Pensieri da bar: Senso civico

Gabriella Carlon
15-05-2020
Ci stiamo tutti elogiando per il grande senso civico dimostrato nella Fase 1 del Coronavirus: per il rispetto delle regole, la pazienza nella reclusione, la creatività nell’inventarsi il modo di passare le giornate. Tutti eravamo preoccupati di salvaguardare la salute. Bene.
Nella Fase 2, talvolta anche contro il parere degli esperti, si procede con le aperture perché il pensiero dominante, forse anche giustamente, è diventato l’economia.
A questo punto si alzano cori incessanti di richieste di soldi allo Stato da parte di tutti: cassintegrati, artigiani, ristoratori, albergatori, agricoltori, esercenti, commercianti, partite IVA, industriali. Aziende piccolissime, piccole, medie, grandi chiedono che il deficit dei due mesi circa di mancato, o ridotto, ricavo venga colmato con soldi pubblici, pena la chiusura delle attività.
Per alcuni si tratta certo di reale necessità, ma per altri non suona come una specie di ricatto? E si badi bene, non si chiedono prestiti agevolati, ma somme a fondo perduto e “senza burocrazia”, che vuol dire senza procedimenti per accertare lo stato di necessità. E’ mai possibile che due mesi senza ricavi mandino sul lastrico, non solo i salariati (visto il livello dei salari e la precarietà del lavoro, è verosimile) ma tutta l’imprenditoria italiana? Ma non si sostiene da decenni che lo Stato non deve mettere becco nell’economia? Che il mercato si autoregola? Come fa il Presidente di Confindustria a pretendere con caparbietà aiuti a fondo perduto?
E chi pagherà il conseguente enorme debito dello Stato?
Vorrei ricordare che l’evasione fiscale è stimata in parecchi miliardi l’anno e che i depositi italiani nei paradisi fiscali ammontano, nella stima più bassa, a oltre cento miliardi.
Nella fase 2 il “senso civico” ci ha abbandonato?

Economia