Arte africana-restituire ai paesi di origine?

Giulia Uberti
30-01-2019
Nei più importanti musei europei è custodito un pezzo della storia africana: oggetti d’arte, dipinti, maschere, statue, obelischi, sculture, manoscritti antichissimi, testi sacri, monili. Tra questi un numero imprecisato di preziosi reperti archeologici egiziani. Il tutto, frutto della rapina delle truppe di occupazione francesi, tedesche, italiane e britanniche. I tesori africani esposti nei principali musei europei rappresentano, di fatto, la ‘legalizzazione’ e la commemorazione del colonialismo, quando i vincitori hanno privato i vinti di un pezzo della loro storia e della loro identità culturale.
Nei mesi scorsi vari musei in Francia, Gran Bretagna e Germania hanno ammesso che gran parte delle loro collezioni africane sono frutto di furti istituzionalizzati durante l’era coloniale.

Nel lontano 27 luglio 2009 da un giornale online Vittorio Sgarbi così rispondeva alla questione:” Rimandare nei paesi d’origine le opere d’arte sottratte è un principio pericoloso: così rischieremmo di smantellare i musei di tutto il mondo: Assurdo parlare di “furto”la storia la fanno i vincitori. Restituire i capolavori? Una follia”.

Tuttavia, da lungo tempo alcuni paesi africani si stanno organizzando per recuperare sul loro territorio opere d’arte sottratte dal loro luogo originario per fare bella mostra in musei di altri paesi d’Europa e d’America. Per alcuni di loro i tempi sembrano essere maturi per un ritorno attraverso la restituzione ai Paesi d’origine. Infatti, negli ultimi anni le richieste da parte dei Paesi africani di restituire i tesori rubati si sono fatte sempre più insistenti e si sta intravvedendo una serie di azioni legali contro vari musei europei che potrebbero essere intraprese a livello internazionale dai Paesi africani derubati appunto durante il colonialismo.

Convenzioni Unesco e Unidroit
Gli strumenti disponibili sul piano internazionale per il ritorno dei beni d’arte sono : La Convenzione UNESCO del 1970 , Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione la Scienza e la Cultura e della sorella Convenzione UNIDROIT del 1995, “Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato” (che la Francia non ha ratificato). Ma in base alla non-retroattività questi accordi possono solo disporre per il futuro e mai guardare indietro per regolare situazioni del passato. Tuttavia, in buona parte di questi trattati si trovano clausole che aprono alla generosità del paese che volesse, in via del tutto spontanea, attuare gli obblighi internazionali in senso favorevole. Per fare un esempio, l’Italia, che ha ratificato entrambe le convenzioni, è libera di restituire tutte le opere d’arte che l’Impero romano ha portato sul suolo patrio, ma non sussiste nessun obbligo internazionale che imponga che questo sia fatto. Questa “generosità” tratteggiata da UNESCO e da UNIDROIT può rivestire i panni della cosiddetta diplomazia culturale e trasformarsi in accordi bilaterali, tra due stati, per la restituzione di opere. Questi ultimi sono vincolanti soltanto per le parti contraenti. Ed è proprio sull’idea dell’accordo bilaterale che spinge la Francia.
In Africa, più Paesi si stanno organizzando per avere un museo etnografico proprio che possa raccontare alle nuove generazioni le origini, la storia e l’evoluzione. Qui appresso si propongono due esempi che, a seguito della costruzione del museo, si sono rivolti ai Paesi colonizzatori, che detengono migliaia di opere provenienti dal loro territorio, e con questi, è in atto la ricerca di una modalità per la possibile restituzione di una parte, se non tutte, delle stesse opere.

Senegal
L’idea di un museo delle civiltà nere fu espressa a Dakar nel lontano 1966 dal presidente Leopold Sédar Senghor in occasione del 1° Festival mondiale delle arti nere in questa città. Cinquantadue anni più tardi, dopo sette anni di lavori di costruzione, si apre il Museo delle civilizzazioni nere che si prepara ad accogliere i suoi primi visitatori al momento dell’inaugurazione avvenuta per il 6 dicembre 2018.
Museo del Senegal (clicca per visitare il sito)

