Vivere nel mondo libero

Gabriella Carlon
20-05-2024
In Occidente viviamo nel mondo libero, detto anche democratico.
Infatti possiamo esprimere le nostre opinioni senza timore di essere perseguitati,  anche se poi, nella sostanza, i nostri pensieri sono del tutto ininfluenti su chi prende le decisioni che contano. Tuttavia la libertà di espressione è garantita. Qualche problema può nascere se si manifesta il proprio pensiero non in privato, ma con cortei in luogo pubblico: si può rischiare di essere manganellati o repressi in vario modo (non è piacevole quello che sta accadendo attualmente nelle Università).
Altra faccia della libertà di espressione è la libertà nel campo dell’informazione. La Costituzione (art. 21) ci garantisce un’informazione non soggetta a censure, pluralistica e libera, che dovrebbe formare un’opinione pubblica adeguatamente informata, capace di decisioni consapevoli. Fondamentale in questo campo è la  proprietà dei mezzi di comunicazione (dalla stampa alla TV ai social), che mai dovrebbe essere concentrata in poche mani. Inoltre la gestione del servizio pubblico dovrebbe assicurare il pluralismo, che difficilmente sarà attuato se la nomina dei dirigenti è affidata al Governo in carica. Non è incoraggiante su tali aspetti il fatto che, nella graduatoria mondiale elaborata da Reporters sans frontieres, l’Italia occupi il 46° posto, avendo perso 5 posizioni rispetto all’anno scorso ed entrando così nella fascia dei paesi governati da un potere autocratico.

Al di là comunque della libertà di espressione nelle sue varie forme, potrebbe essere interessante procedere a una riflessione sul livello di libertà di cui siamo in grado di godere nei diversi ambiti della vita quotidiana. Il problema della libertà è molto complesso: tralasciamo completamente la questione della libertà metafisica, per cercare di rispondere alla domanda più semplice: di quale libertà effettiva gode un cittadino che vive nel libero Occidente?
Assumiamo come definizione di libertà il diritto di un soggetto ad agire senza costrizioni o impedimenti, scegliendo autonomamente il fine delle proprie azioni. Va premesso che, pur in questo ambito circoscritto, la libertà non può mai essere assoluta (cioè priva di qualsiasi impedimento) perché è ovviamente vincolata alle leggi e ai costumi vigenti nella società in cui ci si trova a vivere. Nell’equilibrio tra formulazioni legislative di garanzia dei diritti individuali e condizioni effettive di vita si gioca la libertà dell’individuo.
In Occidente la libertà individuale, dal punto di vista formale, è davvero garantita: se pensiamo che fino a qualche secolo fa era legale la schiavitù, abbiamo raggiunto un buon traguardo. Ma è soddisfacente la libertà formale, cioè la mera possibilità di compiere alcune scelte in quanto non vietate dalla legge? O non dobbiamo piuttosto preoccuparci delle cose guardando da un punto di vista sostanziale, effettivo, le scelte reali e non solo possibili?  Pensiamo a scelte essenziali per la vita di una persona comune: la casa in cui abitare, se e quanti figli avere, il corso di studi da far frequentare ai propri figli, la cura della propria salute, il lavoro in cui impegnarsi, le attività del tempo “libero” cioè viaggi, spettacoli, concerti, libri … Purtroppo le scelte relative a tutti questi ambiti sono tutt’altro che “libere”, perché spesso sono rigidamente determinate dalla disponibilità finanziaria di cui si gode e non dai desideri, dalle capacità e dalle attitudini della persona. E non stiamo parlando di scelte di beni di lusso, che sono inessenziali e riguardano unicamente pochi oligarchi che vivono in un mondo a parte. Stiamo parlando di scelte essenziali per le persone comuni, dove ci accorgiamo che il livello di libertà è strettamente proporzionale alle disponibilità economiche perché troppi aspetti essenziali del vivere sono affidati al mercato. Se la persona si trova in condizione di scarso benessere o addirittura di povertà, il suo livello di libertà tende a zero. Infatti se non c’è “libertà dal bisogno” di quale altra libertà si può parlare? Non per nulla la “libertà dal bisogno” è presente nel famoso discorso delle quattro libertà di Franklin Delano Roosevelt (1941) ed è stata inserita nella Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), art. 25. Anche la nostra Costituzione stabilisce che devono essere rimossi gli impedimenti di natura economica che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini (art. 3) e che il lavoratore deve essere adeguatamente retribuito perché possa vivere dignitosamente (art. 36).

Però nella democrazia liberale sono garantiti i diritti civili e politici ma, purtroppo, non i diritti economico-sociali, che pertanto restano in larga misura lettera morta. Le diverse categorie di diritti, elaborati in epoche diverse, sono in continua evoluzione e hanno una diversa tutela giuridica, sia in funzione dell’orientamento politico prevalente all’interno di uno stato sia in relazione agli orientamenti internazionali. Il passaggio dai principi teorici alla loro effettiva realizzazione comporta l’emanazione di leggi e decreti che possano creare le condizioni per un effettivo godimento dei diritti. È la volontà politica che determina l’equilibrio economico tra i diversi gruppi sociali e a tale proposito si può sostenere che per attribuire più diritti reali ad alcuni si deve togliere qualche spazio di libertà ad altri che ne hanno in sovrabbondanza.

In campo economico-sociale, però, la democrazia liberale si preoccupa di tutelare fondamentalmente la libertà d’impresa, spesso anche oltre i limiti posti dalla nostra Costituzione che, su molti aspetti relativi alla finalità sociale dell’impresa, attende da lungo tempo di essere attuata. Chi non è nemmeno in grado di provvedere ai suoi bisogni essenziali, come potrà essere libero nella contrattazione relativa al suo lavoro? Per non restare disoccupato sarà indotto ad accettare qualunque condizione, sia salariale, sia ambientale e di sicurezza. Da qui trae origine anche il numero vergognoso di morti sul lavoro che caratterizza il nostro paese. Per non parlare delle condizioni dei lavoratori migranti.

Perciò, quando si parla di “mondo libero”, bisognerebbe chiarire che una certa fascia gode di effettiva libertà, mentre gran parte della popolazione risulta pesantemente condizionata nelle scelte fondamentali dell’esistenza.
Eppure sono in molti a credere che nei paesi occidentali l’intera popolazione goda della libertà. Perché?

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