L’Africa e la Pandemia

Giulia Uberti
12.05.2020
Come affronta l’Africa la Pandemia? L’Africa in quarantena? È mai possibile, considerata la socialità e la vita quotidiana di un miliardo e 300mila persone? Attualmente la popolazione vive tra apprensione, ingegnosità e creatività; contraddizioni e speranze.

La propagazione rapida dell’epidemia Covid-19 ha sottomesso i sistemi della salute pubblica del mondo intero a vincoli estremi, ha provocato, e provoca, danni economici, sociali e umanitari senza precedenti. Il virus non conosce frontiere. La gestione di tale crisi chiama a una risposta internazionale forte, guidata da un imperativo di solidarietà e di responsabilità condivise. E per l’Africa, della quale si parla poco sui media nazionali, deve essere inclusa in questa campagna per venire a capo della Pandemia. I governi africani, i medici, il personale sanitario, gli scienziati hanno una esperienza preziosa nella lotta contro le epidemie, e questa va valorizzata per tutti. (da Jeune Afrique 28/04/ 2020) Ci sono ricercatori africani pronti a imporsi per poter far parte del “CLUB”. Questo Club è il mondo della ricerca scientifica a livello internazionale. Sul continente africano, più che altrove, il finanziare la propria ricerca è molto difficile. Nella ricerca del mistero del Covid-19 i ricercatori africani sono ancora ai margini. Il pneumologo keniano Evan Amuyoke, membro dell’Istituto keniano di ricerca medicale, ritiene che: ”Se non si è parte del Club, è finito per voi”, e continua: “ Il budget per la ricerca è molto elevato, e in loco, noi riceviamo pochissimi fondi. Anche se abbiamo le nostre soluzioni, queste non saranno mai applicate: voi le troverete in un libro, da qualche parte, perché nessuno può portarle a termine”. Questa situazione spiega perché le malattie endemiche in Africa restano dimenticate per la ricerca. L’attuale pandemia ha fatto nascere un vivace dibattito fra quanti devono prendere delle decisioni e gli intellettuali africani che in questo periodo si sono espressi attraverso “Tribune di Jeune Afrique”, articoli, richiami vari e diversi, comprese opinioni pro e contro l’annullamento del debito (es. vedi J.A. del 28/04/2020 di Abduoulaye Daouda Diallo del Senegal in controversia con Romuald Wadagni del Benin). Quest’ultimo ritiene che altri approcci devono essere privilegiati.
L’Unione Africana, da parte sua, si è impegnata a sostenere una risposta coordinata a livello del continente. Essa ha designato 4 inviati speciali incaricati di mobilitare la comunità internazionale a sostegno dell’Africa. Ruolo chiave per una strategia collettiva. (da Jeune Afrique 16/4/ 2020 ) In Camerun Renner Onana, funzionario internazionale, si chiede perché non superare il mimetismo: “… anziché riprodurre, come è loro abitudine, le risposte occidentali alla pandemia, i paesi del continente sarebbero più ispirati dall’esempio asiatico” . E continua … “ perché non inventare delle risposte tipicamente africane?” e la riflessione di Renner Onana continua dicendo che: ” Sicuramente gli indici di sviluppo umano asiatici non sono così lontani da quelli degli Stati africani, le strutture sanitarie sono certo un po’ più sviluppate ma meno di quelle dell’Europa e degli Stati Uniti. I Paesi dell’Asia registrano poche vittime se si guardano le statistiche compilate dall’Università Johns-Hopkins che è autorità in materia”. Tuttavia, da quando il Covid-19 si è propagato in Africa l’elite dirigente del continente replica esattamente il modo di gestire che l’Europa ha utilizzato. C’è qualcosa di inedito, di particolare e di tragico che interpella gli Africani, e questo necessita uno sguardo critico.
