Gabriella Carlon
09-07-2024
La notizia della morte per dissanguamento di Satman Singh, migrante indiano, è sconvolgente. Il suo datore di lavoro lo ha abbandonato senza cure, per strada davanti a casa, dopo che, per un incidente sul lavoro, aveva un braccio staccato. Non si tratta solo di non rispettare leggi, regole, contratti di lavoro: siamo oltre. Soccorrere chi è in pericolo di vita è un principio universale che fa capo alla nostra umanità, al di là delle disposizioni giuridiche. E’ un principio sacro per chi è in mare, ma ovvio per chi sta in terra, un principio su cui non c’è nemmeno bisogno di riflettere sul da farsi.
Perciò dobbiamo interrogarci su che cosa abbia portato un essere umano a un simile disprezzo per la vita altrui. E non dobbiamo neppure pensare che l’autore di tanto misfatto sia un efferato assassino, un essere straordinariamente malvagio. Dobbiamo cercar di capire come una persona “comune” possa compiere atti di assoluta disumanità. E’ vero che esiste il caporalato, lo sfruttamento del lavoro, la brama del profitto, ma qui siamo in una dimensione diversa: dobbiamo cercar di capire quale sia il “sentire collettivo” che influenza la mente individuale fino a spezzare il vincolo di reciproco aiuto per lo meno di fronte alla morte.
Satman è uno straniero e un lavoratore.
Se fosse stato un italiano gli sarebbe toccata la stessa sorte? Può darsi, ma certo non giova il clima complessivo vigente non solo in Italia, ma purtroppo nell’Unione Europea, nei confronti dei migranti stranieri. La parola d’ordine è “respingere”: con l’esternalizzazione delle frontiere, col considerare “paesi sicuri” quelli che non lo sono (onde non concedere asilo a chi ne avrebbe diritto), col rinchiudere i migranti nel limbo dei CPR, col mantenere in vigore leggi che generano necessariamente “irregolari”, con l’erigere muri per fermare i migranti per terra, con la creazione di organismi, come Frontex, che hanno il compito di respingere le rotte marittime. A ciò si aggiungano gli sproloqui di alcuni nostri ministri sulla “invasione” o sulla “sostituzione etnica”. In questo clima, quando è prassi ormai comune contare i morti in mare a decine, se non a centinaia, mentre quelli della rotta balcanica restano nascosti, quale può essere il valore della vita di un migrante?
A ciò si aggiunge il fatto di essere un lavoratore. Nel settore agroalimentare lavorano in Italia, regolarmente registrati, 362mila stranieri (nel 2022) che coprono il 31,7% delle giornate lavorative registrate (1). Bisogna poi aggiungere il lavoro nero, che nella Penisola non manca a tutte la latitudini, da Nord a Sud. Vi è dunque, specialmente in agricoltura, una forte richiesta di manodopera straniera: perché non provvedere di conseguenza in termini legali? Sorge il dubbio che esista un patto tacito tra Governo, di ogni colore, e imprenditori agricoli per mantenere a disposizione manodopera irregolare. I controlli sono quasi inesistenti e i datori di lavoro (non tutti per fortuna) utilizzano manodopera da sfruttare con orari e salari al di fuori di ogni regola, senza contratto; tanto sono lavoratori fantasma. Quanto avrà influito sulla mente di chi ha abbandonato Satman col suo braccio staccato la considerazione che in fondo non era un suo dipendente perché lavorava in nero?
Anche come consumatori dovremmo riflettere, quando frutta e verdura arrivano sulle nostre tavole: da quali mani sono passate e quanti soprusi si portano dietro?
Il non rispetto delle regole, i bassi salari, il disprezzo per chi vive del proprio lavoro sono una costante nel nostro mondo, fino a togliere la stessa dignità umana al lavoratore, divenuto un oggetto privo di diritti e persino di umanità. In questa fase di capitalismo selvaggio dove solo il profitto conta, esiste una logica: la persona è uno strumento per produrre, ma Satman col suo braccio destro amputato non era più utilizzabile.
L’Europa degli altisonanti “diritti umani” è in realtà impegnata a smantellare la legislazione sui diritti dei lavoratori, per vincere la concorrenza attraverso lo sfruttamento dei più poveri e indifesi.
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Note
(1) Per un rapporto sulla manodopera straniera impiegata nel settore agroalimentare a cura del Centro studi Confronti, commissionato dalla Fai-Cisl: Made in Immigritaly: terre, colture, culture, Agrilavoro Edizioni- Com Nuovi tempi
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Disclaimer e note legali (clicca per leggere – puoi rivendicare diritti di proprietà su riferimenti e immagini)
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Leggendo questo bellissimo e puntuale articolo mi è sorta una domanda, ma dove è finita la pietà , il rispetto dell’uomo per un altro uomo, la sacralità della vita. Ma davvero siamo arrivati a questo esecrabile punto nei rapporti con i nostri simili. Abbiamo sacrificato la solidarietà per la competizione con un personalismo esasperato e venale, tutto deve creare profitto, perfino la vita di un uomo vale, se rende, se no diventa carne da macello. Abbiamo cancellato quei valori di fratellanza, umanità , uguaglianza che i ns nonni e padri ci avevano lasciato e insegnato sacrificando la loro vita. Solo riappropriandosi degli ideali e dei valori testé esposti rivedendo anche i fondamentali della nostra vita su questo pianeta non più volti al mero profitto economico ma verso più umani e solidali rapporti ci potrà , secondo me, essere una concreta speranza.