Israele – Il dito contro

Eraldo Rollando
10-04-2019
È il dito puntato, ancora una volta, dall’ONU contro lo Stato d’Israele per i fatti accaduti nella Striscia di Gaza nel periodo 30 marzo – 31 dicembre del 2018.

I fatti
In quel periodo numerose furono le manifestazioni di protesta, che hanno preso il nome di “Marcia del Ritorno”, nelle quali i discendenti dei rifugiati, che avevano perso le loro case nel 1948 (1), chiedevano di ritornare in possesso dei loro territori ormai inglobati nello Stato di Israele.
Lo Stato si è sempre opposto affermando che in questo modo si sarebbe distrutto il carattere ebraico del Paese.

Marcia del Ritorno – manifestanti palestinesi

A Gaza, in particolare, ma anche in Cisgiordania e a Gerusalemme il 30 marzo 2018 prese l’avvio la Grande Marcia del Ritorno, in occasione della Giornata della Terra (che segna per i palestinesi l’ulteriore espropriazione da parte del governo israeliano di proprietà arabe in Galilea, avvenuta il 30 marzo 1976).
L’obiettivo era quello di mettersi in marcia e attraversare i confini di Israele per raggiungere i villaggi espropriati nel 1948. Le contromisure messe in atto dal governo furono imponenti: fu schierato l’esercito e appostati tiratori scelti, in particolare al confine con la Striscia, per prevenire e contrastare attentati.
La reazione fu violenta: nella sola giornata del 30 marzo, a Gaza, furono uccisi 16 manifestanti e feriti altri 1500. Durante il periodo degli scontri sono morte almeno 63 persone e altre 2700 sono state ferite, nella maggioranza colpite con proiettili veri.

L’intervento dell’ONU
            Dopo gli innumerevoli richiami rivolti a Israele per le continue violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani, mai ascoltati (2), il Segretario Generale Antonio Guterres ha deciso di intervenire, dando mandato all’Alto Commissariato di Ginevra sui diritti umani di costituire una Commissione d’inchiesta internazionale e indipendente sui fatti di Gaza narrati sopra.
A indagine terminata, nonostante l’ostilità e il negato accesso da parte di Israele alla Commissione nelle zone oggetto di indagine, il 25 febbraio di quest’anno sono state rese pubbliche le risultanze, sintetizzabili nella frase: “The commission found reasonable grounds to believe that individual members of the Israeli security forces, in the course of their response to the demonstrations, killed and gravely injured civilians who were neither directly participating in hostilities nor posing an imminent threat” ( punto 114 del Report), che liberamente potrebbe essere riassunta nel seguente modo: ci sono ragionevoli motivi per ritenere che la risposta delle forze di sicurezza israeliane alle manifestazioni palestinesi della Marcia del Ritorno includa violazioni gravi delle leggi  internazionali umanitarie e di difesa dei diritti umani.
Il testo del Rapporto – in inglese- è scaricabile quì (clicca) 
Si è in attesa che l’Assemblea Generale discuta il Report. Rimandiamo le conclusioni a quella sessione.

Israele, è colpevole. Già, ma ….
… lo è anche il popolo ebraico che vive nei confini?
Forse è bene ricordare che esiste una sostanziale differenza tra ebraismo e sionismo (4). Israele è un Paese in cui si svolgono regolarmente elezioni democratiche e una parte di questi elettori porta sicuramente una responsabilità: quella del voto per una classe dirigente intransigente e dura, responsabilità sicuramente motivata e in parte comprensibile a causa di millenni di vessazioni, privazioni e violenze di ogni genere subite.
Ma l’idea che gli ebrei, come popolo, abbiano la colpa nell’interminabile conflitto con i palestinesi è come dire che tutti gli italiani sono mafiosi, i tedeschi nazisti, i rumeni ladri, e che i neri si muovano bene solo a suon di musica.
Non si può e non si deve porre come problematica l’esistenza dell’ebraismo, ma l’esistenza del sionismo ha sicuramente creato ciò che da lungo tempo è sotto gli occhi di tutti e che preoccupa il mondo.