Dakar – Museo delle civilizzazioni nere

L a costruzione e l’insieme delle strutture espositive i cui costi sommano a circa 30milioni di euro, sono stati finanziati dalla Cina. E’ un progetto panafricano, ha dichiarato Mr. Hamady Bocoum, archeologo/ricercatore all’Universita Cheikh Anta Diop di Dakar, direttore del patrimonio culturale del Senegal, sottolineando, e assicurando, che il MCN (Musée des civilisations noires) potrà accogliere opere d’arte di Paesi del continente meno dotati di una sede adeguata. Il MCN avrà, di conseguenza, la fisionomia di ogni Paese africano. A immagine di questo museo delle civilizzazioni africane, il recupero o la costruzione di musei moderni in tutta l’Africa si sta attivando, spesso anche in opposizione alle domande di restituzione ai vari paesi.
Recentemente il Presidente Macron ha incaricato due universitari, Bénédicte Savoy e l’intellettuale senegalese Felwine Sarre del Collegio di Francia, di approntare un rapporto sul patrimonio africano in Francia. Il documento fornisce un inventario accurato delle decine di migliaia di oggetti che i coloni riportarono dall’Africa tra il 1885 e il 1960. Questa lista elenca oggetti trafugati, rubati, frutto di bottini di guerra, ma anche molti acquisiti a prezzi stracciati, senza alcun rapporto con i prezzi di mercato, da mercanti, soldati, missionari, viaggiatori. Secondo questo rapporto «Almeno 90 mila oggetti artistici dall’Africa sub-sahariana sono finiti nelle collezioni pubbliche francesi». I due studiosi sostengono fra l’altro che «quasi tutto il patrimonio artistico dei Paesi africani situati a Sud del Sahara è conservato al di fuori del continente africano».

Il Musée du Quai Branly di Parigi

Arte africana al Museo du Quai Branly a Parigi

è il più preoccupato, visto che detiene ben 70 mila di queste opere, due terzi “acquisite” durante il periodo 1885-1960. I Paesi più interessati dalla sottrazione sono il Ciad (9.200 opere), il Camerun (7.800) e il Madagascar (7.500).
Il rapporto venne reso pubblico circa un anno dopo la promessa storica fatta dal presidente francese E. Macron il 28 novembre 2017 a Ouagadougou. Discorso tenuto davanti a centinaia di studenti sotto l’occhio del suo omologo, presidente del Burkina Faso, Och Marc Christian Kaboré. Macron ha entusiasmato il suo pubblico dichiarando la sua intenzione per la restituzione del patrimonio africano all’Africa.
Qualche giorno dopo la pubblicazione del Rapporto, il ministro senegalese della cultura, Abdou Latif Coulibaly, in una conferenza stampa organizzata per presentare il Museo delle civilizzazioni nere a Dakar ha affermato che “… il Senegal desidera che la Francia restituisca tutte le opere identificate come appartenenti al Senegal” . Mentre, Hamady Bocoum direttore del Museo in altra conferenza stampa dichiarava: “ Noi saremo pronti il 6 dicembre (2018) per l’inaugurazione del Museo MCN a cui sarà presente il presidente Macky Sall. Noi disponiamo di tutto il necessario per il lancio del Museo che conserverà i resti dei primi ominidi apparsi in Africa diversi milioni di anni fa e le creazioni artistiche attuali.” E continuava “ … Noi siamo disposti a trovare le soluzioni con la Francia. Se ci sono 10.000 pezzi identificati come provenienti dal Senegal, di origine senegalese, noi desideriamo avere i 10.000 pezzi. “ Il presidente E. Macron deve prendere una decisione. Il rapporto suggerisce tra l’altro un cambiamento radicale della legge francese sul patrimonio per restituire all’Africa una parte del suo patrimonio.

Repubblica democratica del Congo
Mobuto Sese Seko, già nel 1970, aveva ottenuto la restituzione di 1042 pezzi dal Belgio. Alla caduta del regime mobutista, secondo lo storico d’arte Mr. Joseph Ibongo, ex direttore generale dell’Istituto del Museo Nazionale del Congo (IMNC) decine di pezzi sono scomparsi, tuttavia, parecchi oggetti sono stati identificati e ritrovati in l’Europa. Mobutu Sese Seko aveva sempre sognato di poter disporre di un grande museo dell’Africa per la capitale dello Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo), Kinshasa, ma sarà finalmente il presidente Joseph Kabila (nota 1) che raccoglierà i frutti nel 2019.
La RDC intende recuperare “un buon numero” di documenti e archivi conservati nel Museo dell’Africa centrale, a Tervuren, ribattezzato con il nome di AfricaMuseum , a seguito della ristrutturazione e rinnovo all’occasione della sua riapertura, avvenuta sabato 8 dicembre 2018. In questo museo si contano 180.000 opere di origine africana, la maggior parte delle quali viene dal Congo. … “la cooperazione tra Tervuren, di cui apprezziamo l’esperienza, e i nostri musei nazionali continuerà. Il nuovo il Museo situato a lato del Parlamento di Kinshasa sarà un museo prestigioso” aveva dichiarato il presidente Joseph Kabila.

La Repubblica Democratica del Congo invierà una richiesta di restituzione del patrimonio congolese appena sarà terminata la costruzione del museo di Kinshasa, in partenariato con la Corea del Sud; la sua apertura è prevista nel giugno 2019 . Al momento non si dispone di foto. Anche il museo di Lubumbashi sarà restaurato. La domanda di restituzione, come atto e richiesta formale ufficiale, sarà sicuramente sul tavolo un mese prima della fine dei lavori.
Fino ad ora molti Congolesi credevano che la restituzione da parte del Belgio e della Francia del loro patrimonio fosse uno dei pensieri molto lontani nella mente di questi governi. Il presidente Joseph Kabila, venerdì 7 dicembre (2018) aveva spiegato in una intervista al quotidiano Le Soir che la questione è presente, e presa in conto dalle autorità. Il direttore Guido Gryddeels, di Tervuren, sarebbe pronto a esaminare “delle formule di esposizioni temporanee, di prestiti ed anche il rimpatrio di opere che il museo possiede in più copie di esemplari e che giacciono nelle cantine”.

