Adriana F.
11-01-2025
Ne parla Chiara Brusini sul Fatto Quotidiano del 19 novembre scorso, precisando che la motivazione è “assicurare che gli individui con un patrimonio netto molto elevato siano tassati in maniera efficace”. E per raggiungere l’obiettivo auspicano di cooperare nel mettere in campo buone pratiche facendo riferimento a studi di tecnici ed esperti di organizzazioni internazionali. I capi di Stato e di governo presenti al vertice dei Paesi industrializzati, che si è svolto a Rio, hanno anche riconosciuto che una tassazione progressiva sarebbe cruciale per ridurre le disuguaglianze, rimpinguare i bilanci pubblici e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva.
L’affermazione di tali principi è stato molto apprezzato da Gabriel Zucman, direttore dell’Osservatorio europeo sulle tasse e noto per le sue ricerche sui paradisi fiscali e le disuguaglianze, il quale ha spiegato in un apposito rapporto come si potrebbe realizzare l’obiettivo. Per l’attuazione di tale principio, accolto a parole, sarà infatti necessario un cambio di rotta storico, che includa l’avvio di buone pratiche e l’individuazione di efficaci meccanismi antielusione [1], compresi i vantaggi fiscali dannosi, contando sugli studi di grandi esperti e delle organizzazioni internazionali.
La sua proposta prevede l’introduzione di un’imposta minima pari al 2% del patrimonio dei 3mila miliardari mondiali, che potrebbe generare tra i 200 e i 250 miliardi di gettito all’anno, a cui si aggiungerebbero altri 100-140 miliardi se si tassasse anche chi possiede più di 100 milioni di dollari. Tali risorse potrebbero essere investite nel contrasto alle disuguaglianze e nella sempre più urgente lotta al cambiamento climatico. E per contrastare la fuga dei patrimoni nei “paradisi fiscali”, bisognerebbe studiare norme che consentano di tassare i supermiliardari anche quando trasferiscono la residenza in quei paradisi esentasse o quasi. Non è fantascienza: negli Stati Uniti già esiste una exit tax che può essere applicata a chi rinuncia alla cittadinanza in modo che, prima di andarsene, versi il dovuto nelle casse della repubblica federale.
Nello stesso contesto si è parlato anche di cooperazione internazionale, riconoscendo che una tassazione progressiva è fondamentale per cercare di ridurre le disuguaglianze, rimpinguare i bilanci pubblici e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva.
A distinguersi come irriducibilmente contrario è stato il rappresentante dell’Argentina di Javier Milei, che non è riuscito a bloccare il comunicato finale, ma si è scagliato contro i sostenitori dell’alleanza globale contro fame e povertà, sostenendo che è un errore credere di poter contrastare tali calamità con più intervento statale e con una pianificazione centralizzata dell’economia e che esigere le giuste tasse dai super ricchi rappresenterebbe una… disparità di trattamento davanti alla legge (!). Al rappresentante argentino bisogna riconoscere una sfrontatezza quanto meno sincera: lui non bara. La speranza è che gli altri siano coerenti con quanto sottoscritto al G20 di quest’anno e inizino davvero a studiare e a mettere in atto dei comportamenti virtuosi.
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Note
[1] Comportamento diretto ad aggirare il fisco con espedienti formalmente ineccepibili
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Quello che è incomprensibile, non è che i super ricchi si rifiutino , fa parte della ingordigia umana. Ma quello che invece io non capisco è: ci sono dei super ricchi, pochi, ma ci sono , che hanno pubblicamente detto che sarebbero disposti a contribuire tassandosi. Sono poi , questi, a mio parere piu’ intelligenti di quelli che si rifiutano, perchè hanno una visione piu lungimirante di NON dover assistere a sommosse e disordini che potrebbero accadere nelle citta’ se la disparita’ di risorse, potrebbero insorgere. A chi giova poi? avere tanto denaro e non poterlo godere tranquillamente oltre al fatto che piu si ‘è indigenti , poveri, e meno si ACQUISTA? forse gli stessi prodotti che i super ricchi , magari producono?
Io, ai super ricchi intelligenti e lungimiranti direi: Fate una proposta e cominciate VOI. Siete Bravi.
Condividendo i due articoli di Chiara Brusini e Adriana F., secondo me è scandaloso e sconveniente per i cittadini e le nazioni che una ristretta élite di soggetti o società multinazionali possa influenzare attraverso pratiche di lobbying Stati e istituzioni sulla promulgazioni di Leggi e norme di carattere tributario. Come recita l’art.53 della ns. Carta costituzionale è compito dello Stato esercitare un prelievo fiscale con lo spirito e i dettami in esso contenuto. Questi grossi agglomerati economici finanziari detentori di capitali ed asset per trilioni di dollari o euro, di cui non si conoscono neanche i veri proprietari poiché schermati da fondi d’investimento detentori a loro volta di altri immensi capitali , hanno portato l’economia mondiale a una forma squilibrata aumentando enormemente le diseguaglianze economiche fra i cittadini. L’articolo di cui sopra ci da una speranza non la certezza che questa sperequazione reddituale possa essere colmata , ma aggiungo io, utopicamente , che se non saremo consapevoli che solo attraverso le istituzioni democratiche partecipate da un maggior numero di cittadini informati, questo cambiamento sarà sempre più arduo e sperequato a discapito della maggioranza dei cittadini a favore di un esigua minoranza detentrice di alti redditi e cospicui capitali.