Venti di guerra

Gabriella Carlon
09-03-2022

“Chiediamo la riduzione e il disarmo globali, lo scioglimento delle alleanze militari, l’eliminazione degli eserciti e dei confini che dividono le persone… di sancire la neutralità del nostro Paese con la Costituzione dell’Ucraina. La guerra è un crimine contro l’umanità. Pertanto, siamo determinati a non sostenere alcun tipo di guerra e a lottare per l’eliminazione di tutte le cause di guerra”.
Questo appello del Movimento Pacifista Ucraino, fatto proprio da Pax Christi Italia (Fonte: Mosaico di pace) ci riporta a un minimo di ragionevolezza, in mezzo a terribili venti di guerra e devastanti dimostrazioni di muscoli. L’unica via di uscita degna dell’umanità sarebbe quella di negoziare un accordo accettabile dalle parti contendenti, nonché garante della sicurezza dell’intera Europa.
Sarà possibile tornare a ragionevoli proposte dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina? Non c’è molto spazio per l’ottimismo. Da una parte l’attacco russo si ingigantisce, dall’altra l’Unione europea decide di mandare armi all’Ucraina (se non come Unione ma ogni singolo paese agisce in proprio), in un percorso di escalation che rischia di condurre a una guerra totale, con la spudoratezza di dire che si sta lavorando per la de-escalation.
Il linguaggio bellicoso e retorico dei nostri parlamentari mi farebbe pensare che la guerra totale sia già decisa e che la vicenda ucraina sia solo il pretesto. La cancellazione della Russia dalle manifestazioni sportive e culturali (addirittura la cancellazione, poi rientrata, di un corso universitario su Dostojevskiy) mi sembrano segnali di un paese che è già in guerra. Solo Papa Francesco ricorda la nostra Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra……” mentre il nostro Parlamento la ignora.
Tuttavia, visto che sono in corso anche trattative diplomatiche, vale forse la pena di rifarsi all’ultimo accordo raggiunto: il Protocollo di Minsk II (2015), accordo sottoscritto dall’Ucraina con la mediazione di Russia, Francia e Germania, cioè il cosiddetto Quartetto Normandia (così chiamato perché si riunì per la prima volta nel 2014 a latere delle celebrazioni del 70° anniversario dello sbarco in Normandia). Si trattava di trovare una soluzione alla guerra intestina scoppiata in Ucraina a seguito della scissione delle province con presenza russofona che si autoproclamarono Repubbliche indipendenti di Donetsk e di Lugansk. Il fatto che si cercasse un accordo nello scontro in atto mentre si ricordava lo sbarco in Normandia, sembrava di buon auspicio, perché l’accordo USA – URSS nella 2° guerra mondiale fu certamente decisivo per le sorti dell’Europa, che riuscì così a liberarsi del nazismo.
Il primo Protocollo di Minsk del settembre 2014 fu perfezionato nel febbraio 2015. Si prospettava un immediato cessate il fuoco (dal 15/2/2015) nel Donbass e la creazione di una zona di sicurezza da entrambe le parti sotto il controllo dell’OSCE. Gli articoli che prefiguravano una soluzione di lungo respiro erano: il 9 che prevedeva il ripristino del confine di Stato dell’Ucraina lungo tutta la zona di conflitto; il 10 che imponeva il ritiro di tutte le formazioni armate straniere, mercenarie o illegali; l’11 che prospettava una riforma costituzionale in Ucraina che concedesse ampia autonomia alle regioni in questione, incluso il diritto all’autodeterminazione linguistica. Nessuna delle due parti rispettò gli accordi, salvo lo scambio dei prigionieri avvenuto il 9/12/2019.
Forse vale la pena di ripartire da quegli accordi, che permetterebbero all’Ucraina di mantenere le sua integrità territoriale e al tempo stesso rassicurerebbero la Russia sul non insediamento di basi NATO in quel territorio. Vista la rapida espansione della NATO a est, contrariamente alle promesse dell’89 dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, non sembrerebbe fuori luogo una condizione di neutralità dell’Ucraina.
Purtroppo l’accerchiamento della Russia operato in questi trent’anni dalla NATO risponde ancora alla logica dei due blocchi usciti dagli accordi di Yalta, mentre nel frattempo i rapporti internazionali sono profondamente cambiati. La NATO, che non aveva più motivo di esistere, si è riciclata intervenendo in varie parti del mondo (contro la Serbia a sostegno del Kosovo, in Iraq, in Libia, in Siria, in Afghanistan) con risultati non certo apprezzabili.
L’Europa oggi non è più quella della Cortina di ferro: tra Est e Ovest gli scambi economici,  culturali, sociali sono cospicui. L’Unione Europea avrebbe interesse a coltivare e incrementare questi rapporti, ma purtroppo non ha una politica estera propria ed è completamente appiattita sulla NATO a decisa guida statunitense. A mio modesto avviso non aver tenuto distinte le due organizzazioni è il grande errore dell’U.E.
Senza ombra di dubbio l’attacco russo all’Ucraina è da condannare, come qualsiasi attacco militare, ma, se vogliamo esaminare le cause di questa guerra, mi sembra che non possiamo non vedere che è figlia sia del revanscismo russo, sia dell’esasperato nazionalismo ucraino, sia del rifiuto a concepire il mondo multipolare anziché unipolare. Da semplice cittadina la meta della pace mi sembra lontana.

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Note:
Foto di copertina da Milano Today

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