Gabriella Carlon
14-06-2024
Di recente è accaduto a Milano, nel silenzio generale, qualcosa di veramente insolito: una contestazione ai CPR a suon di musica, per giunta classica.
I CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri) sono strutture di detenzione amministrativa. Furono istituiti nel 1998 con il nome di Centri di Permanenza Temporanea, ribattezzati Centri di Identificazione ed Espulsione nel 2002; hanno assunto la denominazione attuale nel 2017. In origine la detenzione doveva avere per legge una durata massima di 30 gg.; il recente Decreto Sicurezza ha invece stabilito in 18 mesi il periodo massimo di trattenimento nella struttura. In essi vengono reclusi gli stranieri che sono in attesa di esecuzione del provvedimento di espulsione non avendo ottenuto il diritto di asilo oppure che sono irregolari in quanto privi del permesso di soggiorno. Gli ospiti dei CPR sono quindi privati della libertà personale pur non avendo commesso alcun reato.
I Centri sono attualmente una decina, distribuiti su tutto il territorio nazionale: Bari, Brindisi, Caltanissetta, Gradisca d’Isonzo (GO), Macomer (NU), Milano, Palazzo San Gervasio (PZ), Roma, Torino, Trapani.
Inoltre si procede alla esternalizzazione, oltre che dei confini, anche dei Centri dove recludere chi è in attesa di asilo o di rimpatrio: l’accordo con l’Albania prevede che uno dei due Centri in costruzione sia un CPR. Al di là dell’intento propagandistico, non si vede quale vantaggio comporti mandare i migranti in Albania, visto che comunque spetta all’Italia la loro gestione e la copertura dei costi relativi.
Secondo le disposizioni di legge dovrebbero essere assicurati ai reclusi la “necessaria assistenza e il pieno rispetto della dignità umana”, cioè vitto e alloggio, cura dell’igiene, tutela sanitaria e anche assistenza psicologica.
La Costituzione (art. 10 comma 3) garantisce il diritto di asilo allo straniero a cui sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche; la Carta dei diritti dell’Unione Europea tutela il diritto di asilo per chi fugge da persecuzioni o conflitti e la Direttiva europea del 2013 raccomanda la massima tempestività nell’accesso alla procedura di asilo (di norma entro tre giorni).
Di fatto però le cose vanno diversamente. Riuscire a presentare domanda di asilo risulta difficoltoso, con attese scandalose che obbligano i migranti a vivere in una sorta di limbo, senza documenti, senza un tetto, senza aiuti per rapportarsi alla Pubblica Amministrazione. Aiuti che sarebbero necessari, visto che i migranti non parlano la lingua italiana. Le domande di asilo presentate in Italia nel 2023 sono state 130.565 (160mila in Spagna, 329mila in Germania).
La permanenza nei Centri è degradante: la gestione viene affidata in appalto a diverse società che spesso non rispettano il contratto con cui hanno vinto la gara. I controlli sono quasi inesistenti. I protocolli non vengono rispettati: spesso il cibo è carente, le condizioni igieniche precarie, mancano cure mediche adeguate, si somministrano con grande facilità psicofarmaci. I lunghi tempi di attesa in qualche caso inducono ad atti di autolesionismo e talvolta al suicidio.
Non è estranea a questo quadro la struttura milanese di via Corelli, che per alcuni mesi è stata addirittura chiusa su ordine della Magistratura. Pare incredibile che nella grande e ricca Milano possa sussistere un luogo in cui i più elementari diritti umani vengono calpestati.
Da qui è nata la protesta di cui si parlava all’inizio. In correlazione con la rete Mai più lager – No ai CPR, è nata l’idea originale di una contestazione a suon di musica: hanno aderito musicisti provenienti dall’Orchestra del Teatro alla Scala, del Conservatorio, della Civica Scuola Claudio Abbado e i Cori amatoriali Acqua Potabile, Libercanto, Solo Canto, Corale Polifonica Sforzesca, Coro Città di Cernusco, Coro Femminile Philomela. Inoltre l’invito a partecipare era rivolto a strumentisti e coristi che volessero unirsi a titolo personale.
Sabato 11 maggio 2024, alle ore 11, tutti questi musicisti si sono ritrovati di fronte alla chiesa dell’Ortica, nei pressi del CPR Corelli, per un concerto in segno di protesta: “L’arte può diventare un mezzo di denuncia politica e di partecipazione collettiva alla lotta e uno strumento di affermazione del proprio dissenso verso leggi ingiuste e discriminatorie, come quelle che giustificano l’esistenza della detenzione amministrativa e dei CPR”. L’iniziativa ha ottenuto un largo coinvolgimento tra i cittadini.
La musica è più forte della parola. Il linguaggio universale della musica ha comunicato un messaggio di solidarietà a coloro che, privati della libertà personale, hanno potuto sentire l’empatia di chi sta fuori, di chi li pensa come persone umane e non come oggetti da allontanare e da respingere.
Speriamo che questa esperienza di contestazione attraverso la bellezza avvii il cammino verso la convivialità delle differenze, che dovrebbe essere la modalità consueta della convivenza tra gli esseri umani.
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Fonti
https://temi.camera.it/leg18/post/cpr.html (copia questo link sul tuo browser per accedere)
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