Il grande disastro del carrello del té (*)

Laura Mazza
08-11-2020
Vi voglio raccontare quello che mi è capitato nel mese di agosto. Non in vacanza.
Per motivi vari, non solo non ho avuto quello stacco mentale che le vacanze ci consentono, ma si sono accavallate tante situazioni eccezionali che difficilmente avvengono tutte insieme.

L’elenco è presto fatto: 1 agosto – blocco dell’ascensore; 2 agosto – blocco della corrente con freezer e frigorifero che rifiuta di riattivarsi però emette in continuo un suono che non mi lascia nemmeno pensare a cose normali. Decido quindi di spegnerlo ma devo svuotarlo di tutto il contenuto. Non è cosa semplice. Al quinto giorno riesco a riaccenderlo, a riempirlo di nuovo e anche a farlo tacere.
8 agosto – a un parente stretto rubano portafogli e documenti. E l’ascensore continua ad essere difficilmente utilizzabile anche se, via telefono, l’ascensorista mi suggerisce delle indicazioni.
Tra il 12 e il 14 agosto non funzionano gli scarichi della lavatrice e della lavastoviglie; si rompe il sistema di chiusura della vasca da bagno e durante la notte piccoli atti di vandalismo sull’auto posteggiata sotto casa; salta di nuovo la corrente e blocca il cancello di uscita da casa e per finire una grave perdita di acqua fa cadere l’intonaco di un angolo di soffitto sulle scale (non abito in un condominio). E arriviamo fino al 30 agosto quando la lavatrice non carica l’acqua; e poi piccoli intermezzi tipo un fastidioso problema di salute nel tentativo di friggere due dita insieme a quello che avevo immaginato di preparare; l’auto che non parte e altri piccoli arnesi che non vogliono proseguire nel loro “lavoro”.

Perché racconto tutto questo, è solo perché alla fine sembrava uno scherzo del destino e dopo la rabbia c’era la risata. Ma il vero problema è che l’agosto è un periodo particolare ed è molto complicato trovare qualcuno che possa provvedere alla sistemazione delle cose che non funzionano.
E di cose che non funzionano ne abbiamo viste tante. La verità è che abbiamo già sperimentato tutti quanti durante con l’ormai famoso look down il significato di essere parte di una macchina inceppata, scadenze che slittano ma non si sa fino a quando, istituzioni importanti come le Agenzie delle Entrate che chiudendo lasciano l’utente senza risposte; le Banche che accettano i clienti solo su appuntamento, ma non si riesce a parlare con qualcuno per averne uno; gli uffici comunali chiusi e gli impiegati che lavorano in smart working; i crediti che dovresti riscuotere, perché avevi pagato di più, chissà quando saranno esecutivi; gli ospedali che rimandano visite e controlli perché l’emergenza Covid-19 ha prosciugato ogni risorsa. E poi ognuno può aggiungere il proprio caso e ogni difficoltà subita.
Tirando le somme, è una pandemia che ha fatto da cartina tornasole perché tutto funzionava in modalità automatica, ma quando si inceppa il meccanismo si nota l’inefficienza in una società che si crede moderna.
Chi ha bisogno di sussidi, o di documenti urgenti che bloccano una serie di attività.
Chi lavora troppo perché deve mantenere aperti i supermercati, o gli infermieri e i medici delle rianimazioni, e via così.

La situazione ha mostrato un tessuto sociale che si è manifestato tutto sommato solido, ma ha anche mostrato quanta approssimazione e quanta inutile burocrazia esiste nella dirigenza dell’attività pubblica. La cosa più grave è che finita la pressione della paura in molti hanno immaginato che il virus non avrebbe potuto ritornare, e così, durante l’estate molti si sono convinti che il peggio era stato superato e dunque discoteche, bar, ristoranti hanno allentato le attenzioni necessarie lasciando intendere che non ci fosse più la necessità di temere dei contagi. I “giovani” ai quali la società ha assegnato la spensieratezza e la voglia di movida sono stati accusati di troppa leggerezza.
Adesso sono di nuovo puniti con un altro lungo periodo di “insegnamento a distanza” perché la scuola non ha preparato il proprio futuro; professori che non hanno potuto durante l’estate iscriversi ai concorsi, nuove assunzioni che avrebbero potuto fare fronte a orari differenziati, e adesso, chi riuscirà ad essere presente, dai professori al personale ausiliario della scuola, o dovrà fare troppo o non riuscirà a fare quel minimo indispensabile. Però si è parlato molto dei banchi con le rotelle.
Situazioni di difficoltà che emergono tutti i giorni. Forse non ci sarà un’offensiva del Covid-19 come durante la primavera, ma quando si è in una guerra si preparano con cura tutti gli approvvigionamenti e tutte le retrovie perché è fondamentale sopravvivere ad ogni attacco. Studiavamo già alle scuole medie la cura con cui venivano gestiti gli eserciti dei Romani.
Invece dopo la scuola anche la gestione burocratica della salute non ha previsto un progetto di contenimento dei nuovi contagi attesi già da tempo. Riattrezzare le strutture, e procedere a nuove assunzioni di tutti gli operatori ospedalieri.
E non parliamo dei trasporti che si sono sentiti liberi dagli eventuali contagi e hanno di nuovo treni e metropolitane pieni di persone, sì con le mascherine obbligatorie ma nessuno controlla se per esempio la mascherina c’è, ma viene tenuta sotto il naso. Forse è un vezzo, o forse è una dimostrazione di forza, adesso però avendo deciso di chiudere teatri, cinema, ristoranti sicuramente possiamo stare tranquilli!
I “ristori” che sono stati promessi non risolveranno i problemi di una società colpita dalla diseguaglianza sociale e senza futuro. Al tempo della prima ondata della pandemia tutti abbiamo sognato una società solidale, qualcuno andava a fare la spesa agli anziani, altri cantavano e suonavano per la gioia di sentirsi uniti a una umanità che merita sicurezza del lavoro ben gestito e la condivisione di una ricchezza che proviene da una natura rispettata. Tutti abbiamo sognato una ripresa green in un’atmosfera di cambiamento di passo. Politici, sociologi, economisti, nel periodo della prima ondata di contagi hanno rilevato che la struttura sociale modellata su l’attuale sistema economico per nulla inclusivo per tutti i cittadini non è in grado di fare fronte a situazioni di difficoltà anche solo temporanee. Il Welfare, quando esiste, non può appianare le mancanze di chi ha perso il lavoro più o meno regolare. E’ un impoverimento continuo della società che non riesce ad evolversi e non riesce a migliorare il sistema. Progetti di un radicale cambiamento potrebbero essere la via d’uscita per chiudere con un sistema che lavora solo per produrre denaro fine a se stesso. Ma chi non ha intenzione di immaginare un Mondo diverso persiste nel proprio obiettivo.

Sarebbe però meglio ricordare che l’avidità di ricchezza è portatrice di distruzioni ambientali e non solo, come ha già dimostrato la storia di popoli scomparsi, annientati dagli sconvolgimenti climatici.
Un cambio di rotta non è più rimandabile.

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(*)   la frase del titolo era spesso pronunciata da un personaggio di una serie di fumetti a strisce nata nel 1960 e durata fino al 2012.
Il personaggio si chiamava Bristow un impiegato di una multinazionale dove non c’era nessun tipo di innovazione perché tutto doveva continuare sempre nello stesso modo. Il disegnatore era Frank Dickens. Non si è mai saputo cosa volesse dire quella frase se non che sarebbe stato molto più interessante un simile colpo di scena.

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