In relazione alla necessità di rinforzare il Sistema sanitario, visto il budget di cui dispongono i Paesi africani, l’economista senegalese Moussa Demba Dembélé da parte sua, ritiene che: “…una moratoria significa per il momento sospendere il pagamento, ma voi dovete pagare questo debito in avvenire; questo significa che il peso è sempre presente. Mentre non è evidente se nel prossimo futuro tra due anni, tre anni, i paesi africani abbiano la possibilità di saldare il debito. Inoltre per certi creditori questa moratoria rischia di essere accompagnata da penalità”.
Noi possiamo vincere questa battaglia, a condizione d’agire senza attendere e utilizzando al meglio il tempo e i mezzi di cui disponiamo. In caso contrario, la pandemia potrebbe colpire molto forte in Africa cosa che prolungherebbe la crisi a livello mondiale. La Francia voleva la cancellazione del debito nei confronti dei Paesi africani. Per ora ha ottenuto una sospensione dal Club di Parigi (sono i paesi prestatori) e dal G20: una moratoria immediata sul servizio di pagamento di tutti i debiti esterni, quelli bilaterali o multi bilaterali pubblici o privati, e questo fino alla fine della Pandemia.
Il presidente senegalese Macky Sall da parte sua: “… ha domandato la cancellazione pura e semplice del debito. E’ una misura allo stesso tempo urgente e legittima per permettere ai paesi africani di utilizzare le risorse che dovrebbero saldare il debito per far fronte alla pandemia”. Questa domanda è condivisa da numerose persone della società civile.
All’apertura dell’incontro in videoconferenza dei paesi G7, avvenuta Bruxelles il 14/4/2020, al tema sulla moratoria del debito di tutti i paesi poveri, la Conferenza si è trovata ad affrontare le sfide dell’economia globale a causa del Covid-19. La portavoce della Commissione europea Ana Pisonero, commentando le dichiarazioni di E. Macron circa il debito dei paesi africani di fronte alla crisi, sottolineava che il Presidente francese, in un discorso alla nazione il giorno prima, aveva lanciato la proposta di aiutare l’Africa a combattere il Codiv-19 cancellando il debito contratto dai paesi del continente nei confronti dell’Europa. Le sue parole: “Dobbiamo aiutare i nostri amici dell’Africa a lottare in modo più efficace contro il Coronavirus, sostenendoli anche sul piano economico e annullando in modo massiccio il loro debito“. L’Unione europea ha sostento questo approccio coordinato a livello globale e, nel pomeriggio, è arrivata l’apertura alla moratoria sul debito dei paesi più poveri.
Nel frattempo, numerosi paesi del Continente africano, hanno adottato misure appropriate per rallentare la propagazione dell’infezione e sono pronti ad andare più lontano se questo si renderà necessario.
Alla lettura di Jeune Afrique, si constata l’esistenza di opinioni, di modalità d’approccio e di strategie diverse adottate, o sul punto di essere messe in attuazione nei diversi Paesi africani, e questo, per impedire l’espansione eccessiva dell’infezione covid-19 nel Continente.

