9 OTTOBRE – Marcia della pace e della fraternità

Gabriella Carlon
10 ottobre 2016
Come ogni anno si è svolta la Marcia Perugia – Assisi. Fa piacere che tante persone, anche di diverso orientamento, si ritrovino accomunate dal desiderio di pace, di disarmo, di fraternità. Purtroppo il mondo intorno a noi non sembra orientato a simili ideali: le zone di guerra sono molte. Dopo il crollo del bipolarismo e l’attacco alle torri gemelle del 2001, si sta estendendo una nuova forma di guerra non dichiarata, non combattuta solo dagli eserciti, sempre più priva di regole, coinvolgente la popolazione tutta, compresi i bambini. Le difficoltà per raggiungere ragionevoli compromessi, nonostante le dichiarazioni di buona volontà, sembrano insormontabili.

A chi giova tutto ciò? Difficile dirlo sul piano internazionale.
Comunque una categoria che certamente trae grandi vantaggi è quella dei fabbricanti e commercianti di armi. A livello mondiale la spesa militare ha avuto un incremento notevolissimo: dal 2002 al 2015 circa il 50%, superando i 1750 miliardi di dollari annui. All’interno delle spese militari ha subito un forte incremento anche la quota destinata agli armamenti: il fatturato dell’industria bellica è aumentato del 42%. Le stime sul commercio mondiale si attestano sui 100 miliardi nel 2015 a fronte di 50 miliardi nel 2001. Nel periodo 2011-2015 i primi due grandi esportatori di armi sono USA (33%) e Russia (25%);
l’Italia (3%) è tra i primi cinque paesi europei.
Il commercio delle armi è regolato dal Trattato del 2 aprile 2013 -ATT (Arms Trade Treaty), approvato dall’Assemblea dell’ONU e ratificato da numerosi stati. Il Trattato si propone di disciplinare il commercio delle armi e di prevenire il commercio illecito: viene proibito il trasferimento di armi convenzionali a paesi che le utilizzano per commettere atti in violazione delle Convenzioni internazionali ONU e dei Trattati di Ginevra. Lo stato esportatore deve accertarsi che non avvengano diversioni, cioè transiti che rendano lecito ciò che invece è proibito; il traffico di armi è purtroppo spesso legato al traffico di droga o alla tratta di esseri umani.

In Italia il commercio delle armi è regolato dalla legge 185 del 1990 che vieta l’esportazione a paesi in guerra e a paesi che violano i diritti umani. L’esportazione italiana è triplicata nel 2015 rispetto al 2014; negli anni 2010-2014 è diminuita l’esportazione verso i paesi dell’Unione Europea e aumentata quella verso l’Africa settentrionale e il Medio Oriente: la quota maggiore di quest’ultima va all’Arabia Saudita. Si notano anche scarsa trasparenza o aggiramenti della legge, tanto che spesso armi italiane finiscono in paesi in stato di guerra.
L’Italia è impegnata su vari fronti in cosiddette missioni di pace. Essendo inoltre sede di basi sia NATO che USA, non può non mettere a disposizione gli aeroporti militari di competenza per far decollare gli aerei che bombardano i luoghi caldi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Val la pena di ricordare il cambiamento di obiettivi della NATO dopo il tracollo dell’URSS: da alleanza difensiva si è trasformata in organismo militare che interviene a protezione della popolazione civile oppressa dai propri governanti; di fatto interviene in paesi in cui siano minacciati gli interessi dei paesi dell’alleanza. La NATO agisce come esercito europeo (per Statuto a guida statunitense); infatti espande le sue basi nei paesi dell’ex Patto di Varsavia in concomitanza con l’ingresso di tali paesi nell’UE. Ciò non contribuisce al mantenimento della pace (caso Ucraina).

Inoltre nelle guerre in Iugoslavia, Afghanistan, Libia la NATO è divenuta di fatto lo strumento armato dell’ONU. Ma può l’ONU affidarsi a un esercito di parte?

Ben venga dunque l’appello della Tavola della pace e della Rete della pace che invitano a lavorare ogni giorno per sradicare l’idea che “la guerra è inevitabile e dunque dobbiamo essere pronti a farla tutte le volte che è necessario” o l’altro pensiero purtroppo comune che “dobbiamo impedire a chi cerca rifugio nel nostro continente di arrivare da noi”. Ma per combattere queste convinzioni deve scomparire dal nostro orizzonte culturale la categoria del nemico, per improntare i rapporti tra i popoli alla fratellanza. Solo con queste premesse si potrà parlare di disarmo.
Ecco perché Marcia della Pace e della Fraternità.

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