi acquista o scambia terreni nell’ex regione di confine per poi convertirli in biotopi.

L’idea di conservare l’ex striscia di confine come riserva naturale è nata subito dopo la caduta del Muro nel 1989. Weiger, originario della Germania Ovest, aveva già stabilito contatti con gli ambientalisti della Germania Est. Quattro settimane dopo l’apertura del confine, la federazione BUND li ha invitati a una riunione congiunta a Hof, in Baviera, che ha visto ben 400 partecipanti. Ed è in quell’occasione – racconta Weiger – che “si è parlato per la prima volta di cintura verde”.
Attuare il piano non è stato facile: “Evidentemente è più semplice alzare un confine che non smantellarlo”. È stata rapidamente scartata una proposta alternativa, che prevedeva la costruzione di un’autostrada nella zona di confine. Gli ambientalisti, invece, sono sostenuti da anni dal BfN, l’Ufficio federale per la protezione della natura, che in uno studio ha confermato la peculiarità dell’ex zona di confine come insieme coerente di preziosi biotopi e fino al 2019 ha investito circa 56 milioni di euro in numerosi progetti nelle varie regioni, che hanno inoltre beneficiato di donazioni e sovvenzioni da parte degli Stati federali.

 

Un idillio conflittuale

Il “Grünes Band”, la cintura verde in Baviera-Turingia nei pressi di Mitwitz, luogo in cui è nata l’idea. ( Foto © Otmar Fugmann)
La vecchia striscia di confine misura fino a 200 metri di larghezza e ospita oltre 5.200 specie animali e vegetali, delle quali almeno 1.200 a rischio di estinzione. Del percorso lungo il quale si snodava il confine è ancora visibile la pavimentazione a piastre di cemento forate e a rammentare quel periodo buio della storia sono rimaste in piedi anche alcune delle quasi 600 torri di controllo, che lasciano intuire la durezza del regime di confine. Al posto delle pattuglie militari di una volta, però, oggi si incontrano tranquilli turisti in passeggiata o in bicicletta.

Eppure, quello che potrebbe essere un luogo idilliaco, così pacifico non è. Alcuni conflitti nascono per via di politici comunali o agricoltori che non vogliono rinunciare a terreni preziosi: non tutte le aree, infatti, sono sotto tutela ambientale e per 170 km il decorso del confine non è più identificabile, anche perché molti terreni sono coltivati. Ma “recuperare i tratti di confine mancanti è una delle grandi sfide per il futuro”, afferma Uwe Rieken, direttore dipartimentale del BfN e responsabile della cintura verde. A volte, tuttavia, sono piccole cose a generare dispute sul confine verde. Lo sa per esperienza Peter Ebertsch, sindaco del comune di Tettau in Turingia, che aveva avuto l’idea di realizzare una pista ciclabile lungo la striscia di confine. Il progetto è stato realizzato, ma solo dopo lunghe ed estenuanti discussioni con gli ambientalisti, che temevano una divisione troppo netta del loro biotopo. La proposta di Ebertsch, alla fine, li ha convinti.

Tutela della natura al di là delle frontiere
Oggi la cintura verde è simbolo della cooperazione transnazionale tra luoghi un tempo divisi dalla cortina di ferro. La Baviera, ad esempio, collabora strettamente con la vicina Repubblica Ceca a livello di tutela ambientale. “La cintura verde per noi è un luogo di memoria e allo stesso tempo di speranza” – sostiene il Ministro bavarese dell’ambiente Thorsten Glauber – “e offre un’opportunità unica per la protezione della biodiversità in Europa”. I due Paesi, che hanno 346 km di frontiere in comune, nei prossimi sei anni coopereranno alla tutela delle torbiere e del clima sotto la guida del Parco nazionale della Selva Boema. Ad affermarlo è Vladimir Mana, vice Ministro dell’amministrazione statale della Repubblica Ceca.

Hubert Weiger era presente fin dall’inizio: il 9 dicembre 1989 si svolse a Hof in Alta Franconia il primo incontro di circa 400 conservazionisti della Germania dell’Est e dell’Ovest, dove fu lanciata l’iniziativa per preservare la Green Belt (da sinistra a destra: Walter Hiekel , Kai Frobel, Werner Westhus, Nanne Wienands, Udo Benker-Wienands, Hubert Weiger, Rainer Haupt). | Foto: © Ernst Sammer)

AUTORE
Wolfgang Mulke lavora a Berlino come corrispondente freelance per diversi quotidiani su temi sociali, economici, ecologici e di politica dei consumatori.

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