Pensierini estivi sulla democrazia

Gabriella Carlon
17-09-2024

Democrazia, post-democrazia, democrazia formale o sostanziale: vi sono vari modi di intendere la democrazia. L’Occidente misura col proprio metro ogni forma di governo esistente, perché, in virtù del colonialismo, il modello occidentale si è diffuso negli altri continenti. Ma non dimentichiamo che, come sostiene Amartya Sen (1), esistono anche le “democrazie degli altri”.
Quale democrazia vorremmo? Per quanto mi riguarda vorrei una democrazia formale che garantisca i diritti civili e sostanziale che garantisca i diritti sociali; vorrei che gli organismi rappresentativi avessero la preminenza su quelli esecutivi per evitare dittature della maggioranza, vorrei una partecipazione consapevole e correttamente informata dei cittadini. Vorrei anche che i luoghi della produzione, dove i cittadini lavorano spendendo buona parte della loro giornata, non fossero ordinati in modo rigidamente gerarchico e autoritario, bensì in modo largamente democratico rispetto a cosa e come produrre, alla catena di comando, agli investimenti. Ma quest’ultimo è proprio un pensierino estivo….

L’Occidente ha scelto la democrazia formale: se in un paese esiste pluralismo politico, equilibrio dei poteri distinti nelle loro fondamentali funzioni (legislativo – esecutivo- giudiziario), uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge, libertà d’impresa, tale paese è considerato democratico.
Solo così si spiega perché gli USA siano potuti diventare il modello della democrazia occidentale, pur essendo una società fortemente dominata dal censo e dal mercato. Infatti le scuole migliori sono quelle che solo i ricchi si possono permettere, e anche le cure per la salute sono proporzionali al censo; il lavoro è senza tutele, il welfare è privato, le libertà civili dell’individuo sono tutelate, ma non sempre il razzismo è stato di fatto superato; si proclama addirittura nella Costituzione il diritto alla felicità, ma non esiste solidarietà sociale se non come beneficenza privata.

L’Europa nel Novecento si era data ordinamenti più democratici, che includevano nei diritti anche i diritti sociali, formulati via via in modo sempre più completo, e alcuni di essi, come salute e istruzione, erano garantiti anche di fatto.
La nostra Costituzione da questo punto di vista è molto avanzata: pone limiti alla libertà di impresa, che può essere esercitata non in vista del solo profitto privato ma del  bene comune; inoltre sollecita la rimozione degli ostacoli che non permettono  una effettiva uguaglianza dei cittadini. Nonostante ciò (anche se si era ancora ben lontani dalla effettiva realizzazione del dettato costituzionale), si sta smantellando una legislazione che nel corso di diversi decenni aveva cercato di rendere meno formali e più effettivi alcuni diritti umani fondamentali: retribuzione del lavoro che garantisse una vita dignitosa, casa, istruzione, sanità).
Al di là della propaganda degli ultimi governi, la nostra democrazia sta diventando sempre più formale, cioè pende decisamente verso la salvaguardia delle strutture, verso la libertà formale, ma  non verso l’uguaglianza reale. La diseguaglianza, infatti,  non è solo economica: in un sistema in cui tutti i servizi essenziali sono privatizzati, diventa diseguaglianza anche nella fruizione dei diritti. Si smantella la Sanità pubblica, non ci si cura dell’edilizia popolare (anzi la si privatizza), non ci si cura del trasporto pubblico. Viene meno il concetto stesso di bene comune. Certo così si possono diminuire le tasse ai più ricchi. Ma una società fortemente diseguale, su modello statunitense, può dirsi democratica?
Anche la politica viene privatizzata: aver tolto il finanziamento pubblico ai partiti non può che aver incentivato l’intreccio tra politica e affari. Si potranno anche moltiplicare i processi per corruzione e concussione, ma diventerà sempre più fisiologico il rapporto tra interessi dei sovvenzionatori privati e scelte del campo politico.  Del resto neppure l’opera dei giudici di Mani pulite  è riuscita a eliminare il fenomeno.

I corpi intermedi (partiti, sindacati, associazioni) sono indispensabili al buon funzionamento della democrazia: sono luogo di studio e di dibattito, di orientamento degli elettori, di collegamento tra i luoghi del potere e i comuni cittadini. Facilitano quindi la partecipazione, perché la capacità di comprendere i complicati meccanismi della politica e dell’economia richiede competenze, studio e disponibilità di tempo che per la maggior parte dei comuni cittadini sono impraticabili. Ma oggi c’è un serio problema di partecipazione e di conseguente rappresentanza, che sta mettendo in crisi la democrazia occidentale. Il formalismo delle strutture e dei diritti fornisce l’illusione della libertà ma non soddisfa i bisogni dei cittadini. E nemmeno il tentativo di realizzare una democrazia sostanziale nelle cosiddette democrazie popolari ha risposto al desiderio di libertà che i cittadini vogliono garantita. La Rivoluzione francese ha portato libertà senza uguaglianza, la Rivoluzione bolscevica uguaglianza senza libertà, mentre la democrazia deve essere formale e sostanziale contemporaneamente.
D’altra parte la democrazia è un processo storico, al pari della formulazione dei diritti universali, che variano in funzione dei luoghi e dei tempi. Appartiene alla categoria dell’utopia, ma d’estate si può anche sognare …
L’importanza di coltivare l’utopia, è ben delineata da Galeano: “Lei è all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare”.

Purtroppo l’Europa attualmente si sta muovendo al proprio interno su percorsi reazionari, sempre più chiusa nella paura e nell’incapacità di aprirsi a soluzioni nuove e sostenibili. Di conseguenza, nella politica internazionale abbraccia la scelta bellicista degli USA. Ma certamente la strada verso l’utopia si troverà prima o poi. Magari al di fuori dell’Europa.

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Note
1) AMARTYA SEN, La democrazia degli altri, Mondadori 2004
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