Patrick Lumumba il prezzo dell’indipendenza – parte prima

 

 

 

 

 

 

Il 1960, fu l’anno nel quale ben 17 paesi africani si resero indipendenti. Questi eventi interessarono anche il Congo, stato africano che prima era considerato  un possedimento privato di Re Leopoldo e che in seguito era diventato una colonia del Belgio. Ma, a differenza di altri stati, come scrive lo storico Van Reybrouck nel suo bestseller “Congo”: “la decolonizzazione tragica del Congo fu una storia con molti punti ciechi e pochi, occasionali momenti di lucidità”.

 

Giulia Uberti    8-01-2023

Contesto storico degli anni 1950-60

Introduzione
Il desiderio di indipendenza incominciò a circolare a partire della Seconda guerra mondiale quando, molti militari africani ritornarono dopo aver prestato servizio nelle truppe coloniali. Questi avevano avuto l’opportunità di conoscere  i modi di vita degli occidentali e nello stesso tempo si erano resi conto  della vulnerabilità dei loro colonizzatori. Tali eventi ebbero la loro influenza sulla colonia belga che vide nascere   nuovi partiti indipendentisti, come il “Movimento Nazionale Congolese” (MNC) di Patrice Lumumba  e la “Conakat” di Moise Tshombé.

A  partire dagli anni ’50, infatti, un’élite intellettuale di cittadini congolesi si andava lentamente formando e si  faceva largo sulla scena sociale e politica del paese. Joseph Kasavubu, fu uno dei primi intellettuali congolesi ad essere socialmente attivo e, dopo aver terminato gli studi in seminario, si trovò alla testa di Abako, un’associazione che difendeva gli interessi e la cultura dei BaKongo (importante etnia di lingua bantu) a Kinshasa. Questa in breve tempo divenne un’associazione politica che faceva i primi passi verso la decolonizzazione congolese.

Colonialismo (foto Afp)

Nel 1956, Abako pubblicò un manifesto politico  molto forte nel quale chiedeva l’emancipazione immediata della  popolazione congolese. In quegli anni il mondo era in fermento: durante la conferenza di Bandung del 1955 i Paesi non allineati avevano dichiarato: “Il colonialismo in tutte le sue forme è una piaga che deve cessare al più presto”.

Nel 1954 era iniziato in Algeria il conflitto, che divenne in seguito una vera guerra con la Francia. Guerra di Liberazione Nazionale che durò 7 anni. Il conflitto si concluse il 19 marzo del 1962. Il Marocco e  la Tunisia si erano liberati  dalla dominazione francese, Filippine, India, Pakistan e Birmania avevano già raggiunto il proprio sogno di emancipazione. In Africa, sotto la guida di Kwame Nkrumah, il Ghana si era affrancato dal giogo di Londra il 6 marzo 1957, primo Paese africano ad ottenere indipendenza  e autodeterminazione.

Nel 1959 Re Baldovino parlò pubblicamente della volontà del Belgio di accompagnare la sua colonia verso un’indipendenza prospera ed è così che il 20 gennaio 1960, al Palazzo dei Congressi di Bruxelles, i rappresentanti politici belgi si incontrarono con quelli congolesi per discutere riguardo a quando e come sarebbe avvenuta la transizione. Il 20 febbraio, dopo un mese di lunghe trattative, una data venne fissata: il 30 giugno 1960 il Congo sarebbe diventato uno stato libero e sovrano. La parola indipendenza era ormai sulla bocca di tutti i leader politici locali e per le strade incominciarono ad incontrarsi giovani congolesi affascinati  dall’idealismo carismatico di Lumumba.

Nel maggio 1960 si tennero le elezioni in Congo. Le principali forze politiche scese in campo erano: l’Abako di Kasavubu, che mirava a un Congo federale e indipendente, il MNC di Patrice Lumumba, che credeva in un Congo unito, democratico e indipendente, e  il Conakat di Tshombe, che invece mirava a un Congo federale legato al Belgio, che possedeva e sfruttava le ricche miniere della sua regione.

