Dulce et decorum est pro patria mori

Piegati in due, come vecchi straccioni, sacco in spalla,
le ginocchia ricurve, tossendo come megere, imprecavamo nel fango,
finché volgemmo le spalle all’ossessivo bagliore delle esplosioni
e verso il nostro lontano riposo cominciammo ad arrancare.
Gli uomini marciavano addormentati. Molti, persi gli stivali,
procedevano claudicanti, calzati di sangue. Tutti finirono azzoppati; tutti ciechi;
ubriachi di stanchezza; sordi persino al sibilo
di stanche granate che cadevano lontane indietro.
Il gas! Il gas! Svelti ragazzi! – Come in estasi annasparono,
infilandosi appena in tempo le goffe maschere antigas;
ma ci fu uno che continuava a gridare e a inciampare
dimenandosi come in mezzo alle fiamme o alla calce…
Confusamente, attraverso l’oblò di vetro appannato e la densa luce verdastra,
come in un mare verde, lo vidi annegare.
In tutti i miei sogni, davanti ai miei occhi smarriti,
si tuffa verso di me, cola giù, soffoca, annega.
Se in qualche orribile sogno anche tu potessi metterti al passo
dietro il furgone in cui lo scaraventammo,
e guardare i bianchi occhi contorcersi sul suo volto,
il suo volto a penzoloni, come un demonio sazio di peccato;
se solo potessi sentire il sangue, ad ogni sobbalzo,
fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,
osceni come il cancro, amari come il rigurgito
di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti –
amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto fervore
a fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta disperate,
la vecchia Menzogna: Dulce et decorum est
Pro patria mori.

Wilfred Owen

Una poesia scritta durante la Prima Guerra Mondiale dal poeta inglese Wilfred Owen  (18 marzo 1893 – 4 novembre 1918), uno degli esponenti dei cosiddetti “war poets”.

 

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Pensieri di pace