Gabriella Carlon
11-09-2025
Il concetto di guerra giusta sembra non godere attualmente di buona fama. Negli ultimi anni si è molto restii a usare la parola guerra, infatti il bombardamento della Serbia era una missione umanitaria, la guerra contro l’Iraq una esportazione della democrazia, l’invasione dell’Ucraina una operazione militare speciale e così via.
La dottrina della guerra giusta, che cercava di arginare la bestialità della guerra imponendo alcune regole, ha avuto una lunga gestazione: abbozzata da S. Agostino ed elaborata da S. Tommaso, ha impegnato per secoli il pensiero occidentale, giocando tra l’etica e il diritto. Due sono le linee della riflessione: si sono delineate le condizioni che rendono giusta una guerra (jus ad bellum: deve essere dichiarata da una autorità legittima e avere una giusta causa) e i modi legittimi in cui può essere condotta (jus in bello).
Aspetto quest’ultimo che si è concretizzato, in tempi recenti, sul piano giuridico, con l’approvazione di diverse convenzioni. La Convenzione di Ginevra del 1949 è un ampliamento di convenzioni precedenti; costituita da quattro Trattati, relativi alle condizioni dei feriti, dei malati, dei prigionieri di guerra e alla protezione dei civili in tempo di guerra, costituisce la base del Diritto internazionale umanitario. Si sono anche elaborate alcune Convenzioni relative all’uso delle armi convenzionali (es. il divieto delle mine antiuomo, delle bombe a grappolo, delle armi chimiche e biologiche, dei laser accecanti); infine si è arrivati al Trattato che vieta la produzione e l’uso delle armi nucleari, approvato nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021. L’Italia non lo ha firmato, nonostante la campagna “Italia ripensaci”.
Se la riflessione sullo jus in bello ha prodotto qualche regolamentazione utile (anche se non sempre e non da tutti rispettata), lo jus ad bellum si è rivelato invece particolarmente debole, infatti con la dottrina della guerra giusta si sono di fatto giustificate guerre di ogni colore. Nel pensiero contemporaneo tale concetto è pressoché abbandonato, salvo per la legittima difesa, con il limite però che deve essere proporzionale all’offesa.
Nel XX secolo la riflessione filosofica e giuridica si è rivolta invece al concetto di pace giusta, ma non si è ancora elaborato uno statuto preciso ed univoco.
Sul piano formale si concorda che giusta è la pace stabilita tra Stati legittimi con clausole accettate da tutti i partecipanti; ne consegue che tutti gli Stati sono tenuti a rispettare i Trattati internazionali che sono stati sanciti.
Sul piano sostanziale pace giusta è quella che tiene conto delle ragioni di tutti i contendenti, che cerca di mediare tra interessi contrastanti, che raggiunge un compromesso accettabile da tutte le parti in causa.
Tale pace è certamente raggiungibile attraverso la trattativa diplomatica, ma quando la si invoca a conclusione di una guerra, che cosa si intende? In guerra già è difficile stabilire i torti e le ragioni (vista la generale barbarie), ma se si è scelto lo scontro armato, sostituendo alla ragione la forza, dove può stare la giustizia? Alla fine di ogni guerra si fa la pace, ma le condizioni le detta il vincitore. Quindi prevale il più forte, non il più giusto, a meno che non si voglia riconoscere il diritto della forza, distruggendo così il concetto stesso di diritto. Solo accidentalmente in un conflitto potrebbe realizzarsi la coincidenza tra vittoria militare e giustizia, ma, se diamo un’occhiata alla storia, di solito non accade. Per poter realizzare la pace giusta, bisognerebbe allora impedire ogni guerra e fare la pace non dopo, ma prima della guerra, come propone scherzosamente Gianni Rodari:
“Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra”.
Condizione auspicabile, ma non realistica al momento attuale.
Esiste una corrente di pensiero, il cui padre è Erasmo da Rotterdam, che, condannando la guerra, come regolatrice dei rapporti tra gli Stati, sempre ingiusta, considera la pace sempre giusta, come male minore. Dice infatti Erasmo: “Non c’è pace ingiusta che non sia preferibile alla più giusta delle guerre”. Una posizione che oggi pare vicina anche a parte del mondo cattolico, sia pure con accenti diversi, dopo l’enciclica Pacem in terris, dove si sostiene che la guerra è un evento “alienum a ratione” (estraneo alla ragione).
Accanto a questa posizione radicale, propria del movimento pacifista, esistono altre versioni della pace giusta.
Può considerarsi giusta una pace che pone fine a una guerra anche giusta (es. di legittima difesa) quando le forze sono impari: in tal caso la pace è anche doverosa, per impedire inutili perdite di vite umane e distruzioni nefaste che generano solo dolore senza scopo.
Pace giusta potrebbe essere anche quella che assicura un accordo tra le grandi potenze (che si spartiscono le sfere di influenza) per garantire un certo equilibrio che eviti la possibilità di guerra. In tal caso devono partecipare al tavolo delle trattative anche i paesi che hanno perso la guerra, come avvenne ad es. nel Congresso di Vienna guidato da Metternich (1815). In tal caso tutti i paesi dovrebbero essere disponibili alla cooperazione, con una decisa volontà di non sopraffazione, come auspicato da Kant nella Pace perpetua.
Attualmente non vedo ombra di statisti capaci di condurre le trattative a tale livello. E visto che si cerca una pace giusta a conclusione di una guerra (pensando che possano essere i perdenti a dettare le condizioni) non sarà che, per l’attuale classe dirigente europea, pace giusta sia il nuovo nome della guerra giusta?
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Fonti (clicca sul link)
L-JUST.it guerra-giusta-e-pace-giusta
Università degli Studi di Padova – Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”
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“Non c’è pace ingiusta che sia preferibile alla più giusta delle guerre” disse e scrisse Erasmo da Rotterdam circa cinque secoli fa, ma Erasmo aveva partecipato alla stesura ed alla diffusione dell’opera di Tommaso Moro “Utopia” e proprio dopo tutto questo tempo la pace fra i popoli è rimasta un'”Utopia”. Personalmente non penso vi siano guerre giuste poiché le stesse sopprimendo vite umane privano Noi esseri umani del bene più importante e prezioso che abbiamo: la vita. Le ragioni per cui le guerre vengono scatenate stanno nello spirito dell’animo umano: (potere) più o meno legittimato, ( denaro) anch’esso più o meno legittimato, un ulteriore esempio sono le guerre di mafia dove l’accumulo di ricchezza fatta in modo criminale successivamente viene legalizzata e regolarizzata, attraverso le leggi (pecunia non olet!). Anche queste guerre sono causa di migliaia di morti un po’ in tutto il mondo. Secondo il mio modesto parere, il male della guerra e della violenza è insito in noi esseri umani, che non accontentandoci mai , cerchiamo di accaparrarci potere e denaro giustificando ciò come doveroso e legittimo. Sopprimiamo vite giustificando la guerra per delle cose materiali, anelando all’immortalità per tramandare ai posteri e discendenti fama e potere, illusi anche quest’ultimi che solo attraverso il possesso di beni e prestigio la vita abbia una ragione di essere vissuta, disdegnando, al contrario, la fratellanza, la cooperazione e l’amore che sono gli unici motivi per cui una vita dovrebbe essere vissuta. Forse sono un po’ illuso, ma spero che con me siano illusi milioni di esseri umani.