Apartheid in Israele

Per 75 anni Israele ha condotto un sistematico allontanamento della popolazione palestinese dai suoi insediamenti con metodi a dir poco autoritari e non ammissibili da parte di uno  Stato che defindosi democratico non dovrebbe avere nel proprio DNA. Nel silenzio generale dei Paesi occidentali e dei loro media. Ora entra in campo la Corte Penale Internazionale.

Eraldo Rollando
1-4-2023

Apartheid – anteprima

Nel Territorio palestinese occupato militarmente dallo Stato di Israele (Striscia di Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme est)  vivono circa 6,5 milioni di palestinesi; nella restante parte dello Stato di Israele vivono circa 6,7 milioni di israeliani, inclusi cittadini arabo-israeliani.
Il Governo di Gerusalemme esercita il suo potere sull’intero territorio e lascia all’Autorità nazionale palestinese un’area di limitato autogoverno, frutto di un accordo del 1994 per governare transitoriamente parte dei territori palestinesi in attesa di un accordo di pace definitivo; autogoverno che, di fatto,  non è sovrano né indipendente.
Nel Territorio occupato, per molti aspetti della vita quotidiana, le autorità israeliane privilegiano sistematicamente gli ebrei israeliani e discriminano i palestinesi usando spesso metodi sbrigativi o addirittura  repressivi, in contrasto con varie normative e delibere ONU che impongono a chi occupa militarmente un territorio di trattare con umanità le persone sottoposte.
Questi metodi “sbrigativi” vengono giustificati dalla necessità di prevenire e combattere le attività terroristiche operate da palestinesi. Attività che purtroppo esistono e sono spesso una risposta cruenta alle iniziative discriminatorie o agli spostamenti forzati messi in atto dal governo israeliano, ma sono anche reazioni di insofferenza, certamente non giustificabili, di giovani che vivono fin dalla nascita in una sorta di “prigione a cielo aperto”.
E’ ampiamente noto che la sbrigatività e brutalità dei metodi è segnatamente riferita al trasferimento forzato di intere famiglie o villaggi, all’espropriazione della proprietà fondiaria, alla creazione di riserve e ghetti, alla negazione del diritto di partire e di tornare nel proprio paese e del diritto a una nazionalità e, ultimamente, alla uccisione di terroristi intervenendo in zone affollate e facendo vittime anche tra i civili..
Queste operazioni sono tipologie di crimine che troviamo stigmatizzati nello Statuto di Roma al Capitolo secondo, articolo 7, paragrafo 1,di cui parliamo più ampiamente in seguito, nel quale sono  definiti come “atti disumani”. Tra le nove tipologie di crimini, di cui al citato paragrafo 1, è compreso anche quello di Apartheid.
Ironia della sorte, quasi a confermare l’appartenenza a quest’ultima tipologia, nel 2018, in Israele è stata varata la legge sullo Stato nazione, che definisce Israele come lo “Stato nazione del popolo ebraico”, Gerusalemme la sua “capitale unita”, e l’ebraico la sola lingua ufficiale. Eppure nel Paese esistono realtà palestinesi, cristiane e musulmane, di cui non si è tenuto in alcun conto, configurandosi ciò  in una chiara discriminazione a scapito, in particolare, della popolazione palestinese, che verrebbe ignorata ex lege dai territori in cui vive.
In aggiunta a ciò, secondo le leggi di diritto internazionale, Gerusalemme est risulta essere un territorio occupato durante la “guerra dei sei giorni” del 1967, e quindi non potrebbe essere legalmente unificato alla parte occidentale.
Su queste basi, alcuni commentatori si sono spinti a definire Israele un “regime istituzionalizzato di oppressione”.
Internazionale.it (leggi) riporta un articolo del 19 luglio 2018 di Gideon Levy, pubblicato  sul quotidiano israeliano Haaretz , nel quale, tra l’altro, scrive “La legge mette fine anche alla farsa di uno stato israeliano “ebraico e democratico”, una combinazione che non è mai esistita e non sarebbe mai potuta esistere per l’intrinseca contraddizione tra questi due valori, impossibili da conciliare se non con l’inganno … Se è democratico, non può essere ebraico, poiché una democrazia non garantisce privilegi sulla base dell’origine etnica. Quindi la Knesset ha deciso: Israele è ebraica. Israele dichiara di essere lo stato nazione del popolo ebraico, non uno stato formato dai suoi cittadini, non uno stato di due popoli che convivono al suo interno, e ha quindi smesso di essere una democrazia egualitaria, non soltanto in pratica ma anche in teoria”

