Gabriella Carlon
Data 03-10-2019
A cura del Wuppertal Institut è uscito nel 2011 un testo interessante: “Futuro sostenibile”, in cui si sostiene che piuttosto che di sviluppo sostenibile si deve parlare di futuro sostenibile. Infatti non si può ormai prescindere da un’economia globalizzata; se nei tempi passati era concesso a una piccola parte dell’umanità fruire di benefici e privilegi facendone pagare i costi alle periferie del mondo, oggi questo modello non regge più. Oggi gli esclusi premono sulle aree più ricche; la facilità delle comunicazioni e la riduzione delle distanze rendono la disuguaglianza non più sostenibile. Nel concetto di sostenibilità deve entrare dunque il rapporto con l’ambiente ma anche la distribuzione della ricchezza, perché solo una tendenziale giustizia sociale su base planetaria può consentire uno sviluppo armonico dell’ambiente e della società.
Paradossalmente l’Europa che ha, nel sistema mondo, largamente fruito di beni sottratti alle periferie, ha anche elaborato la teoria dei diritti umani universali, validi per qualunque essere umano. Ma come conciliare la sostenibilità sociale tendente all’uguaglianza con la sostenibilità ambientale?
E’ un dato acquisito che se tutti gli abitanti della terra avessero l’impronta ecologica (1) degli Occidentali, il pianeta collasserebbe, anche nell’ipotesi di una popolazione mondiale stazionaria (ipotesi per altro poco probabile; in presenza di aumento della popolazione la situazione sarebbe ancora più grave). Dobbiamo allora rassegnarci alla disuguaglianza? Se non cambiamo modello di sviluppo, sì. Se questo modello rimane l’unico a essere considerato valido, tutti lo adotteranno, come sta avvenendo, e infatti il pianeta si avvia al collasso.
Per preparare un futuro sostenibile bisognerebbe dunque creare modelli economici alternativi che permettano una più equa distribuzione delle risorse tra le diverse aree del pianeta. Chi ha un livello di benessere elevato dovrà ridurre la sua impronta ecologica: eliminare consumi inutili, combattere lo spreco, mettere in atto un’economia stazionaria che permetta prosperità senza crescita. Si rende necessario riequilibrare sia il rapporto con l’ambiente, riducendo l’uso delle risorse, sia il rapporto tra gli uomini, distribuendo più equamente la ricchezza.
Altro è il discorso per le aree disagiate, dove è necessaria una crescita, ma secondo modelli diversi da quello occidentale. Il Sud del mondo deve rendersi autonomo, cercando proprie strade di sviluppo. Si dovranno sviluppare agricoltura e industria, non secondo il modello neoliberale, ma secondo modelli puliti, compatibili con il territorio e con una giusta distribuzione dei beni. Le tecnologie più avanzate e una classe politica non corrotta possono rendere possibile tutto ciò.
Quali i rapporti tra i due mondi? Wandana Shiva (2) sostiene che non si deve parlare di paesi poveri perché rimasti indietro nello sviluppo, ma di paesi impoveriti perché derubati. Dunque il problema non è quanti aiuti mandare, ma smettere di portare via, instaurando rapporti paritari.
Per realizzare un futuro davvero sostenibile non possiamo però affidarci al mercato, ma deve intervenire la volontà politica degli Stati.
I provvedimenti più urgenti, secondo W. Sachs , sono:
• revisione del debito
• ecotasse (imposizione fiscale sul consumo di materie prime, energia,suolo)
• imposizione del rispetto dei vincoli ambientali e dei diritti dei lavoratori su tutto il pianeta
• eliminazione delle sovvenzioni agricole da parte dell’UE e degli USA , in quanto favoriscono i grandi agricoltori a scapito dei piccoli coltivatori del Sud del mondo;
• divieto di esportazione dei rifiuti tossici nei paesi del Sud
• partecipazione equa da parte del Sud allo sfruttamento della biodiversità.
Il progetto è utopico? W. Sachs (3) confida nell’Europa che, a suo giudizio, è capace, per la sua storia e la sua civiltà, di una missione cosmopolita. Sarà vero?
Note
(1)Indicatore che misura il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità dell’ambiente di rigenerarle e di assorbire i rifiuti.
(2) Scienziata e filosofa indiana, sostenitrice dei “diritti della terra”e dell’ecofemminismo. Dirige il Centro per la Scienza, Tecnologia e Politica delle risorse naturali di Dehra Dun.
(3)Sociologo, esponente del Wuppertal Institut dove dirige un progetto interdisciplinare “Globalizzazione e sostenibilità”.