Boko Haram è sicuramente una spina nel fianco della Nigeria e di alcuni paesi confinanti. Nonostante gli sforzi, il gruppo terroristico sembra inarrestabile. Sostegni interni ed esterni, uniti a una debole coalizione di tre Stati dell’area del lago Ciad, ne fanno una calamita di consensi e adesione per neo-jihadisti affascinati dalla sua politica che da insurrezionale si è trasformata in feroce terrorismo.
Giulia Uberti
Data 10-05-2022
In Nigeria, Boko Haram è uno dei gruppi terroristici più brutali del mondo, classificato nel 2019 al secondo posto per atrocità e livelli di letalità. Questo gruppo ha avviato le prime operazioni di guerriglia nel 2009 per realizzare l’obiettivo dichiarato di istituire uno stato islamico nella parte settentrionale del Paese. Si organizza sfruttando a proprio favore la frustrazione e la povertà dei cittadini meno abbienti che indirizzano il loro disagio contro lo Stato centrale. Il malcontento popolare rispetto all’inefficacia del governo e alla corruzione politica diventano la linfa che anima l’associazione spingendola ad organizzarsi, diventando un gruppo sempre più presente e aggressivo. La strumentalizzazione del malcontento locale è mezzo per il reclutamento di nuove leve, grazie al quale riesce ad estendere la propria rete terroristica all’interno del bacino del lago Ciad. Le violenze perpetrate dalle formazioni terroristiche e dalla campagna governativa nata con l’intento di debellarle, hanno provocato oltre 50.000 morti e l’esodo di 2.4 milioni di persone; senza dimenticare il blocco delle attività economiche che questi eventi hanno generato.

La modalità operante di B.H. è cruenta e caratterizzata da violenti e frequenti assalti a villaggi, chiese, mercati, dall’uccisione, stupri e rapimenti di civili, nonché di politici e leader musulmani, donne e bambini. Eventi, questi, che hanno generato nell’area una grave crisi umanitaria. Nella regione del bacino del lago Ciad oltre 11 milioni di persone necessitano assistenza umanitaria. Attualmente, in tutto il territorio, una famiglia su tre è in condizioni di grave insicurezza alimentare e i livelli di malnutrizione sono oramai critici, in particolare nel nord-est del Paese. Il conflitto è diventato sempre più regionale grazie ai legami culturali, etnici e religiosi con i confinanti Ciad, Niger e Camerun, Paesi che condividono con la Nigeria settentrionale la presenza attiva di Boko Haram.
Unitamente al reclutamento di combattenti per la causa jihadista (1) questo gruppo, ha fortemente investito nel contrabbando di armi e beni diversi.
Deboli tentativi di contrasto
L’instabilità del Nigeria e, in particolare, i disordini nel bacino del lago Ciad, costituiscano una grave minaccia alla stabilità della regione. Tale situazione ha portato a una crescente preoccupazione condivisa dai governi circostanti che si sono impegnati alla riattivazione, e ampliamento, del mandato della Multinational Joint Task Force – MNJTF, organizzazione creata dalla Lake Chad Basin Commission nel 1998 con l’obiettivo di condurre operazioni di anti-terrorismo.
In un recente rapporto dell’International Crisis Group (2), vi è posta la domanda: “What Role for the Multinational Joint Task Force in Fighting Boko Haram?” (Quale ruolo per la Task force multinazionale congiunta nella lotta contro Boko Haram?) In risposta viene sottolineto come: la cooperazione civile è di estrema importanza al fine di creare un’alternativa concreta alla militanza per Boko Haram e una riabilitazione sociale degli ex-membri dell’organizzazione, mentre, d’altra parte, la componente militare delle operazioni portate avanti dalla MNJTF si rivolge al contenimento dell’insorgenza jihadista nelle zone di confine”. La MNJTF ha il merito di aver rilanciato la cooperazione fra gli stati della regione che sono riusciti a frenare l’avanzata di Boko Haram nel 2015-2016 e, nel periodo dal 2017 al 2019, sono riusciti a liberare i civili nelle zone occupate dal gruppo terrorista e ad assicurare una ricezione fluida degli aiuti umanitari. Nonostante questo, i vari antagonismi nazionali hanno impedito, purtroppo, un reale successo della cooperazione interstatale.”… a quattordici anni dalla sua nascita, Boko Haram è tutt’altro che sconfitta, anzi è andata consolidandosi, nonostante l’offensiva militare del presidente Buhari sia riuscita a ridimensionare, in parte, il suo territorio”. Boko Haram da movimento insurrezionale, negli anni, è diventata formazione terroristica “ capace di mettere in campo una grande versatilità con veri e propri attacchi militari, quando può sferrarli, e capace di ripiegare su attentati kamikaze quando è necessario. Attacchi kamikaze tra i più odiosi che si possano pensare, proprio perché utilizza minori, spesso bambine. Il rapporto Unicef, a tal proposito, spiega che è triplicato il numero di bambini rapiti da Boko Haram per compiere questi attentati. Nei primi tre mesi di quest’anno sono stati 27, tra bambini e bambine rapiti, rispetto ai 9 dello steso periodo dell’anno scorso. Dal 2014 ad oggi sono stati utilizzati 117 bambini per farli saltare in aria in luoghi pubblici in Nigeria, Ciad, Niger e Camerun.” cosi descrive Raffaele Masto nel suo libro: “Califfato nero”, edito da Laterza nel quale racconta la strategia del Califfato.