 Apartheid

Stando a quanto testimoniano i più autorevoli osservatori  internazionali, si può dedurre che la politica delle autorità governative dal 1948 (conflitto arabo-israeliano) ad oggi è stata ed è mirata all’accaparramento di nuovi territori e risorse naturali, in particolare fonti idriche, utilizzando ogni mezzo per allontanare  la popolazione araba dai propri territori.
Purtroppo, non possiamo nasconderci il fatto che l’apartheid definisce il regime in Israele più di ogni altra cosa.
Il sito B’Tselem.org (1) il 12 gennaio 2021 ha dedicato una pubblicazione (leggi) molto ricca e documentata sulla situazione, evidenziando tre punti principali:

  •    Immigrazione ammessa solo per ebrei
  •    Requisizione di terra per gli ebrei affollando i palestinesi nelle enclavi
  •    Restrizione della libertà di movimento dei palestinesi

La pubblicazione conclude dicendo che “Un regime che usa leggi, pratiche e violenza organizzata per cementare la supremazia di un gruppo su un altro è un regime di apartheid.”
Amnesty International ha una posizione altrettanto critica, in un redazionale (leggi) del 1 febbraio 2023  accusa apertamente  il Paese della Stella di Davide affermando che“Tutti gli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi occupati sono illegali per il diritto internazionale e la politica di vecchia data di Israele di trasferire civili in territori occupati costituisce un crimine di guerra. La crescente espansione degli insediamenti pone innumerevoli ulteriori palestinesi a rischio di trasferimenti forzati, un crimine contro l’umanità che Israele commette in modo sistematico. Un recente esempio è la decisione, presa a maggio dalla Corte suprema, che ha dato via libera al trasferimento forzato di oltre 1150 palestinesi da Masafer Yatta.(2)
A conclusione, cita le parole di Agnès Callamard (3), relatrice speciale Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, “Nessuno stato dovrebbe poter aggirare con impunità il diritto internazionale, comprese le risoluzioni vincolanti del Consiglio di sicurezza. Chiediamo a tutti gli stati di porre fine a ogni forma di sostegno alle violazioni dei diritti umani e ad anni di complice inattività, chiedendo alle autorità israeliane di rispondere delle loro azioni”.
Rapporto alle Nazioni Unite
Francesca Albanese , Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, ha presentato il suo primo rapporto  in un convegno organizzato a Roma il 13 gennaio 2023 (di seguito il video) dal titolo significativo Diritti umani in Palestina (il Dossier relativo può essere scaricato gratuitamente cliccando Qui).
Anche Nicola Perugini, in un commento dal titolo “Ecco la matrice del colonialismo da insediamento israeliano”, segnala che“ l’occupazione non è temporanea come vorrebbe il regime di diritto internazionale che consente e legalizza le occupazioni se di breve durata. L’occupazione è spossessamento permanente, costruzione permanente di colonie su territori occupati militarmente; l’occupazione è dunque crimine di guerra in quanto trasferisce coloni civili nei territori occupati. L’occupazione, in sostanza, non è occupazione. L’occupazione dei territori del 1967 è in realtà la continuazione di un progetto di colonialismo da insediamento iniziato molti decenni prima e ora mantenuto in piedi anche grazie a un sistema di apartheid.”

Video del Convegno  (per chi fosse interessato si avverte che il video dura due ore e trenta minuti)

 

Corte penale internazionale

Lo Statuto di Roma
Il 17 luglio 1998, a Roma, venne istituito un Tribunale penale sovranazionale  regolato da un  documento dal titolo  “Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (CPI)”.
Entrato in vigore nel 2002 è stato poi modificato nel2010. Ad oggi è stato ratificato da 123 Stati sui 193 aderenti all’ONU. Il Segretario generale delle Nazioni Unite è il depositario del documento. La sede della Corte è l’Aia, nei Paesi Bassi.
Israele, assieme ad altri tra cui Stati Uniti, Russia e Cina,  non ha firmato né ratificato lo Statuto stesso.  Quindi, il Paese delle Stella di Davide non potrebbe essere perseguito per eventuali suoi crimini, definiti nello Statuto, salvo che … l’ONU, con la Risoluzione 67/19 dell’Assemblea generale del 29 novembre 2012, ha riconosciuto la Palestina come Stato non membro con status di osservatore permanente.
A seguito di ciò, dal 3 gennaio 2013 l’Autorità Nazionale Palestinese ha adottato il nome di Stato di Palestina sui documenti ufficiali.
Nel testo dello Statuto di Roma (leggi) viene specificato che “per “apartheid” s’intendono gli atti inumani di carattere analogo a quelli indicati nelle disposizioni del paragrafo 1, commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziale, ed al fine di perpetuare tale regime;”