Complotto per l’assassinio
Nonostante l’euforia del momento per l’imminente indipendenza, la longa manus dell’ex colonizzatore era ancora presente. Il Belgio infatti, alla tavola rotonda di Bruxelles, impose ai leader politici congolesi che le aziende operanti in loco potessero scegliere se dipendere dal diritto congolese o da quello belga;  molti capi di aziende optarono per la sede sociale in Europa.

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Ma il peggio per l’economia del futuro stato avvenne il 27 giugno, tre giorni prima dell’indipendenza, quando il Parlamento belga, con l’approvazione del governo congolese, abolì il Comité Special del Katanga (CSK), una società pubblica che assegnava concessioni a imprese private. Abolendo il Csk  il Congo si trovò proprietario del gigante estrattivo Union Minière soltanto come azionista di minoranza e ciò significò due cose: la perdita di milioni di dollari e l’impossibilità di mettere l’industria al servizio della nazione. In ogni caso dalle urne uscì il primo governo del Congo che vedeva Kasavubu Presidente e Lumumba premier. La gente esultava ma in realtà, come viene riportato nel libro “Congo”: “l’emancipazione accelerata del Congo fu una tragedia mascherata da commedia che non poteva che avere un esito disastroso”.

Patrice Lumumba fu la figura politica chiave dell’indipendenza congolese. Il leader dell’MNC, oltre ad aver ottenuto il seggio di primo ministro, aveva ottenuto anche il portafoglio della Difesa Nazionale. Un passaggio molto importante per comprendere gli avvenimenti che, nel giro di poche ore dalla proclamazione dell’indipendenza, avrebbero portato disordine e instabilità in tutto il Paese. Sebbene il Congo fosse uno stato sovrano, l’economia e anche le forze armate erano ancora sotto controllo del Belgio e il comandante in capo della Force Publique era il generale Janssens.

Quando, nei primi di luglio, il parlamento del neonato stato decise che i rappresentanti politici avessero diritto a un indennizzo di 500’000 franchi, il Congo iniziò a vacillare sui suoi fragili piedi di argilla.

La disposizione ebbe due drammatiche conseguenze: la prima fu l’aumento del prelievo fiscale nelle province del Kasai e del Katanga, la seconda fu l’ammutinamento dell’esercito. Dal momento che i militari erano stati esclusi da questo rimborso, questi si ribellarono, aggredirono gli ufficiali, occuparono le caserme e sfogarono la loro rabbia contro gli occidentali e contro i politici dell’MNC.

Per affrontare tale situazione, il 6 luglio Lumumba intervenne commettendo forse il più grave errore del suo mandato politico: distrusse infatti con le sue riforme una delle più solide istituzioni del neonato stato, l’esercito appunto, e promosse Mobuto Sese Seko, l’uomo che da lì a poco l’avrebbe spodestato e ucciso.

I provvedimenti che adottò Lumumba furono privi di qualsiasi pragmatismo. Il premier promise infatti l’avanzamento di grado di ogni soldato, destituì Janssens e promosse Mobutu a capo di Stato Maggiore e poi africanizzò l’esercito cambiandogli il nome in  “Armata  Nazionale Congolese”. La Forza militare, che per la sua disciplina aveva avuto notevoli successi durante le due guerre mondiali, venne trasformata in una masnada indisciplinata di uomini armati. Il Congo si affacciava alla storia senza più un esercito compatto ed efficiente. Intanto iniziarono a verificarsi episodi di violenza contro gli ex coloni e gli occidentali presenti nel Paese. Il 9 luglio, a Elisabethville, odierna Lubumbashi, venne ucciso il viceconsole italiano Tito Spoglia, 37 anni, e oltre  30’000 cittadini belgi, all’indomani, lasciarono il Paese. Il nuovo stato, dopo una settimana dalla sua nascita, si trovava quindi in una situazione molto difficile, senza un esercito disciplinato e leale e con un sistema economico ancora incerto.

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Di prossima pubblicazione  Patrick Lumumba il prezzo dell’indipendenza –parte seconda

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