Chiara Guanin
20 – 3 – 2016
In onore di Mia Redenta e della sua mamma.
Mia mamma non poteva sopportare le suore .Nella migliore delle ipotesi le definiva ipocrite malevole, nella peggiore, lascio immaginare; se le vedeva per strada, cambiava marciapiede, sostenendo che portavano disgrazia. Diceva che un suo amico ginecologo, poco ligio al segreto professionale, le raccontava di ripugnanti pratiche erotiche all’ombra dei conventi,alle cui conseguenze boccaccesche spesso veniva chiamato a porre rimedio. Quasi sempre mia mamma raccontava di seguito, con partecipata tenerezza ,di una diversa paziente del suo amico, la Mamma di Mia Redenta.
Aveva fatto la puttana per lunghi anni nelle case chiuse. Aveva concepito una bambina, l’aveva amata di un amore infinito,l’aveva chiamata Mia Redenta. Della percentuale degli incassi che le veniva riconosciuta, aveva messo da parte ogni centesimo, finchè era riuscita a metter su un negozietto di alimentari, nei pressi delle carceri. Ci scherzava anche, diceva che era per dare a sua figlia una vita in libertà, senza prigioni.
A quindici anni Mia Redenta morì, divorata da un devastante, dolorosissimo cancro alla gola.
Mia mamma fermava qui il racconto, forse non sapeva altro, forse non voleva sapere, forse non voleva dire.
Domineddio nell’aldiquà con la misericordia ha fallito, nell’aldilà spero nella sua giustizia.
Noi qui e ora, nel tempo del Giubileo della misericordia, se tentassimo anche un po’ di giustizia?
PROVA COMMENTO