La prima forma di cooperazione fra gli Stati toccati dalla minaccia terrorista consisteva in una serie di accordi bilaterali per lo spostamento di truppe al di fuori dei confini nazionali; purtroppo i molti antagonismi in campo ne hanno minato il reale successo. Anche la MNJTF ha mostrato i suoi limiti a causa della base di consenso molto fragile sulla quale poggiano le sue fondamenta. Infatti, gli Stati collocati sulle sponde del lago Chad continuano a mostrare molte divergenze in termini di prospettive e soluzioni al problema del terrorismo.
Gli obiettivi principali del MNJTF sono la messa in sicurezza delle aree colpite da Boko Haram, la facilitazione dell’implementazione di programmi di stabilizzazione e di operazioni umanitarie, il restauro dell’autorità statale e il ritorno degli sfollati alle proprie abitazioni.
I suoi limiti: la natura sporadica delle offensive militari contro il terrorismo e le divergenze tra i vari Stati nel rifiuto di un’integrazione più profonda alla “Task force”.
Un ulteriore punto debole è rappresentato dalle diverse opinioni rispetto alla natura stessa di Boko Haram, da alcuni Stati caratterizzato come un problema prettamente nigeriano, da altri considerato un problema regionale.
Ognuno degli Stati attivi nel contrasto al terrorismo sembra avere lo stesso nemico ma combattuto con obiettivi diversi. Infatti, in Nigeria il gruppo terrorista opera all’interno dei confini nazionali, in Camerun e Niger è visto come un problema transfrontaliero; in Ciad l’obiettivo è la protezione della via commerciale che lo collega con il Camerun. Di conseguenza, gli obiettivi militari cambiano da una nazione all’altra. I limiti operativi, il numero variabile di contingenti militari e la riluttanza a condividere informazioni sensibili, sono tutti elementi che costituiscono un duro colpo all’efficacia delle operazioni di contrasto.
Boko Haram si scinde
La situazione negli ultimi anni in Nigeria si è complicata ulteriormente a causa della rottura di rapporti nella stessa organizzazione jihadista che si è divisa in tre fazioni che tra di loro alternano cooperazione e competizione.
La prima di queste è l’ISWAP, la più influente (Islamic State in West Africa Province), capace di riscuote consensi fra le comunità dello stato del Borno perché efficiente nel lanciare attacchi contro obiettivi militari.
Una seconda frangia di Boko Haram è Bakura, che opera al confine fra la Nigeria e il Niger.
JAS (Jama’tu Ahlis Sunna Lidda’await Wal-Jihad), nucleo fondante di Boko Haram è la terza fazione, il cui terreno principale di azione è la frontiera tra Nigeria e Camerun. Di recente Bakura è risultata affiliata a JAS
Al momento, l’obiettivo principale di questi gruppi è la conquista del territorio del nord ovest del Nigeria e del Niger al fine di approssimarsi geograficamente ai territori in cui operano altri gruppi jihadisti del Sahel con cui vorrebbero costruire un’alleanza.
Da chi viene finanziato Boko Haram?
E’ una domanda che ci sorge spontanea. Il Nigeria è conosciuto come Stato di vasta corruzione. Pare che l’esercito non sia estraneo a questa pratica. Nel corso degli anni sono scomparsi diversi approvvigionamenti dell’esercito, fra questi armamenti e cannoni anti-aereo, probabilmente venduti e/o scambiati con i terroristi. Alcuni anni or sono nel corso di una conferenza stampa lo stesso generale maggiore aveva affermato che era l’esercito nigeriano a vendere armi al noto gruppo terroristico. L’esercito privandosi di armi e munizioni vanifica nello stesso tempo ogni azione intrapresa per fermare l’avanzata e la violenza di questo gruppo. Uno dei casi più eclatanti ha riguardato negli scorsi anni un generale traditore, che è riuscito a sottrarre all’esercito nigeriano 24 milioni di dollari (circa 20 milioni di euro), destinati al pagamento dei soldati, per finanziare la costruzione di un centro commerciale. Al possibile finanziamento dell’esercito si aggiunge quello di persone più o meno potenti, tra di essi diversi politici locali.
Con la dichiarazione di essere oppositori del Governo centrale, Boko Haram ha ottenuto anche il supporto del governatore di Kano Ibrahim Shearaue e dal governatore di Bauchi Alhaji Isda Yuguda, entrambi in contrasto con lo stato centrale.
Altri finanziatori di Boko Haram sono le organizzazioni islamiche. Inoltre, molti dei proventi del gruppo vengono dalle rapine, dalla presa di ostaggi, dalle estorsioni, dai rapimenti e dalle tassazioni imposte nei villaggi che gli islamisti controllano.
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Note
(1) Il termine jihadismo (jihad, jidahista) fa tradizionalmente riferimento al macrofenomeno del fondamentalismo islamico che, attraverso una multiforme costellazione di soggetti e raggruppamenti promuove il ‘jihad’ contro coloro che a vario titolo sono considerati infedeli.
Il fenomeno del jihadismo è da considerarsi recente, e in gran parte riconducibile agli sviluppi storici e geopolitici successivi agli eventi dell’11 settembre 2001, quando l’Occidente fu colpito nei suoi massimi simboli economici (New York e le Torri Gemelle).
La galassia jihadista e i paradigmi del jihadismo paiono in via di rimodulazione e ridefinizione, adattandosi alle contingenze geopolitiche e modificandole allo stesso tempo.
(2) L’International Crisis Group (ICG) è un’organizzazione non governativa, no-profit, transnazionale, fondata nel 1995, che svolge attività di ricerca sul campo in materia di conflitti violenti e avanza politiche per prevenire, mitigare o risolvere tali conflitti. Esso sostiene le proprie politiche direttamente presso i governi, le organizzazioni multilaterali e altri protagonisti politici come i mezzi di comunicazione (Wikipedia)
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