Mali – Sommosse, colpi di stato e terrorismo jiadista

Gruppo Corallo (a cura di Eraldo Rollando)
15-03-2017

Il Mali è uno Stato dell’Africa occidentale situato all’interno e senza sbocchi sul mare. Ha una popolazione di circa 17milioni di abitanti, con capitale Bamako.
Nella corsa alle colonie la Francia, nel 1888, conquistò l’antica città di Timbuctu e tutto il territorio inglobandolo nell’Africa occidentale francese, assieme a molti Paesi vicini. Nel giugno 1960 ottenne finalmente l’indipendenza. Da allora la sua storia politica è estremamente travagliata a causa, soprattutto, del popolo tuareg che rivendicava circa metà del territorio (l’Azawad, che rappresenta la parte settentrionale del paese).
In circa 50 anni si sono registrate almeno 4 ribellioni più importanti e 3 colpi di stato, l’ultimo nel 2012. Contemporaneamente a quest’ultimo fatto, i movimenti per l’indipendenza tuareg dell’Azawad riprendevano le armi ridando il via alla guerra civile. L’autoproclamata Repubblica settentrionale del Paese ebbe vita breve (dal 6 aprile 2012 al 14 febbraio 2013) a opera di una forza multinazionale, intervenuta su mandato ONU, e la guerra finì.
Il cosiddetto Stato Islamico (ISIS), che nel frattempo si era insediato nel nord del Paese, appoggiando Aqim (miliziani di un gruppo locale che si fa chiamare “al Qaida nel Maghreb Islamico”), approfittò del clima incandescente per abbandonarsi a una serie di violenze contro la popolazione civile del nord con l’obiettivo di imporre la legge islamica (la Sharia) e prendere possesso dell’area; almeno su questo fronte, l’intervento tempestivo della Francia, con l’appoggio di forze degli Stati Uniti e Canada, pose fine nel luglio 2014 a quel progetto destabilizzante, ma la situazione è rimasta fortemente critica in tutto il nord.
Il processo di stabilizzazione generale del Paese, avviato a inizio 2015 con l’aiuto di funzionari Onu e della Francia, procede con grandi difficoltà, e le elezioni amministrative del 20 novembre 2016 non hanno frenato la scia di sangue.
Nonostante il successo dell’offensiva francese e il tentativo di stabilizzazione del Paese ancora in corso, la guerra in Mali non è conclusa: le forze dei miliziani di Aqim, seppur deboli e duramente colpite, considerano l’Azawad un loro territorio, un bastione da riconquistare e difendere. Il rischio che il Mali si trasformi in un Afghanistan africano, considerando la presenza di milizie islamiche e dei rivoltosi tuareg, non è per nulla scongiurato.
La Francia resta, comunque, in prima linea a presidiare la sicurezza del Paese, sia per ragioni storiche che per interessi economici. Il Mali, infatti, è un grande forziere di uranio, gas e petrolio, nonché ricco di risorse minerarie, come il ferro, il rame e l’oro.
Ma il Paese, nonostante le sue ricchezze, è uno dei più poveri del mondo, a causa della continua instabilità politica e delle guerre interne. Purtroppo, sono migliaia i migranti in fuga dalla guerra e dalla miseria. Si calcola che tra 2015 e 2016 circa 12mila maliani siano sbarcati solo in Italia. L’UE non riconosce loro lo status di rifugiati, e il 12 dicembre 2016 ha firmato con il Mali il primo Migration Compact in Africa (dopo quello con la Turchia nel marzo dello stesso anno, per chiudere la “rotta est” dell’immigrazione). L’accordo ha lo scopo di fermare, o almeno limitare, le partenze dei migranti e favorire il rimpatrio di quelli a cui è stata respinta la richiesta di asilo. In cambio Bamako riceverà finanziamenti per 145,1 milioni di euro.
Anche in Mali si dovette assistere al dramma dei bambini soldato ad opera del cosiddetto Stato Islamico. Arruolati coattivamente, schiavizzati e costretti a combattere, al cessare delle ostilità, molti furono imprigionati con pesanti accuse di terrorismo: ragazzi e bambini di età inferiore ai 16 anni detenuti assieme agli adulti e senza alcuna garanzia legale. Gran parte di loro è detenuta nel carcere di Bamako, la capitale, dove Amnesty International è riuscita ad entrare e raccogliere le testimonianza dei piccoli prigionieri.

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