In Tunisia a seguito e a causa del Covid-19, sono state messe in atto delle regole molto severe: rischia l’accusa di omicidio colposo chi non rispetta le regole di quarantena generale e il coprifuoco, e infetta un’altra persona causandone la morte. Le autorità tunisine promettono ancora maggior rigore nell’applicare la legge dopo che, con l’arrivo del bel tempo, molti sono usciti per motivi non essenziali. Il ministro della salute Hichem Mechichi così esprime la sua apprensione per le recenti violazioni che rischiano di portare al collasso il servizio sanitario: “Potremmo vedere morire i pazienti davanti agli ospedali e gli operatori sanitari dovranno scegliere quali pazienti salvare”. Il governo sembra determinato a usare il pugno di ferro, spiegando che l’obiettivo non è in alcun modo limitare le libertà personali, ma tutelare la salute pubblica e salvare vite umane arginando la diffusione del Covid-19. Secondo il Ministero della Salute, l’esercito ha fatto ricorso alle forze speciali, compresi droni e robot tenuti sotto osservazione da agenti per il controllare strade e centri abitati ed evitare gli assembramenti.

In Costa d’Avorio il dott. Abdoullaye Bousso, direttore del Centro per le operazioni sanitarie urgenti (COUS), dipendente dal Ministero della salute, constata che le cifre sembrano mostrare una eccezionalità. Dall’inizio di aprile, il Paese vede abbassarsi il numero dei pazienti ospedalizzati, con 121 casi sotto trattamento al 15 aprile, contro i 143 di dieci giorni prima.
E’ opinione di Gauz, scrittore della Costa d’Avorio (Jeune Afrique del 16/04/2020) che: “ il Coronavirus non ha più “vecchi” da uccidere sul continente”. Egli sostiene che per arginare la pandemia l’Europa ha deciso di chiudersi e confinarsi, e l’Africa ha deciso la stessa cosa. Tuttavia il problema si pone in termini molto diversi e, secondo lui, sarebbe ora che i dirigenti africani facessero prova di indipendenza e originalità proponendo una vera educazione popolare. La Costa d’Avorio è un paese giovane, come la maggioranza dei Paesi africani. La sua piramide di età non assomiglia a quella dei paesi occidentali. Pertanto, una riflessone solida per l’esecuzione di una politica pubblica deve tenerne conto. E’ suo avviso che: “I paesi aventi una popolazione giovane devono investire maggiormente nella scuola”. In Africa la speranza di vita non supera i 62 anni. Un cinquantenne a Buoaké (città a est della Costa d’Avorio) è quasi un’singolarità.

In SENEGAL, la giornalista Manon Laplace (da Jeune Afrique del 15/4/ 2020) si chiede se la guarigione dal Covid-19 sia una rarità senegalese. Con circa 61% dei pazienti guariti, e solo 2 morti in un mese e mezzo, il Senegal sembra essere un caso di eccezione sul continente. Ci si può chiedere a che cosa sia dovuto questo “miracolo” e se è possibile che continui.
Qualche cifra: 2 morti e 60,5% pazienti guariti. Con 314 casi dichiarati dal 2 marzo scorso, di cui 190 guariti e usciti dall’ospedale il 15 aprile. Questi dati figurano come record sul Continente. Come paragone possiamo citare il Marocco, dove l’epidemia è arrivata nello stesso tempo e il 14 aprile registrava l’11% dei guariti, l’Algeria il 30%, l’Africa del Sud il 18% e il Camerun 15%.

Madagascar: L’annuncio dei primi casi d’infezione ha causato sull’isola un vivo interesse per tutta una serie di piante medicinali o di prodotti come lo zenzero e il limone che sono ritenuti prodotti utili a guarire, o almeno, a proteggere dal virus.
Lunedi 20 aprile il Presidente del Madagascar Andry Rajoelina ha ufficialmente lanciato un rimedio, che ha bevuto a grandi sorsi. E’ un rimedio base di piante medicinali locali che secondo lui avrebbero la capacità di prevenire e di guarire i pazienti ammalati del covid-19. E’ sempre sua convinzione che il Madagascar ha un ruolo particolarmente importante per frenare la pandemia. “Sono stati fatti dei test su due persone che sono attualmente guarite grazie a questo trattamento” ha affermato Ragioelina davanti a ministri, ambasciatori e giornalisti riuniti all’Istituto di ricerche applicate (IMRA) che ha concepito la bevanda, “una tisana che dà risultati in sette giorni ”. E ha continuato dicendo: “Sarò il primo a bere questa tisana oggi, davanti a voi per mostrarvi che questo prodotto guarisce e non uccide”. La bevanda è a base di artemisia, una pianta la cui efficacia è provata in molte terapie contro la malaria e altre erbe che crescono in Madagascar. La sua specificità contro il Covid-19 non è stata per il momento oggetto di studi scientifici pubblicati.
L’OMS da parte sua è molto prudente, pur riconoscendo che alcune piante medicinali possono ”attenuare i sintomi” del coronavirus, l’Organizzazione mondiale della sanità ha ricordato che al momento non esiste “nessuna prova” che queste piante possano “prevenire o guarire la malattia”.

Clicca qui per vedere la carta interattiva del Continente, per conoscere giorno per giorno il numero dei contagi da Covid-19 e le misure prese dai singoli stati. (scorri la mappa con il puntatore del mouse)

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