Un sogno

Quando la realtà sembra inumana, l’inconscio induce a sognare. Ed è subito utopia.

Adriana F
30-3-2023

Immagine da dipinto di Stubbe Teglbjærg

A volte faccio sogni incomprensibili che non hanno nulla a che vedere con la realtà. Altre volte i miei momenti REM rispecchiano o elaborano quanto accaduto durante il giorno, in particolare se la mia mente è stata bombardata da notizie straordinarie o drammatiche.
Fatto sta che l’altra notte, in sogno, mi trovavo in un aeroporto dove si accalcava un gran numero di ragazzi italiani, all’apparenza studenti delle scuole superiori. Qualcuno, forse un preside, faceva l’appello chiamandoli ad alta voce e indicando loro lo sportello a cui dovevano presentarsi per il check-in.
Non sapendo di cosa si trattasse, chiedevo a una hostess di passaggio chi fossero e dove stessero andando tutti quei ragazzi. E lei, sorridente e impeccabile nella sua divisa, rispondeva con una domanda: “Non sa della nuova legge sulla Migration Experience?” Poi, senza attendere risposta, proseguiva con una lunga e vivace spiegazione che diceva pressappoco così: “E’ la nuova legge per sensibilizzare i giovani… non è piaciuta a tutti, ma si sa come vanno queste cose…Per avere più punti nel curriculum gli studenti devono fare un’esperienza di due settimane vivendo o in un villaggio africano con solo due dollari al giorno, oppure in un campo di accoglienza standard in Libia o in Turchia. In incognito, naturalmente. Quelli di oggi vanno in Somalia, per questo sono così numerosi. Non ci sono molte richieste per  le ultime due destinazioni… Sa com’è, quello che denunciano i naufraghi potrebbe essere vero!”
Un ultimo sorriso e si allontana a passo spedito.

Oddio, cos’è successo?, penso svegliandomi di colpo. Dove sono? Nella Città del Sole di Tommaso Campanella? O in una delle utopie vagheggiate da  Saint-Simon, Fourier e Owen? No. Era solo un sogno. Surreale e anche un po’ truce. Ma chissà, forse l’idea elaborata in forma di sogno era quella di rendere i giovani, ossia i futuri adulti, più consapevoli di com’è la vita quotidiana in certe drammatiche realtà. O forse, più semplicemente, il sogno rispondeva a una domanda che mi pongo spesso quando leggo una notizia sui cosiddetti “campi di accoglienza” libici: come fanno molti nostri connazionali a non capire che loro stessi cercherebbero di fuggire con la famiglia se si trovassero in luoghi funestati da estrema povertà, carestie, malattie inguaribili, fame, siccità, diritti calpestati,persecuzioni politiche o guerre sanguinose?

Cultura e Società