In Europa: con chi si cerca di stipulare degli accordi? Le richieste vengono indirizzate in primo luogo ai Musei europei dei Paesi che furono i colonizzatori e oggi sono i più ricchi di materiale africano, tra cui spiccano:
Belgio: Museo d’arte africana a Tervuren

Arte africana al Museo di Tervuren

Il Museo di Tervuren é coinvolto in pieno nella controversia sulla restituzione dei beni culturali africani sottratti o comperati a basso costo. Il museo di Tervuren è un’esposizione di arte africana: creato negli anni 1950, da allora non aveva avuto alcuna evoluzione. Oggi, il Museo rinnovato intende portare “uno sguardo critico” sul passato e sulla storia degli oggetti collezionati sotto il governo di Leopold II, che in Belgio ha regnato dal 1865 al 1909 e, per un lunghissimo periodo, ha gestito il Congo come una sua proprietà privata.
Il direttore generale del museo, Guido Gryseels, ha dichiarato: “Tervuren è stato sovente considerato come l’ultimo museo coloniale nel mondo, si è quindi voluto cambiare questa immagine”. Attualmente, attraverso il museo rinnovato il Belgio può rivedere, e ripercorrere criticamente, la storia del suo colonialismo.
La trasformazione esprime l’ambizione del museo, e del relativo centro di ricerca, di raggiungere una posizione di leadership a livello internazionale.
All’inaugurazione del museo, vigilia dell’apertura al pubblico, il vice Primo ministro Alexander De Croo ha così salutato: …” un momento storico”… Questa trasformazione del museo di Tervuren, nel sud di Bruxelles, apre “ un nuovo capitolo” nelle relazioni belgo-africane definite, per il lungo periodo di colonialismo in Africa centrale come “brutali” dagli storici. Il museo fu inaugurato il 23 Giugno del 2006 dall’allora presidente Jacques Chirac. E’ un museo dedicato alle arti primitive e alle civiltà “non occidentali”. Sono quattro i continenti da esplorare: Africa, Asia, Oceania e Americhe. L’obiettivo prefissato è alto: assicurare il dialogo tra le culture e riconoscere in modo ufficiale il ruolo che ricoprono le civiltà e il patrimonio culturale dei popoli non europei.
La Francia è pronta a restituire le opere d’arte sottratte ai paesi africani?
Il 28 di novembre 2017, durante un discorso a Ouagadougou (capitale del Burkina Faso), Emmanuel Macron aveva dichiarato: “Voglio che da qui a cinque anni si creino le condizioni per procedere a restituzioni temporanee o definitive del patrimonio africano in Africa ”. Per la prima volta, un presidente della repubblica francese prendeva posizione sulla questione delle opere e degli oggetti africani conservati nei musei francesi dai tempi della colonizzazione. Posizione in controtendenza rispetto a quella adottata finora nei confronti delle richieste avanzate dai paesi africani, che si potrebbe riassumere così: le collezioni nazionali sono inalienabili, e pertanto non è possibile alcuna restituzione.

(nota 1) Tuttavia, le ultime elezioni del 30/12/2018 nella RDC non hanno ancora espresso risultati definitivi accolti da tutti; un contenzioso è in atto, per alcuni Félix Tshisekedi avrebbe il 38,57% contro Martin Fayulu con il 34,8%. Alcune contestazioni sono in atto. Sembrerebbe che Fayulu abbia denunciato un broglio elettorale del presidente uscente Joseph Kabila e rivendicato una vittoria elettorale al 61% dei voti, per questo ha deposto una istanza davanti alla Corte costituzionale che in otto giorni dovrà esaminare il tutto.(fonte: 14 janvier 2019 à 19h01 | Par Jeune Afrique avec AFP )

Fonti:
Musée du quai Branly a Parigi, il 15 marzo 2018. (Ludovic Marin, Afp) 

Fulvio Beltrami, 24 agosto 2017
WEB – CITTÀ NUOVA 5/12/ 2018 di Armand Djoualeu
HTTPS://WWW.YOUTUBE.COM/WATCH?V=18WFECHRUKM
HTTPS://WWW.ICOM-MUSEES.FR/INDEX.PHP/RESSOURCES/RAPPORT-SUR-LA-RESTITUTION-DU-PATRIMOINE-CULTUREL-AFRICAIN-VERS-UNE-NOUVELLE-ETHIQUE
Google : Musée de Tervuren : une mue postcoloniale 

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