I nostri tempi

 

Terenzio Lomi
24-10-2025
L’uomo, dalla sua comparsa sulla terra, ha vissuto la sua esistenza entro una dimensione spazio-temporale che lo ha visto protagonista nonché detentore di verità incontrovertibili che potrebbero essere riassunte in un’unica parola: progresso. Tuttavia non per tutti gli esseri umani il percorso esistenziale è stato evolutivo. I Boscimani africani, gli Aborigeni australiani, gli Indiani nordamericani, gli Indios ed altri ancora hanno conformato le proprie esistenze, su questo pianeta, in perfetto equilibrio con l’ambiente e con gli altri esseri viventi, in armonia con l’ecosistema, consapevoli che un’alterazione e/o uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali avrebbe compromesso non soltanto la loro esistenza, ma anche la sopravvivenza dell’intero pianeta. Ebbene questi popoli definiti ”sottosviluppati”, benché siano in esigua minoranza hanno saputo mantenere i loro usi e costumi fino ai nostri giorni. All’opposto i popoli più evoluti e sviluppati, ai quali  apparteniamo noi, hanno sperimentato e poi applicato il progresso scientifico e tecnologico  che ci ha permesso di emanciparci  civilmente e numericamente. Lo stesso sviluppo ha ricevuto un forte incremento dalla rivoluzione industriale (1760) in avanti.

Ora, la parola d’ordine che ha dato impulso a quello che amiamo definire “progresso” è stata  la competizione, che etimologicamente significa “gara”. Purtroppo, però, le nostre vite si sono adattate e conformate a questo modus vivendi: si compete, senza esclusione di colpi, in ambito lavorativo, nello studio e nel cercare di far prevalere le nostre idee politiche e religiose. Ed è proprio nel nome di queste ultime che la storia umana è stata intrisa di eccidi, guerre e stermini, senza soluzione di continuità fino ai giorni nostri. In seguito a questo sistema economico e politico basato sulla competizione, i paesi più avanzati a livello scientifico e tecnologico hanno adottato lo sfruttamento intensivo e massiccio delle risorse naturali, arrogandosi un diritto auto sancito dalla superiorità  tecnologica, economica e numerica ,non solo per necessità di sopravvivenza ma per mero arricchimento, ignorando le gravi e dannose alterazioni che sarebbero state causate all’ecosistema terrestre, con conseguenze a volte irreversibili sullo stesso.
La scienza medesima, alcune volte, si è vista impotente nel risolvere i gravi problemi derivati. Basti pensare all’inquinamento atmosferico causato dal rilascio in atmosfera di gas serra prodotti dalla combustione di materiali fossili,  oppure all’inquinamento da plastiche (invenzione insignita del premio Nobel), usata in modo eccessivo, con lo slogan “usa e getta” scritto sulle confezioni dei prodotti di uso quotidiano. Non va poi dimenticato l’inquinamento da metalli pesanti causato dalle attività estrattive e dall’uso degli stessi, quello sonoro, quello luminoso, e quello derivante dall’uso smisurato  (consumismo)e, a volte, non necessario di materiali di vario genere.

E’ di questo periodo l’intenso e animato dibattito sull’ Intelligenza Artificiale (AI), ultima scoperta del genere umano, anch’essa come le precedenti, accolta con grande entusiasmo ed enfasi benché non vi sia ancora una verifica certa  e una normativa  riguardo al suo utilizzo, sulla sua attendibilità e sulle conseguenze che si dovessero  determinare su un suo uso o abuso indiscriminato.
Pur non disdegnando il progresso e non negando la sua utilità in ambito scientifico, tecnologico, informatico, penso e credo che sarebbe opportuno interrogarsi anche sulle conseguenze etiche di  alcune scoperte,  su ciò che le stesse possono determinare sulle nostre vite e sulle vite dei posteri. Perché, attualmente, un altro pianeta su cui si possa vivere non è ancora da noi conosciuto.
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Note
Immagine di apertura –  credit  Sverigesradio.se
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