Indiani d’America – Sand Creek

Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di vent’anni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent’anni figlio di un temporale
c’è un dollaro d’argento sul fondo del Sand Creek.
I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte
e quella musica distante diventò sempre più forte
chiusi gli occhi per tre volte
mi ritrovai ancora lì
chiesi a mio nonno è solo un sogno
mio nonno disse sì
a volte i pesci cantano sul fondo del Sand Creek.
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Ora i bambini dormono nel letto del Sand Creek
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(Fabrizio De Anrdè – Massimo Bubola)

Eraldo Rollando
13-02-2020

Poche settimane fa, nel novembre dello scorso anno, ricorreva il 155° anniversario dei fatti di Sand Creek: un evento indagato nelle commissioni d’inchiesta dell’esercito americano, ma ignorato per molto tempo dalle popolazioni dell’epoca e nei molti anni successivi.
Era l’autunno del 1864. Per molti di loro in quel 28 novembre il tempo si fermò, come si fermò il loro respiro … per sempre. C’era solo il Grande Spirito Watan a raccoglierlo.

“ … Ora i bambini dormono nel letto del Sand Creek”.

Gente povera, per come noi siamo, ma che viveva e voleva vivere sulla terra ereditata dai propri padri, con le proprie tradizioni, i propri usi, i riti religiosi e le credenze ataviche; gente per la quale la terra era sacra ed era stata data loro “in temporaneo uso”, si direbbe oggi. Non erano selvaggi, erano umani, con tutti i limiti e le grandezze che questa parola implica: Nativi americani Cheyenne e Arapahoe, indiani d’America.
Una commissione d’inchiesta del Congresso degli Stati Uniti, nel maggio 1865, emise un verdetto di condanna dei fatti di Sand Creek, ma per circa un secolo tutto si fermò. La vicenda accadde nel turbolento periodo della guerra civile americana (1861-1865), e fu rubricata come uno dei tanti eventi bellici del periodo.
“Sarebbe rimasta una delle tante stragi impunite e dimenticate della conquista del west da parte dell’esercito americano, impressa solamente nella memoria dei discendenti delle tribù dei Cheyenne e degli Arapahoe, se il regista Ralph Nelson, nel 1969, non ne avesse tratto un memorabile film, “Soldato blu”, una delle prime pellicole che riscrissero la storia della conquista del west vista dalla parte dei perdenti, i nativi americani, cacciati con violenza dalle loro terre e confinati nelle riserve”. (Rainews – Maurizio Iorio 4 dicembre 2014)

“ … c’è un dollaro d’argento sul fondo del Sand Creek”

La corsa all’oro e alle ricche terre vergini e inesplorate dell’Ovest americano spingevano masse di poveri coloni che, scesi dalle navi negli approdi della costa est, si dirigevano a occidente. “L’epopea” americana, la conquista dell’Ovest, favorita e incanalata dai vari governi che si sono succeduti negli Stati Uniti, travolgeva ed eliminava ogni ostacolo che poteva frapporsi .
In un territorio dove la legge era quella della forza (non c’è legge a ovest del Rio Bravo, racconta un vecchio film) si registrò anche la presenza di individui senza scrupoli che, singolarmente o raggruppati in bande, razziavano i territori alla ricerca di profitti, senza distinguere tra nativi o coloni. La filmografia, seppure con propria magniloquenza, ha ampiamente documentato questi fatti.
La politica governativa di espansione territoriale verso Ovest, vide “le giacche blu” (l’esercito degli Stati Uniti) giocare un ruolo determinante in quella che, con un eufemismo, venne definita guerra indiana.
In questo ambiente, mentre nel resto del vasto territorio americano imperversava la guerra civile, si sono verificati i fatti denominati “massacro di Sand Creek”.

