Gabriella Carlon
12-03-2021
Le numerose manifestazioni per la pace che si sono svolte nel mondo a un anno dalla seconda fase della guerra in Ucraina sono passate nel silenzio quasi totale dei nostri media.
Oltre la manifestazione di New York del 14 gennaio, tra il 24 e il 25 febbraio nell’ambito della campagna Europe for peace (clicca per leggere) si sono organizzate manifestazioni in tutte le capitali europee e in numerose altre città in Francia, Germania, Spagna e Portogallo.
In Italia almeno un centinaio di città grandi e medie hanno visto presidi, sit in, marce e fiaccolate: dalla marcia notturna Perugia- Assisi (partenza alla mezzanotte del 23 e arrivo alle 6 del 24) alla fiaccolata dal Colosseo al Campidoglio a Roma. Il silenzio dei media ha regnato quasi sovrano. Perché? Forse che il pensiero pacifista non ha diritto a uno spazio nel dibattito pubblico? Si teme che sia più attraente della retorica del “la guerra in Ucraina salva i nostri valori”? Che l’opinione pubblica, già poco incline alla guerra e all’invio di armi, vi si opponga in maniera più decisa? Ma in una democrazia il diritto all’informazione non è un fondamento necessario? Ma la nostra informazione, in particolare televisiva, è davvero libera? O siamo un paese già in guerra e quindi chi scende in piazza auspicando la pace è un “disertore”?
Qualcuno, se può, trovi delle risposte.
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