TTIP: a che punto siamo

Laura Mazza
28/1/2016

QUALCHE NOTIZIA SUL TTIP (TRATTATTO TRANSATLANTICO SUL COMMERCIO E SUGLI INVESTIMENTI)
Le ultime notizie pubblicate sul Huffington Post il 20 gennaio 2016 da Alfredo Somoza parrebbero più tranquillizzanti riguardo il procedere di questo trattato non ancora firmato. In realtà già sapevamo che durante il periodo pre-elettorale l’attuale Presidente U.S.A. non avrebbe potuto portare a termine la firma dell’accordo a causa di una sorta di sospensione di eventuali futuri impegni prevista dalla loro Costituzione per evitare inutili lungaggini qualora il prossimo Presidente non fosse d’accordo con la politica del suo predecessore. Era questa una piccola speranza coltivata in attesa che l’Europa e, per quanto ci riguarda, il nostro governo comprendessero che non era un accordo così remunerativo. Alcuni dati davano le cifre di quali guadagni ci sarebbero stati. Uno studio del 2013 commissionato dalla Commissione Europea  al CEPR (Centro per la ricerca sulla politica economica) dava come risultato un ipotetico guadagno di € 545,00 euro a famiglia all’anno che comunque non sarebbe stato realmente versato, ma sarebbe stato un aumento dello 0,5% del PIL. E, comunque, un magro guadagno subordinato al fatto che sarebbe stato necessario abbattere l’80%  delle barriere non tariffarie, con la rassicurazione che non ci sarebbero stati cambiamenti nello standard europei di sicurezza e protezione della salute. Ma per l’abbattimento delle barriere non tariffarie ci vorrebbe un lungo lavoro per l’armonizzazione delle norme stesse e forse non sarebbe stato poi così vantaggioso per l’Europa. (spunti da una relazione di Tiziana Beghin- Movimento 5 stelle- portavoce al Parlamento Europeo).

Il TTIP avrebbe dovuto essere già firmato entro la fine del 2014, ma oltre alla difficoltà già enunciate, questo trattato ha suscitato grandi opposizioni sia in Europa sia negli U.S.A. tanto che è approdato senza nulla di fatto nel 2015. Mentre scriviamo ci troviamo nel 2016, ma non c’è da rimanere tranquilli anche se  Giorgio Kadmo Pagano dell’Università la Sapienza di Roma dice che se il prossimo presidente degli U.S.A  fosse un repubblicano deciderebbe per lo stop di questo trattato. Certo noi non sappiamo se dovremmo rallegrarci o no, viste le opzioni politiche tra democratici e repubblicani, ma quello che appare comunque problematico lo dice Somoza richiamando il problema non ancora affrontato della tutela dei marchi agroalimentari (IGP, DOP, STG*). Per l’Italia 161 prodotti sono DOP e 106 sono IGP e 2 STG, ma non c’è la minima corrispondenza con gli Stati Uniti perché il problema della tracciabilità o la territorialità o la tipicità di un prodotto semplicemente non è contemplato dalla legislazione U.S.A. e rimane soltanto un problema dei consumatori, anzi è molto in voga l’Italian sounding (nome somigliante in italiano) per la vendita in loco di parmigiano, gorgonzola, prosciutti, vini. Ma questi produttori dell’ l’Italian sounding addirittura vorrebbero sbarcare in Europa e magari persino in Italia con prezzi competitivi.
Avevamo già visto tutto il problema che si sarebbe sollevato con l’ISDS (Investitor to State Dispute Settlement: risoluzione delle controversie tra stato e investitore) qualora per esempio venisse impedita in qualche modo la comparsa del parmisan di qualche multinazionale dell’agroalimentare nei nostri supermercati. Gli Stati e i produttori nazionali non possono ricorrere a questo tribunale, possono farlo solo le multinazionali, ma queste ultime possono portare in giudizio un governo che dovesse resistere all’aggressione approvando leggi a tutela dell’ambiente e dei consumatori, solo perché in questo modo verrebbero minacciate le prospettive di profitto delle citate multinazionali.
E come non parlare dell’aggressione di gruppi di multinazionali che si proponessero di gestire Sanità, Acqua. Energia, Servizi finanziari, Proprietà intellettuale, per esempio il tema dei diritti digitali e la diffusione della conoscenza, oppure i brevetti dei farmaci.
Vi risparmierei la lettera di Carlo Calenda, l’allora Vice Ministro allo Sviluppo economico, che non giudicava troppo pregiudizievole questo trattato, che come già detto più sopra, avrebbe prospettato interessanti guadagni per l’Italia. Calenda sostiene che ha avviato una sospensione di capitoli troppo controversi riguardo a tariffe, e servizi, il tutto condotto con la massima trasparenza. Peccato che in Italia, non so altrove, non se ne parli proprio di TTIP se non in un paio di trasmissioni tv in orari improbabili. Quello che intendo dire è che non è un argomento comune e che la maggior parte delle persone non sa assolutamente di cosa si tratti.
Concludo con una piccolissima maldicenza: Carlo Calenda è stato nominato da Renzi rappresentante dell’Italia a Bruxelles al posto dell’ambasciatore Sannino. Lo scopo di questa operazione inconsueta che promuove un Vice Ministro al posto di un Diplomatico è quella di affidare a un manager la promozione del sistema-paese. Carlo Calenda, è un  manager molto vicino a suo tempo a Montezemolo e poi a Confindustria dove ha lavorato sui principali dossier relativi ai commerci e agli investimenti internazionali. (notizie prelevate da Il Fatto Quotidiano del 21/1/2016).
A pensar male si fa peccato?
*STG Specialità Tradizionale Garantita

Visualizza l’appello :

Economia