Gruppo Corallo (a cura di Eraldo Rollando)
21-06-2017
Situato a sud della penisola araba lo Yemen (Repubblica Unita dello Yemen), con circa 24milioni di abitanti, nella sua storia più recente si formò come Stato unitario nel 1990.
Si affaccia a ovest sul Mar Rosso e a sud nel Golfo di Aden (Oceano Indiano). Ha come capitale Sanaa.
Le sue vicende politiche sono sempre state travagliate, turbate da scontri e sommosse che, nel 2011, hanno poi messo le premesse dei fatti di quattro anni dopo.
Infatti, i suoi problemi recenti fanno data dall’inizio 2015 con un tentativo di colpo di stato per opera delle milizie sciite zaidite Houti, tribù separatiste finanziate dalla Repubblica islamica sciita dell’Iran, e la comparsa sul territorio della milizia islamica di Al Qaeda e dell’ISIS, già presenti nella vicina Arabia Saudita.
Si generò una guerra civile che portò il Paese a spaccarsi in due tronconi: a ovest gli insorti Houti (che occupano anche la capitale Sanaa) con l’eccezione dell’area attorno alla città di Aden, a est il governo legittimo. Nella zona centrale, prevalentemente desertica, le milizie di Al Qaeda e ISIS contendono porzioni di territorio al governo.
Sotto la pressione militare degli avversari, ai primi di marzo 2015, il presidente Mansour Hadi fuggì dal Paese riparando in Arabia Saudita, dichiarando Aden nuova Capitale. Il 25 marzo ebbe iniziò un intervento militare guidato dall’Arabia Saudita stessa affiancata da Egitto, Marocco, Giordania, Sudan, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar, e Bahrain e con il supporto logistico degli Stati Uniti contro gli Houti, con la motivazione che l’intervento avveniva su richiesta del governo legittimo in esilio.
Di fatto si dovette registrare uno scontro tra l’Iran (sciita), sostenitore degli insorti Houti e l’Arabia Saudita (sunnita) sostenitrice del Presidente Hadi; ancora una volta, uno scontro tra i due principali rami dell’Islam.
Negli ultimi diciotto mesi i morti sono stimati in 10.000 persone. Oltre tre milioni di persone si sono spostati all’interno del paese in zone più sicure.
A metà 2015 l’Oman, unico stato vicino non intervenuto nel conflitto, si era proposto come mediatore offrendo un programma tendente a riportare la pace nel paese.
Della guerra in Yemen non si sa quasi niente: la narrazione usata per raccontarla è quella dello scontro tra Iran (sciita) e Arabia Saudita (sunnita), ma nulla si dice di Al Qaeda e dello Stato islamico (ISIS), che sembra stiano combattendo attivamente conquistando parti di territorio. La presenza di cronisti sul campo è in concreto nulla.
In fine d’anno 2016, si è presentato alto il rischio che questa guerra civile prendesse la via di una prova muscolare tra Iran e Arabia Saudita.
Data la posizione geostrategica dello Yemen nell’area e della complicazione di carattere religioso, c’è da attendersi che questa guerra “silenziata” duri parecchio a lungo. Sono in gioco interessi economici legati al petrolio, di dimensioni notevoli. L’Iran vuole proteggere la sua rotta petrolifera verso il Mare Mediterraneo attraverso il canale di Suez: ha già il controllo dello stretto di Ormuz e cerca di acquisire, anche, quello dello stretto yemenita di Aden, via per il Mar Rosso. In questo trova l’ostacolo dell’Arabia Saudita e dei Paesi Occidentali, USA in testa.
L’Iran ha inviato almeno due unità da guerra nel Golfo di Aden, un gesto di sfida nei confronti dell’Arabia Saudita che con i suoi alleati arabi ha imposto il blocco navale e aereo sull’Yemen.
Alla fine di gennaio 2017 una nave militare dell’Arabia Saudita è stata attaccata da “barchini” esplosivi dei ribelli Houti, a quanto pare addestrati dagli iraniani.
Dopo questa azione, gli Stati Uniti hanno inviato davanti alle coste occidentali dello Yemen tre unità missilistiche per aiutare l’Arabia Saudita nel controllo delle acque yemenite; questa decisione, assieme a quella di effettuare bombardamenti congiuntamente all’Arabia Saudita, ha finito per decretare il loro “ingresso nella mischia”. Molti commentatori politici insistono nel dire che è in atto un vero e proprio blocco navale non dichiarato, che si aggiunge a quello aero-navale della coalizione araba.
In sede ONU, sia Giordania sia Russia hanno presentato, separatamente, una bozza di risoluzione volta a fermare l’escalation del conflitto, le cui ripercussioni a livello mondiale non sono prevedibili.
Purtroppo ISIS, nel conflitto fra governativi e ribelli Houti, si sta inserendo con azioni terroristiche sempre più pressanti per occupare vaste porzioni dei territori meno abitati. Il Sito on-line di Al Arabiya rivela che a metà di dicembre 2016 un attacco suicida ha causato almeno quarantanove morti nella città portuale di Aden, in mano ai governativi. Segnala anche le rivelazioni di un militante ISIS secondo il quale, in agosto ancora ad Aden, settantuno persone, in attesa fuori di un centro di reclutamento dell’esercito regolare, sono state uccise da un’autobomba.
A inizio 2017 l’ONU ha denunciato una situazione umanitaria disastrosa: quattordici milioni di persone (più della metà della popolazione) con cibo insufficiente e circa due milioni a rischio morte per fame, conseguenti anche alla grave carestia alimentare che ha colpito la zona.
Medici Senza Frontiere ha denunciato “che la guerra sta avendo un impatto devastante sulla popolazione civile, sia per il numero delle vittime dirette sia per il collasso dei sistemi sanitari …. le parti in conflitto mostrano una totale mancanza di rispetto per la protezione dei civili, delle strutture sanitarie, del personale medico e dei pazienti”.
Anche l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) ha lanciato l’allarme, aggiungendo che in 18 mesi di conflitto 274 centri sanitari sono stati distrutti o danneggiati, 13 operatori sanitari sono stati uccisi e 31 feriti.
Il conflitto nello Yemen assomiglia molto a quello in Siria ma, tra i grandi mezzi dì informazione, chi lo racconta?