Libia – guerra civile e terrorismo

Gruppo Corallo
(a cura di Eraldo Rollando)
21-03-2017

La Libia è uno Stato del Nord Africa che si affaccia nel Mediterraneo, con 6,2milioni di abitanti. Dopo la caduta e morte di Gheddafi, nell’ottobre Mappa Libia2011, la Libia anziché divenire un paese “libero” o liberato, è sprofondata nel caos. E’ molto significativa una definizione coniata da LIMES, Rivista italiana di geopolitica on-line, “Si chiamava Libia”. In queste tre parole è condensato il dramma di un paese.
Nei primi tre anni del dopo Gheddafi la situazione politica si poteva definire effervescente, ma non grave. La situazione è precipitata durante l’estate del 2014.
In seguito alle elezioni politiche, il paese si è praticamente diviso in due con due governi e due parlamenti: ad est si è stabilito un governo laico e riconosciuto dalla comunità internazionale con sede a Tobruk, regolarmente eletto. Ad ovest, nella capitale Tripoli, è sorto invece un secondo governo, auto-dichiarato e non riconosciuto internazionalmente, guidato dai gruppi di ispirazione islamica che avevano vinto le elezioni del 2012. Una coalizione “moderata” lontana dagli eccessi che abbiamo visto con l’ISIS. I due governi sono appoggiati da coalizioni di bande, milizie e signori della guerra locali la cui lealtà è spesso incerta.
In Libia lo scontro in atto non è di origine inter-islamica; non c’è divisine fra sunniti, sciiti, alawiti o wahabiti. Lo scontro è economico-culturale tra tribù che cercano, ognuna, di fare prevalere il proprio interesse personale, nel quale si è inserito il cosiddetto Stato Islamico (ISIS) a complicare le cose.
Infatti, In questo contesto di “non-Paese”, nell’ottobre 2014, a Derna, un gruppo di miliziani libici proclama la sua adesione allo Stato Islamico e occupa, in poco tempo, buona parte della regione nord-orientale del Paese. L’Italia e l’Europa, scoprono che l’ISIS si è istallato in Libia dopo i successi ottenuti in Iraq e in Siria.
I due governi della Libia cercano, invano, di trovare una soluzione a questo problema.
Nell’intento di favorire la rinascita di uno stato unitario, vista l’impossibilità dei due governi di trovare un accordo l’ONU, nell’ottobre 2015, con il sostegno della comunità internazionale, ottiene di creare un governo con a capo Fayez al Sarraj, un personaggio semisconosciuto nel panorama internazionale. Ma il parlamento insediatosi a Tobruk ha inizialmente rifiutato di riconoscere l’autorità del nuovo governo “nazionale”a guida Sarraj, il quale è riuscito a insediarsi a Tripoli solamente un anno dopo. Le sue possibilità di riunificare il Paese si sono presto rivelate esigue a causa, sia della sua poca capacità a trovare sostegno politico che a creare una forza militare affidabile e leale.
La situazione rimane confusa e il Paese è frammentato in mille pezzi. I due più grossi Tripolitania (Tripoli) e Cirenaica (Tobruk) dopo essersi combattuti in una guerra civile ora si guardano in cagnesco e i rispettivi sostenitori internazionali non sembrano, nei fatti, aiutare una riappacificazione a breve.
Al momento, resta solo la speranza che, al più presto, il popolo libico possa trovare una sua strada, evitando che dall’esterno intervengano “pacificatori” con il dito perennemente sul “grilletto”, come successo in questi ultimi mesi del 2016 in Siria, con l’intervento della Russia.
Di fatto la Russia, nelle prime settimane di gennaio 2017, ha pensato bene di presentarsi in Libia con una nave da guerra nelle acque della Cirenaica. Lo ha fatto dando appoggio al governo di Tobruk, sostenuto dal generale Khalifa Haftar,

Khalifa Haftar

l’uomo forte che in Cirenaica ha preso il controllo di tutta la zona petrolifera, la cosiddetta “Mezzaluna del petrolio” tra Sirte e Bengasi, strategica per il paese.
In aggiunta a questo, a intorbidire ulteriormente le già molto torbide acque libiche, nello stesso momento, un tentativo di colpo di stato (fallito) ha cercato di rovesciare il nuovo governo di Tripoli, guidato da Fayez al Sarraj, che sarà legittimato dall’Onu, ma non dalla realtà dei fatti sul terreno.

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