Laura Mazza
16-09-2019
Gli “affaristi” intorno al tavolo. E’ una brutta traduzione, ma fa capire immediatamente di cosa si tratta. E’ un’associazione senza scopo di lucro con sede a Washington nata nel 1972 come “Gruppo di Marzo” fondato dal Presidente Alcoa (1) (John D. Harper) e dal CEO General Electric (Fred Borch).
Era una tavola rotonda composta dagli amministratori delegati che si occupavano in modo informale delle questioni sociali, assieme a coloro che si occupavano degli utenti di costruzioni con scopo anti-inflazione (Roger Blough) per il contenimento dei costi di costruzione, e il Labor Law Study Group (LLSG) un comitato di studio del diritto al lavoro composto da dirigenti delle relazioni sindacali delle società.
Sono notizie, queste, fornite da Wikipedia che è un’utilissima fonte per aiutare chi come me non aveva mai sentito parlare di questa associazione, che in questa fase sembra avere assunto un atteggiamento molto diverso da quello che ci si potrebbe aspettare da CEO (Chief Executive Officer), insomma i dirigenti di grandi imprese che contano parecchio nell’economia globale.
Ebbene, il gruppo Business Roundtable che si è riunito quest’anno il 19 agosto con i massimi dirigenti di JP Morgan Chase, Apple, At&T, Amazon, General Motors, BlackRock e altri, in totale 200 società partecipanti, ha rilasciato un documento che ha creato abbastanza scalpore, soprattutto perché rende conto di come queste grosse società multinazionali abbiano finalmente inteso quale ruolo giocare nell’attuale capitalismo.
Sì perché il capitalismo attuale non sta funzionando come avrebbe voluto Milton Friedman, il vate che predicava l’importanza di un capitalismo libero di esprimersi per incrementare ai massimi livelli i profitti senza occuparsi di questioni sociali (il lavoro, l’esclusione degli ultimi, l’assistenza, e via così) perché sarebbero stati i mercati a risolvere ogni problema.
Il rapporto uscito da questo incontro prevede che oltre al profitto, le società debbano considerare anche la protezione dell’ambiente e il rispetto e la dignità del lavoro, ricordando che gli azionisti sono solo una parte dei 5 soggetti interessati ai progetti delle imprese, insieme ai consumatori, ai lavoratori, ai fornitori, e alle comunità locali.
Insomma si parla di un capitalismo più inclusivo.
Vale a dire che il capitalismo sembra avere compreso che le contraddizioni sociali e le crisi ambientali che ha innescato portano ad un grave insuccesso, e dunque, in questa fase il capitalismo si presenterebbe ancora come qualcosa che è capace di autoregolarsi risolvendo i problemi creati senza interventi sindacali e statali.
Questa nuova e inattesa sensibilità mostra una visione importante per incontrare i cittadini del mondo delusi e frustrati per la loro prospettiva socio-economica, ma ancora non sufficiente a riequilibrare l’attuale situazione.
Dovrebbero essere gli azionisti a premiare quelle società che producono lavoro correttamente remunerato, che svolgono il loro percorso contro la diseguaglianza, che incentivino l’educazione, la sanità senza ostacoli, che adottino sistemi di nuove procedure non impattanti da un punto di vista ambientale, insomma un valore aggiunto dato da una nuova attenzione alla società nel suo insieme per raggiungere un benessere davvero diffuso? Probabilmente succederà questa metamorfosi perché se le scelte del capitale saranno più orientate in questa direzione sarà un vantaggio per tutti.
Ma questo “New Deal Social and Green”, indubbiamente molto interessante, ha il difetto di fare passare sopra le teste dei cittadini scelte che non sono nate dalla loro volontà.
Chi si occupa di questi problemi nella società normalmente fa parte di un numero di persone scarsamente rilevante dotate di informazioni provenienti da forum tematici, ma tutti sappiamo che molti abitanti del globo ignorano, o sottovalutano i problemi sopra citati.
E il ruolo dei partiti, e della politica quale sarebbe? Quella di puri esecutori, oppure l’elemento di diffusione del pensiero critico?
E i giovani che spesso evitano ogni contatto con questioni politiche, cosa sapranno tramandare alle generazioni future?
Come la mettiamo con il consumo del territorio, con le trivelle, con l’Ilva di Taranto, tanto per fare qualche esempio.
Personalmente mi auguro che i futuri governi sappiano mantenere e assolvere al loro naturale ruolo della gestione del sociale perché tutti i cittadini possano crescere con la consapevolezza intellettuale necessaria. E comunque, che il capitale sappia riconoscere i danni causati è una prospettiva che non ci saremmo aspettati.
(1) Alcoa Corporetion ( Al-Alluminium, Co-Company of A-America) è la multinazionale che sta definitivamente chiudendo la sua presenza in Italia – Sardegna nonostante gli innumerevoli incontri con i sindacati
E’ un articolo molto interessante, grazie Laura.
Dal mio punto di vista e’ indispensabile la creazione di regole fiscali che siano armonizzate tra loro e impediscano l’utilizzo di strategie amministrative che consentano la creazione di enormi fondi di utili che vengono trattenuti al riparo dall’intervento fiscale. L’esempio di Irlanda, Lussemburgo, Olanda fanno testo perche’ consentono la creazione di paradisi fiscali che sono a solo vantaggio delle loro economie nazionali, ma danneggiano la concorrenza e le economie delle altre nazioni.
Cosi’ aziende che creano enormi utili evitando le tasse locali, creano
enormi serbatoi di ricchezza che viene tolta alle nazioni dove questa e’ stata originata e producono grosse distorsioni nei mercati.
L’ esempio di Google, Apple, Amazon, ecc. sta a dimostrare quanto inique siano le conseguenze del loro operato.
Sarebbe invece necessario dal mio punto di vista poter limitare la loro capacita’ di dominare il mercato e consentire la distribuzione degli utili
accumulati e consentire un minor divario nelle retribuzioni.
Molto interessante.
Forse il capitalismo ha compreso che per continuare a vivere non può più ignorare i conflitti sociali e problemi ambientali, quindi intelligentemente tenta di “riciclarsi”.
molto interessante che almeno qualcuno nel mondo del neo capitalismo riconosca il fallimento sociale e ambientale conseguente a queste filosofie, a questo si dovrebbe aggiungere il chiaro fallimento dell’economia di libero mercato, che ha soffocato i paesi più poveri frenandone lo sviluppo a favore dei paesi ricchi. Forse qualcuno comincia a capire che il mondo deve cambiare. Ma abbiamo ancora tempo per cambiare?