In conseguenza della decisione ONU, “Il 5 febbraio 2021, la Camera Pre-Trial I della Corte Penale ha deciso, a maggioranza dei suoi componenti, che la Corte può esercitare la propria giurisdizione penale sulla Situazione in Palestina e che la stessa si estende ai territori occupati da Israele dal 1967, vale a dire Gaza e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est”  (giurisprudenza penale.com).  (leggi) 
Per l’esattezza, va precisato che l’intervento della Corte può essere esercitato sia sui crimini a carico di Israele che su quelli a carico dello “Stato di Palestina”.
La Corte indaga
Secondo quanto riportato da Amnesty International, in un resoconto del 3 agosto 2014, “alla fine del luglio 2014 un avvocato che rappresenta il ministro della Giustizia palestinese Saleem al-Suqqa avrebbe presentato una denuncia alla procuratrice della CPI sui crimini commessi prima e durante l’operazione ‘Margine protettivo’, lanciata da Israele l’8 luglio 2014 (nella Striscia di Gaza)
Questo fatto potrebbe  avere dato l’avvio al procedimento di accusa . Infatti, sulla base della decisione della Camera Pre-Trial I della Corte, la Procuratrice Fatou Bensouda il 3 marzo 2021 ha iniziato un procedimento contro Israele (leggi) “L’indagine riguarderà i crimini di competenza della Corte che si presume siano stati commessi nella Situazione dal 13 giugno 2014, data a cui si fa riferimento nel Deferimento della Situazione al mio Ufficio..”

La rivista Altreconomia,  nel marzo 2023, ha pubblicato un articolo dal titolo Il Tribunale dell’Aia avvierà un’indagine sui Territori occupati nel quale informa che “Lo scorso 8 febbraio 2023 la Corte internazionale di giustizia (Cig) ha annunciato che procederà con l’indagine sulle conseguenze legali dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi. La Cig ha fissato una prima scadenza -il 25 luglio- entro la quale dovranno essere presentate le osservazioni scritte da parte di enti e organizzazioni statali in merito alla vicenda. … Le sentenze della Corte sono vincolanti ma non ha il potere di farle rispettare. L’annuncio è arrivato dopo che a metà gennaio l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha inviato alla Corte una richiesta di fornire un parere consultivo sull’illegalità dell’occupazione israeliana in Palestina. La richiesta dell’Onu riguarda “l’occupazione, l’insediamento e l’annessione di Israele, comprese le misure volte ad alterare la composizione demografica, il carattere e lo status di Gerusalemme, e l’adozione di leggi e misure discriminatorie correlate”. La risoluzione chiede inoltre alla CPI di esprimere un parere su come tali politiche e pratiche “incidano sullo status giuridico dell’occupazione” e su quali conseguenze legali derivino da tale status per tutti i Paesi.”

La rivista segnala inoltre che “sia l’approvazione della risoluzione Onu sia l’annuncio dell’avvio dell’indagine da parte del Tribunale dell’Aia sono state condannate da Israele: il premier Benjamin Netanyahu ha definito la richiesta di un parere della CPI una “decisione spregevole”.

Qualcosa si sta muovendo, sarebbe giusto, però, che anche per questi casi la CPI procedesse con la stessa celerità con la quale sta perseguendo gli abusi commessi dalla Russia nella guerra contro l’Ucraina, rispetto a cui si è arrivati a emettere un mandato di cattura internazionale contro il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.

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Note

Foto di copertina: Città di Hebron (Cisgiordania)

  1. B’Tselem – E’ un Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati si batte per un futuro in cui i diritti umani, la libertà e l’uguaglianza siano garantiti a tutte le persone, palestinesi ed ebrei, che vivono tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. B’Tselem (in ebraico letteralmente: a immagine di), è un’allusione a Genesi 1:27: “E Dio creò l’umanità a sua immagine. A immagine di Dio li ha creati”. Il nome esprime l’editto morale universale ed ebraico di rispettare e sostenere i diritti umani di tutte le persone. (da BTselem – Chi siamo)
  2. Agnès Callamard (Pierrelatte, 30 novembre 1964) è un’attivista, funzionaria e diplomatica francese, esperta di diritti umani e relatrice speciale per esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie nominate dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.(fonte Wikipedia)
  3. Masafer Yatta è un insieme di 19 villaggi palestinesi nel sud della Cisgiordania, situato tra i 14 ei 24 chilometri a sud della città di Hebron, nelle colline meridionali di Hebron. Le frazioni sono situate all’interno del confine comunale di Yatta. (fonte Wikipedia)

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