Erdogan e la Divina Sapienza: una vera vittoria?

Gabriella Carlon
02-09-2020
Erdogan ha trasformato Santa Sofia in moschea.
Santa Sofia (o Sapienza divina) è basilica cristiana del quarto secolo, consolidata e ampliata da Giustiniano nel 537. Chiesa cattolica di rito bizantino diventa, con lo Scisma d’oriente del 1054, chiesa ortodossa e sede del Patriarcato di Costantinopoli.
Nel 1204 i Crociati, conquistata Costantinopoli, instaurano l’Impero latino d’oriente che dura fino al 1261. In tale periodo la chiesa diventa di rito cattolico latino, per ridiventare poi di nuovo di rito ortodosso fino alla conquista dei Turchi Ottomani nel 1453. Da questa data diventa moschea fino al 1931, quando viene sconsacrata e, qualche anno dopo, trasformata in Museo con divieto di celebrazione del culto.
Tale decisione, presa da Kemal Ataturk nell’ottica della creazione di uno stato laico, sembra la più consona al rispetto della storia della basilica, ricca di preziose opere d’arte e documento di vicende secolari. Non si pensava davvero di dover tornare ai tempi in cui ad ogni conquista militare anche i luoghi di culto dovevano essere modificati per seguire la religione del vincitore: templi pagani trasformati in chiese cristiane, chiese cristiane in moschee e moschee in chiese cristiane dopo la Reconquista.
Non si può certo attribuire ai capi religiosi una scelta così reazionaria. Alcuni iman, sia in Europa sia nel mondo arabo, hanno infatti disapprovato il gesto di Erdogan. Inoltre dopo il Documento sulla Fratellanza umana di Abu Dhabi (leggi) non ci si aspettano azioni ostili per motivi religiosi, senza contare che il Corano stesso predica il rispetto per le religioni del Libro. Non si tratta quindi di un problema religioso.

Erdogan ritiene invece di trarre un vantaggio politico da tale operazione in termini di consenso elettorale. Questo aspetto è molto preoccupante per un duplice motivo: perché rappresenta un rafforzamento del fondamentalismo islamico e perché consolida un pensiero politico che usa la religione come elemento identitario. Si torna al nazionalismo più bieco (unità di razza, di lingua e di religione) che necessariamente sfocia nella contrapposizione con il diverso, crea il nemico , spinge alla paura, all’odio e all’intolleranza.
Attualmente nel mondo variegato dell’Islam ci sono aperture verso una interpretazione del testo sacro che contestualizzi i suoi precetti e quindi li adatti al tempo presente: si vedano le moderate riforme in Arabia Saudita o il più deciso orientamento in Sudan a disgiungere la sharia dalla legge civile. Dal paese che più di ogni altro dovrebbe essere orientato alla laicità, perché così lo volle il suo fondatore Kemal Ataturk, arriva invece un provvedimento che inverte il corso della storia.
Purtroppo Erdogan non è il solo a percorrere questa strada; il nazionalismo identitario si sta diffondendo in Europa e altrove, fornendo ai sovranisti argomenti che fanno presa su molti elettori. Basti pensare ai Rosari e alle invocazioni alla Madonna di Salvini. Riuscirà l’Europa laica e illuminista a fronteggiare una cultura reazionaria e una così pericolosa strumentalizzazione della religione?
Una buona risposta potrebbe essere in Italia la costruzione delle moschee necessarie a dare un luogo di culto degno ai musulmani, perché la reciproca conoscenza e la pratica del riconoscimento del diverso sono l’unica strada che conduce al rispetto e alla pacifica convivenza.

 

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