Una lunga estate faticosamente vissuta

Laura Mazza
26-9-2016
Attentati, sbarchi, rifugiati, burkini, Olimpiadi, presidenza U.S.A., TTIP, terrorismo, Brexit. Si parla di diritti, di Europa, di capitalismo, economia, territorio, e il filo conduttore è stata la paura ma anche l’incomprensione, e la consapevolezza del fatto che ci si trovi di fronte a svolte epocali e irreversibili che sono al di sopra del nostro controllo. L’Europa diventerà una vera federazione di Stati, oppure prevarranno gli interessi degli Stati-nazione?
La questione più preoccupante di tutte è però la sensazione di vivere in una democrazia formale che non trova il suo fondamento in un comune sentire dei cittadini. Gli intenti e gli obiettivi sembrano privi di solidità, sottoposti agli interessi prevalenti di gruppi di interesse, mentre i cittadini difficilmente hanno una piena consapevolezza delle poste in gioco.
I motivi sono noti: le informazioni sono molte ma nessuna di esse viene presentata in modo davvero approfondito e spesso vengono tralasciati quei riferimenti che sarebbero in grado di fornire una vera conoscenza dei fatti; per contro i cittadini hanno ben compreso che il loro parere non viene richiesto se non per fatti molto marginali e superficiali come ad esempio la questione burkini.
La precarietà a tutti i livelli porta con sé tensioni molto forti tanto da fare confondere il gesto di uno squilibrato con gli attentati che hanno funestato questi ultimi mesi.
L’ipotesi che più facilmente prende corpo è che ci sia una precisa volontà di creare uno scontro di civiltà e di religione che alimenta i fondamentalismi e impedisce di cogliere quale sia la realtà sottostante.
Il caso più evidente è la situazione della Siria: città rase al suolo, uso di armi ufficialmente non consentite, flussi inarrestabili di rifugiati, distruzione del Patto di Shengen, pericolose divisioni del territorio con conseguente occupazione di questi stessi territori da parte dei terroristi dell’Isis, raid aerei di Gran Bretagna, Francia, U.S.A., Russia, grandemente distruttivi per la popolazione, ma silenziosamente approvati da tutti pur di sbaragliare una volta per tutte l’auto proclamato Stato islamico.
Quello che però viene dimenticato da tutti è che la Siria tra il 2006 e il 2010 ha sofferto una tremenda siccità, ma ha anche sofferto di un esagerato sfruttamento delle terre e di irrigazioni continue richieste dalle multinazionali per le proprie attività di land-grabbing (accaparramento della terra) e water-grabbing (accaparramento dell’acqua) ottenute con la complicità del regime locale.
Persi i mezzi di sussistenza dovuti a moria del bestiame e alla scomparsa delle colture di grano, orzo, peperoncino di Aleppo, gli agricoltori hanno abbandonato le terre e le città.
Il rincaro dei prezzi del grano ha scatenato le prime rivolte dette delle “primavere arabe” e l’Isis ha approfittato per inserirsi tra “governativi” e “ribelli” e ha innescato la miccia dell’accaparramento del petrolio della zona per i suoi macabri progetti.
Ancora una volta questa tristissima pagina della nostra storia è scritta da qualcuno che nel mondo globalizzato ha usato potere e denaro per distogliere l’attenzione dei più dal disastro della Siria con l’intenzione per niente nascosta di minare le basi della già precaria democrazia europea.

Mondo