Gli italiani voteranno a favore di chi propone forti tagli alle entrate dello Stato? Si ridurranno ulteriormente i già scarsi servizi sociali destinati alle fasce più deboli della popolazione?
Gabriella Carlon
18-09-2022
C’è un punto del programma elettorale della coalizione di Destra che mi sembra particolarmente pericoloso. Non è il solo: basti pensare ai cambiamenti proposti per l’ordine costituzionale o al tema dei migranti o ad alcuni diritti individuali negati. Ma la flat tax mi sembra il più insidioso di tutti, perché strizza l’occhio (in funzione elettorale) a una richiesta di molti cittadini italiani. A chi, infatti, non piacerebbe pagare meno tasse?
Nessuno, però, sembra guardare il rovescio della medaglia, mentre, a mio parere, occorre ragionare sulla questione nel suo significato più ampio, partendo innanzitutto dalla consistenza di tale riduzione, visto che le proposte non sono univoche: c’è chi vorrebbe il 15% e chi il 23% come aliquota unica.
Molto preoccupante, in ogni caso, è la prospettiva sul piano istituzionale: non si può tacere che un simile provvedimento sarebbe in contrasto con il dettato costituzionale. Recita infatti l’articolo 53, comma 2: “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Il testo, estremamente sintetico, non chiarisce le motivazioni e le conseguenze pratiche di una notevole riduzione del gettito fiscale. La nuova normativa costituirebbe certamente un enorme vantaggio per i ceti più ricchi, che risparmierebbero somme cospicue, mentre il risparmio sarebbe irrisorio per le fasce di popolazione meno abbienti, e addirittura nullo per gli incapienti.
Tale ridotta imposizione fiscale, come è facile immaginare, si aggiungerebbe ad altri tipi di storture che ben conosciamo: condoni fiscali di varia natura, ricorrente cancellazione delle cartelle non pagate e aliquote irrisorie sui capitali che rientrano dall’estero. Senza contare che non sono affatto previsti interventi decisivi per mettere fine alla massiccia evasione fiscale che caratterizza il nostro paese e che continuerebbe a sopravvivere indisturbata, come finora avvenuto con i governi italiani di ogni colore.
Le conseguenze più disastrose di tale provvedimento finirebbero col provocare una consistente riduzione dei servizi sociali a carico dello Stato e delle Regioni, perché la diminuzione delle entrate nelle rispettive casse, costringerebbe inevitabilmente a tagliare le spese dei settori sanità, scuola, pensioni e tutto ciò che riguarda i beni comuni. Va poi sottolineato che i suddetti tagli sarebbero ulteriormente aggravati dalla previsione (già dichiarata da tutte le forze politiche) di un cospicuo aumento delle spese militari.
È chiaro che la contrazione dei servizi pubblici non interessa minimamente ai cittadini più facoltosi, perché essi possono pagare gli alti costi delle cliniche e delle scuole private, non devono viaggiare sui treni dei pendolari o sui mezzi pubblici, non hanno bisogno di case popolari e nemmeno di spazi per far giocare i loro bambini.
Una diminuzione delle tasse versate da chi guadagna grandi ed extra-profitti, se sarà attuata, accentuerà le diseguaglianze sociali perché i servizi essenziali, come la sanità, saranno affidati al privato. Con la conseguenza che chi potrà pagare avrà cure buone o ottime, mentre la sanità pubblica sarà considerata “residuale” e offrirà prestazioni di basso livello per carenza di mezzi e di personale. Tutto ciò, detto tra parentesi, sarebbe perfettamente in linea con il Decreto sulla concorrenza emanato dal governo Draghi, che prevede la privatizzazione dei servizi (compresa l’acqua).
Si riuscirà così a smantellare il principio dell’universalità dei diritti sociali, che pure la Costituzione delinea con grande chiarezza, ma già pesantemente messo in forse dai provvedimenti introdotti con l’avvento del neoliberismo.
Eppure tutta la nostra Costituzione è improntata alla solidarietà sociale e certamente la tassazione progressiva è lo strumento principe per realizzarla: non a caso, da parte della Destra, si propone anche una profonda riforma costituzionale.
L’universalità dei diritti verrebbe quindi sostituita, come già sta avvenendo, con bonus di varia natura, che hanno il sapore dell’elemosina e del voto di scambio. Invece, in base al principio di equità sostanziale, si dovrebbe diminuire la tassazione sui redditi più bassi e aumentarla sui redditi più alti per perseguire l’uguaglianza proclamata (e mai attuata) fin dalla Rivoluzione francese.
La domanda che mi pongo è questa: con il voto del 25 settembre gli elettori italiani sceglieranno di diventare una reazionaria società di diseguali?
Condivido pienamente l’impostazione e i contenuti dell’articolo. Ci tengo però a precisare che non è vero che tutti i partiti prevedono aumenti nelle spese militari: nel programma di Unione Popolare trovo scritto: “Stop immediato dell’invio di armi a tutti i paesi in guerra e ritiro dei soldati all’estero se non autorizzati dall’ONU” e, più avanti, “… sostenere politiche di disarmo a livello globale, opponendosi all’aumento delle spese militari del 2% del PIL ed impegnandosi alla progressiva riduzione delle stesse.” Tra l’altro questo significa non soltanto limitarsi a evitare la riduzione della spesa per servizi come sanità, scuola o altri, ma poter disporre di decine di miliardi (queste sono le cifre) per poterli risollevare da una situazione attuale a dir poco penosa.