Il 29 novembre 1864 il campo degli indiani Cheyenne e Arapahoe, 600 persone in tutto, situato in un’ansa del fiume Big Sand Creek, nelle vicinanze di Fort Lyon (1), era tranquillo; solo vecchi, donne e bambini “protetti” da uno sparuto gruppo di “guerrieri”; gli uomini erano sui territori di caccia per procurare cibo alle due tribù che volevano vivere in pace. E la vicinanza del forte avrebbe dovuto garantire loro sicurezza e rifornimenti.
All’improvviso il sordo irrompere di due reparti di cavalleria, gli spari e le urla scossero il tranquillo pomeriggio: e fu il massacro. I 700 cavalleggeri avevano l’ordine di spostare i nativi in una nuova area della riserva, per lasciare la zona ai coloni, ma le mire e le ambizioni del colonnello John Chivington (2) erano altre: farsi spazio nel mondo politico del futuro stato del Colorado, mostrando il viso duro dell’uomo forte.
I soldati, abbandonati a se stessi e anche incoraggiati, mostrarono il lato peggiore dell’uomo di frontiera.
I testimoni oculari, tra loro alcuni ufficiali che avevano preso parte all’assalto, denunciarono alla commissione d’inchiesta del Congresso 137 vittime, di cui 28 uomini e 109 donne e bambini.
L’eccidio ebbe una coda raccapricciante: i soldati ritornarono al forte con molti trofei umani (3).
Le atrocità commesse furono in un primo tempo apprezzate ma successivamente, mano a mano che la verità veniva a galla, aspramente condannate. Il colonnello Chivington diede le dimissioni dall’esercito e la sua carriera politica non ebbe mai inizio (4).

Il 21 luglio 1981 Fabrizio De Andrè pubblica una nuova ballata composta in collaborazione con l’amico Massimo Bubola.

E così l’Italia conobbe una nuova vicenda. Ma quanti allora, e forse ancora oggi, conoscevano quanto narrato in quello splendido brano, dove musica e poesia si sono fuse in modo mirabile?
Sembrava un racconto poetico era invece una tragica realtà.

Solo nel novembre 2000, dopo 135 anni, i fatti accaduti vennero riconosciuti come tali e la zona dell’eccidio dichiarata “Parco storico nazionale del massacro di Sand Creek” . L’apposita legge “Public Law 106-465” venne firmata dall’allora Presidente Bill Clinton.

Sand_creek – targa in ricordo della tragedia

 

 

 

 

 

 

E viene da dire: meglio tardi che mai.

 

 

Note:
1 – Fort Lyon: i nativi intrattenevano regolari rapporti commerciali con la guarnigione e ricevevano le razioni alimentari loro spettanti in base ai trattati firmati (tra i capi indiani e il governo degli Stati Uniti). (fonte Wikipedia)

2 – John Milton Chivington: Ordinato pastore nella chiesa metodista nel 1844 e negli anni successivi, fu inviato ad esercitare il suo ministero prima nell’Illinois (1848) e poi nel Middle Border (Missouri).
Allo scoppio della guerra di secessione americana rifiutò l’incarico di cappellano e scelse un comando attivo col grado di maggiore, distinguendosi nella battaglia di Glorieta Pass contro i confederati del generale Shelby.
Avendo mire politiche (il Colorado si apprestava a diventare Stato), trovò opportuno cavalcare il malcontento generale verso gli Indiani, contro i governanti che sostenevano la necessità della pace. Il 29 novembre 1864 rese esplicita la propria politica sulla questione indiana, guidando la milizia dei Volontari del Colorado nel vergognoso – e impunito – massacro di Sand Creek.(fonte Wikipedia)

3 – Tutti i corpi dei nativi uccisi, che Robert Bent (figlio meticcio del proprietario di un ranch vicino) vide, erano stati scalpati e molti mutilati dai soldati, una circostanza confermata anche dalla testimonianza del tenente James Connor: i soldati tagliarono le dita delle mani dei morti per impossessarsi di anelli e altri gioielli, oppure asportarono nasi, orecchie e organi sessuali di uomini e donne per farne dei trofei da esporre sui cappelli o sulle selle dei cavalli; nei giorni successivi al massacro molti soldati furono poi visti mettere in mostra questi loro trofei nei saloon della zona di Denver. (fonte Wikipedia)

4 – Breve estratto delle risultanze della commissione:
“… Per quanto riguarda il Colonnello Chivington, questa commissione può difficilmente trovare dei termini adeguati che descrivano la sua condotta … egli ha deliberatamente organizzato e posto in atto uno scellerato e vile massacro che avrebbe fatto vergognare anche la più selvaggia tra le vittime della sua crudeltà … la verità è che ha sorpreso e assassinato, a sangue freddo, gli uomini, donne e bambini di Sand Creek, ignari, i quali avevano ogni ragione di credere di essere sotto la protezione delle autorità statunitensi, e poi ritornando a Denver si è vantato dell’azione coraggiosa che lui e gli uomini sotto il suo comando avevano compiuto”.

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