In Sud Africa, nonostante l’intervento delle Autorità per fermare il massacro dei rinoceronti, la strage continua. L’università di Johannesburg sta tentando un metodo innovativo per bloccare il commercio dei corni: renderli tracciabili con un marcatore radioattivo. Funzionerà? Si spera.
Eraldo Rollando
12-1-2025
Si stima che solo in Sud Africa, all’inizio del XX secolo, fosse presente una popolazione di circa 170.000 soggetti. Una caccia spietata da parte di bracconieri la cui mira era, ed è tutt’ora, il lauto profitto, ha causato la perdita di circa il 96 per cento della popolazione, con la prospettiva di totale estinzione.
Oggi la stima si colloca su circa 19.000 esemplari. Un dato che ha ripreso a salire per la protezione e cura da parte delle Autorità per evitarne la loro scomparsa. Per alcuni soggetti di particolare pregio, è stata organizzata una protezione armata estesa alle 24 ore. Vedasi l’immagine in apertura dell’articolo.
Da oltre un secolo, bracconieri senza scrupoli abbattono rinoceronti per rifornire il mercato illegale con i loro corni. Questo accade soprattutto nel mercato asiatico per le presunte caratteristiche afrodisiache e per l’impiego nella medicina locale, entrambe senza alcun fondamento scientifico. Tra l’altro va precisato che i corni non sono fatti di osso ma di cheratina, la stessa sostanza che compone capelli e unghie umane. Ma avidità, misticismo e ignoranza generano le stragi di questi ungulati.
Un effetto collaterale dell’abbattimento delle femmine è quello di condannare a morte certa i cuccioli rimati orfani, che per i bracconieri non rappresentano alcuna fonte di lucro.
Tra i vari modi per conservare la specie ce n’è uno che può sembrare originale: organizzare un orfanatrofio per i cuccioli rimasti in vita.
Nel 2012 è sorto Il Rhino Orphanage, l’orfanatrofio per rinoceronti, primo centro specializzato nel salvataggio, nella riabilitazione e nel rilascio in natura di questi animali, gestito da una Organizzazione non profit.
Purtroppo, nonostante l’impegno delle Autorità, la pressione e la ferocia dei bracconieri continua implacabile. Nel 2023, secondo il governo sudafricano sono stati uccisi 499 esemplari in tutto il Paese, con un incremento dell’11% rispetto al 2022.
Per contribuire al contrasto di questa mattanza insensata è stato avviato un nuovo progetto, il progetto Rhisotope, basato su una tecnologia pionieristica messa a punto dall’Università del Witwatersrand di Johannesburg, che potrebbe rappresentare una svolta per contrastare la commercializzazione illegale di corni.
La tecnica, al momento sperimentale, attuata con la collaborazione del Rhino Orphanage, prevede il coinvolgimento di 20 individui, e consiste nell’ innestare nei corni – degli animali vivi – capsule contenenti isotopi radioattivi che li rendono rintracciabili. Un sistema innovativo che potrebbe individuare il traffico illegale che transita sottotraccia alle dogane frontaliere e rappresentare un’efficace arma antibracconaggio.
L’intervento non avrà ripercussioni sulla salute dell’animale né sull’ambiente e renderà il corno inutilizzabile per scopi terapeutici, nella eventualità che avesse comunque raggiunto il mercato illegale.
Varie riviste e quotidiani del nostro Paese si sono occupati della vicenda, tra questi: i quotidiani Il Giornale, La Repubblica, il Corriere della sera, i quotidiani on line Il Post, Fanpage e Africa Rivista
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Penso che chi vorrà trafficare di polvere di corno di rinoceronte, radioattivo o no, continuerà a farlo Le capsule saranno rimosse e il corno sarà immesso su un mercato un poco più nascosto. Le credenze radicate nei secoli sono difficili da eliminare, tanto più che sono tipiche di zone molto lontane dalle grandi città. La Cina rurale fa spavento e fa concorrenza alle favelas sud-americane e la polizia non fa volentieri i controlli che dovrebbe fare. Anche se riuscissero a ricostruire un tragitto, ciò cambierebbe ben poco la situazione generale. Si potrebbero fare ragionamenti analoghi per il pelo di tigre, le pinne degli squali e le bistecche di balena. Un trafficante di polvere di corno di rinoceronte, particolarmente scrupoloso verso i suoi clienti, potrebbe trattare la merce con reagenti chelanti e allontanare il radioisotopo se questo fosse stato assorbito. Lavare tutto, insomma. Tuttavia, un trafficante di polvere di corno probabilmente pensa di tagliare il prodotto con polvere di altre parti di animali come unghie e setole. E nessuno se ne accorgerebbe, probabilmente, visto che l’efficacia di sostanze di tal specie sta più che altro nella testa di chi le usa. Inoltre, si fa di tutto per eliminare dalla circolazione sostanze radioattive come le reticelle delle lampade da campeggio, i quadranti sempre luminosi di orologi, portachiavi luminosi, rilevatori di fumo e galleggianti luminosi per pescatori e ora si vuole infilare un radioisotopo nei rinoceronti. Quante capsule radioattive andranno in giro? Speriamo che ci mettano solo del trizio! Non sarà come quando si è tolto il mercurio dai termometri e poi lo si è messo in milioni di lampadine a basso consumo di qualche anno fa?