Eraldo Rollando
30-10-2019
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
(Art. 1 Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo)
Il 10 dicembre 1948 è stata proclamata, nella sede dell’ONU, la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” – Lo scorso dicembre 2018, in occasione dei 70 anni da quell’evento, sono nati spunti di riflessione sulla reale universalità dei diritti, coinvolgendo una larga schiera di teologi, filosofi e giuristi.
Nel seguito, una rassegna per aree geografiche dei principali provvedimenti adottati dagli stati: permette di avere un quadro, con taglio divulgativo, seppure lacunoso e insufficiente, delle varie Carte e Dichiarazioni che si sono succedute; senza entrare nei singoli dettagli è possibile, inoltre, intuire quanto sia complesso il concetto di “diritti universali” e quanto questi “diritti” possano differire da un paese all’altro a seconda della sua collocazione geografica.
La premessa
1. Il Diritto umano
Con questa espressione s’intende l’insieme di tutte le garanzie giuridiche che permettono a ogni singolo cittadino di esprimere la sua individualità a vantaggio proprio e della comunità della quale fa parte, comunità locale o comunità sopranazionale.
Un principio talmente radicato che ci appare del tutto scontato, almeno per noi occidentali; naturalmente non è sempre stato così, e non lo è tuttora per l’universalità del genere umano.
2. Un po’ di storia (con parecchi salti e omissioni)
Il percorso per giungere alle definizioni odierne ha preso le mosse da molto lontano.
Gli storici del diritto fanno risalire i primi tentativi al 2050 a.C. con il codice del re di Ur, antica città sumera dell’odierno Iraq.
Sempre in area babilonese si ricorda il codice di Hammurabi (1780 a.C.), che prendeva in considerazione i diritti delle donne, dei bambini e degli schiavi; gli archeologi parlano del ritrovamento tra le rovine dell’antica Babilonia di un testo che può essere definito la prima “Carta dei diritti dell’uomo”.
Un impulso decisivo lo diedero i filosofi greci del periodo aristotelico (400-300 a.C.) con l’affermazione dell’esistenza del diritto naturale (jus naturalis), la cui sfera d’influenza primeggia sul potere politico dello Stato.
E’ un lungo percorso che attraversa anche l’antica Roma, con il diritto di cittadinanza riservato in un primo tempo ai cittadini romani ed esteso nel 212 d. C. a tutti gli abitanti dell’Impero. Va però ricordato che nel mondo antico non esisteva universalità del diritto perché era considerata naturale la schiavitù.
Fu nel 1215, in epoca medioevale, che si giunse a rendere concreta l’idea dei diritti dell’uomo con la“Magna Charta Libertatum“ (Link-testo in italiano in coda al latino) emanata dal Re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra, nei secoli modificata varie volte fino a giungere all’odierna Carta Fondamentale della Monarchia Britannica.
L’Habeas Corpus Act, già timidamente presente nella Magna Carta del 1215, prese definitivo vigore e forma nel 1679 per merito di Carlo II d’Inghilterra; con questa legge era stabilito, e lo è tuttora, almeno in tutti i codici occidentali, il principio che nessuno può essere sottoposto a restrizioni personali senza il consenso di un giudice.
Per inciso, vale la pena di ricordare che oggi il Regno Unito non ha una costituzione scritta, ma una serie di atti scritti e orali aventi valore costituzionale (1)
Alla fine del XV secolo, con la scoperta del Nuovo Mondo, si pose un grave problema concernente gli indigeni americani: erano uomini a pieno titolo o uomini inferiori? Dalla risposta dipendeva la legittimità della loro riduzione in schiavitù. Il dibattito fu molto aspro, ma sulle orme di San Tommaso, il domenicano Francisco de Vitoria (Università di Salamanca) rivendicò l’esistenza di un diritto naturale valido per tutti gli uomini, compresi gli indios americani. In questo clima, e a seguito della denuncia di Bartolomeo de Las Casas, papa Paolo III emanò una Bolla che condannava la schiavitù e l’Imperatore Carlo V, nel 1542, intervenne con le nuove leggi sulle libertà degli indigeni (che furono contestate con rivolte di grande durezza da parte degli encomenderos (2) che le rifiutarono) .
(1, continua)
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Note:
(1) A differenza di molte altre nazioni, oggi il Regno Unito non possiede un singolo documento costituzionale; la costituzione del Regno Unito, infatti, prende corpo in forma scritta attraverso un insieme di statuti (per esempio la Magna Carta o l’Act of Settlement, nonché trattati e decisioni giuridiche). Essa è costituita anche da altre fonti di natura orale, come le convenzioni costituzionali del parlamento e le prerogative reali.
Molte voci, nel tempo, si sono sollevate a favore della redazione di una Costituzione formale.
(2) L’encomienda coloniale consisteva nell’affidare a degli encomenderos spagnoli determinati territori abitati con, “in dotazione”, un gruppo di indigeni, che dovevano essere colonizzati e cristianizzati. L’encomienda fu quindi un’istituzione che permise di consolidare la colonizzazione dei nuovi territori, attraverso l’assoggettamento fisico, morale e religioso delle popolazioni precolombiane (fonte Wikipedia).