E figlia dell’ideologia politica è la votazione della legge “Nation-State”, citata di seguito, passata alla Kessnet (parlamento monocamerale di Israele) con 62 voti a favore, 55 contrari e due astenuti (maggioranza 52%).
Gli ultimi cento anni di storia raccontano come la dirigenza d’Israele abbia attuato una politica di conquista territoriale a danno delle popolazioni preesistenti. Per un approfondimento cliccare quì
L’oggi continua a mostrare una politica governativa che, sorda ad ogni appello e ad ogni iniziativa di pace sia interna che internazionale, continua a prevaricare un popolo ormai allo stremo, che si può riassumere in poche righe:
– Il 9 Luglio 2004 la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha dichiarato
illegale il muro dell’apartheid che Israele sta costruendo nella West Bank (Cisgiordania), ma la costruzione continua.
– Gli insediamenti dei coloni ebrei in territori palestinesi proseguono a passo spedito.
– La risposta agli attacchi palestinesi non è mai stata all’insegna dell’equilibrio, ma costantemente caricata di violenza estrema e fortemente sproporzionata.
– Nel luglio 2018 approvata la nuova legge chiamata “Nation-State” (Stato nazione) in cui si dice che Israele è la nazione del popolo ebraico e che “la realizzazione del diritto all’autodeterminazione nazionale, in Israele, è esclusiva del popolo ebraico“. Nulla viene detto dei cittadini israelo-palestinesi.

Fino a qui le responsabilità di Israele. Esistono però anche altre responsabilità che non possono essere ignorate. In breve:

Sul fronte opposto,
            tutti santi? Certo che no. E’ illuminante la lettera aperta scritta ai leader palestinesi nell’aprile del 2016 da Alon Ben-Meir (3) nella quale, tra l’altro, dice: “Voi parlate a nome della vostra gente, ma ascoltate davvero le loro grida disperate? Sentite il loro dolore? Sperimentate mai le loro condizioni di vita? Avete idea della loro disperazione? Se così fosse, non avreste permesso che anche un solo palestinese soffrisse impotente un giorno di più”
Qui il link per leggere la lettera (in italiano)
E’ di questi giorni il proditorio lancio di un missile da Gaza a Tel Aviv, con conseguente durissima reazione di Israele. Ce n’era bisogno?

Gli Stati Uniti,
            da sempre alleati con Israele, considerano quest’ultimo l’unica “ridotta militare” per tenere sotto controllo le turbolenti aree medio orientali e i propri interessi economici e commerciali, petrolio in primis. La politica USA, altalenante a seconda del momento politico in patria, ha tentato varie volte, alternativamente, la carta del pacifismo e del ricorso alla mano dura.
L’attuale posizione del governo di Washington, nell’allineamento perfetto Trump – Netanyahu, sembra volere ignorare l’instabile equilibrio geopolitico dell’area medio orientale, e non solo, andando a “mettere le mani” su due temi di forte impatto emotivo e politico:
– Spostamento dell’Ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme.
     – Riconoscimento ufficiale delle alture del Golan come territorio israeliano (area siriana occupata da Israele nella guerra dei sei giorni del 1967).
D
ue eventi stigmatizzati dalle cancellerie di mezzo mondo (ONU e Europa in testa) per i pericoli che ne possono conseguire.
Che dire quindi se, pur con tutte le sue non secondarie colpe, il Movimento palestinese, ora guidato dall’ala dura e oltranzista di Hamas, reagisce con violenza?

Note
(1) In quella occasione furono più di 750mila i palestinesi cacciati con la forza dalle loro città e villaggi dopo la proclamazione dello Stato di Israele, in quella che i palestinesi chiamano la “Nakba” la catastrofe

(2) In 70 anni, 70 Risoluzioni del Palazzo di Vetro contro Israele non sono state recepite(Mosaico di Pace)  Clicca per accedere
Mosaico di Pace è la rivista mensile promossa dalla sezione italiana di Pax Christi – movimento cattolico internazionale per la pace – diretta da Padre Alex Zanotelli

(3) Alon Ben-Meir è un esperto americano in Medio Oriente, nato a Baghdad da famiglia ebrea. Si è laureato in giornalismo a Tel Aviv, è professore alla New York University e attivo negli incontri ad alto livello per ristabilire condizioni di pace tra israeliani e palestinesi.

(4) Sionismo: Movimento politico e ideologia volti alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina -da Sion, nome della collina di Gerusalemme. (Enciclopedia online Treccani)

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