La Repubblica Democratica del Congo, che qualcuno definì “un Paese che gioca a poker con la sua foresta”, finalmente ha deciso di proibire le esportazioni di legname pregiato per salvare dalla distruzione la seconda foresta pluviale più grande al mondo.
Eraldo Rollando
01-02-2022
Avvertiamo ogni giorno, sempre più, che il mondo respira male. I suoi due polmoni sono gravemente ammalati; da decenni le due immense foreste pluviali, che depurano l’aria di quanto in essa noi riversiamo, sono da anni sotto la scure dei boscaioli legali e illegali: sono la foresta amazzonica e la foresta pluviale africana. Della prima molto si è detto, in negativo, soprattutto da quando Jair Bolsonaro ha preso il timone del Brasile; per trovare notizie della seconda occorre spulciare i giornali e inseguire i siti web, per lo più in lingua inglese, delle Onlus che si occupano del problema, eppure è la regione più ricca di specie di tutta l’Africa. Un ecosistema che appartiene a 7 Paesi dell’area sub sahariana: la Repubblica Democratica del Congo, il Congo, il Gabon, il Camerun, la Repubblica Centrafricana, la Guinea equatoriale e il piccolissimo enclave di Cabinda in Angola.

Rappresenta circa un quarto delle foreste tropicali del mondo e si estende per 170 milioni di ettari (cioè circa sei volte e mezzo la superficie dell’Italia).
In dieci anni, tra il 1990 e il 2000, l’Africa subtropicale ha perduto oltre 55 milioni di ettari di foresta naturale (fonte Terraria – Ivaldisergio1960.altervista.org).
Stando a queste indicazioni sembrerebbe che in quella “piccola frazione” di tempo, sia scomparso il 32% della foresta. Il dato non sembra esagerato, dal momento che Greenpeace segnala che “un nuovo studio di Greenpeace Russia e dell’Università del Maryland ha dimostrato che se non si prendono misure urgenti ed efficaci per preservare le foreste selvatiche, la maggior parte di esse scomparirà nei prossimi 20 anni”..
Sempre secondo Greenpeace, l’unica cosa che i governi dovrebbero fare è di “ smettere completamente di sostenere nuovi progetti che implicano la raccolta di legno nelle foreste selvagge, la costruzione di nuovi impianti di lavorazione che si basano su questo legno e porre fine alla produzione industriale di prodotti di base come carne, latticini, soia e olio di palma “
Ci limitiamo, qui, a parlare della grande porzione di foresta appartenente alla Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove già il 25% della foresta è scomparsa. Una foresta ricca di oltre 1000 specie di uccelli e 400 specie di mammiferi, molti dei quali non si trovano in nessun altro luogo del Pianeta.
Milioni di persone vivono nelle foreste del bacino del Congo e dipendono da esse per la loro sopravvivenza, che ospitano anche “una delle torbiere più grandi del mondo, ambienti ricchissimi di biodiversità e capaci di immagazzinare grandi quantità di carbonio: quelle nella foresta del bacino del Congo contengono oltre 30 miliardi di tonnellate di carbonio (equivalenti a quanto potrebbero emettere gli Stati Uniti in vent’anni) e coprono un’area di 14 milioni di ettari , sono cioè più estese dell’Inghilterra” (fonte Greenpeace.org.
Global Witness (1) lavora sulle questioni forestali nella RDC dal 2007, in stretta collaborazione con le organizzazioni ambientali congolesi. Un’attività che mira a smascherare il disboscamento illegale, combattere l’espansione del disboscamento industriale nelle foreste intatte e promuovere la trasparenza nel modo in cui sono gestite le foreste del paese. Ultimamente ha dichiarato che il degrado delle foreste congolesi sta peggiorando, un fatto che minaccia anche specie endemiche come l’elefante e l’Okapi (clicca sul box a lato per ingrandire)
Finalmente, la sua attività, associata a quella di tutti gli organismi nazionali e internazionali che in Congo si occupano di diritti umani è riuscita a fare breccia sul granitico e “opaco” sistema forestale della RDC.
E qui arriva finalmente una buona notizia, o meglio una mezza buona notizia. A quanto riferisce l’Agenzia Reuters, in un lancio da Kinshasa il 28 ottobre 2021, il ministro dell’ambiente della Repubblica Democratica del Congo avrebbe detto che “il paese intende vietare tutte le esportazioni di tronchi e attuare altre misure per ridurre le minacce alla sua foresta pluviale tropicale che assorbe carbonio, un importante baluardo contro il cambiamento climatico”.
Notizia che scalda il cuore, con un ma. Il ministro, al momento, non ha comunicato la data in cui saranno vietate le esportazioni. Esprimiamo l’auspicio che accada presto, anche se i tre mesi trascorsi da quella dichiarazione lasciano ancora spazio a molte intromissioni delle potenti lobby che da quell’attività ricavano lauti profitti.
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Note
1 Global Witness è una ONG internazionale fondata nel 1993 che lavora per rompere i legami tra sfruttamento delle risorse naturali, conflitti, povertà, corruzione e violazioni dei diritti umani in tutto il mondo. (Wikipedia inglese)