Gruppo Corallo (a cura di Eraldo Rollando)
16-08-2017
La Siria, luogo di transito di popoli nei secoli e terra di storia dell’Umanità, è un Paese che sorge sulle sponde orientali del Mediterraneo.
Nel 2013 aveva circa 23 milioni di abitanti; nel 2015 tra 5 e gli 8 milioni in meno.
La religione: circa il 74% è di fede sunnita, il 13% composto da drusi e sciiti, il 13% da cristiani.
Gli sciiti appartengono ad una minoranza religiosa, sostenuta dal Partito Baath, e detengono tutto il potere attraverso il Presidente Bashar Al-Asad, sciita della setta alauita largamente minoritaria in Siria e i comandi delle forze armate.
Nonostante la fede islamica permei, sovente, la vita pubblica (e privata) delle società mussulmane, sino a attuare vere e proprie teocrazie, Il Paese si dichiara apertamente laico.
Chi non ha sentito parlare di guerra in Siria? A causa del cosiddetto Califfato islamico di fede sunnita (ISIS o DAESH), che si è istallato tra Siria e Iraq, e della contemporanea guerra civile, in quel paese è in atto un’operazione che si potrebbe definire “Tabula Rasa”. Il risultato delle scorrerie europee del tanto raccontato Attila potrebbero essere, al paragone, cose di piccolo conto.
“La peggiore catastrofe umanitaria dopo la seconda guerra mondiale” dice l’ONU.
In Siria, più che parlare di guerra è meglio parlare di guerre. E’ in atto una mischia infernale, uno scontro di tutti contro tutti, nella quale sono in gioco le spoglie di un Paese colmo di storia e di tradizioni, via strategica di transito; punto d’incrocio delle vie tra il Mediterraneo, l’India, l’Asia Minore e l’Egitto, luogo di incontro di popoli nei secoli passati.
Giornali, televisioni e siti web di tutto il mondo continuano a raccontare le drammatiche vicende siriane; nulla abbiamo da aggiungere a ciò che viene descritto. Per cercare di dipanare la matassa degli avvenimenti, vediamo di riepilogare in modo cronologico, e forzatamente sintetico, le vicende principali, già dal loro inizio nel 2011.
– 2011:
E’ guerra civile: Sunniti contro Sciiti
Tutto ha inizio in marzo, quando un gruppo di adolescenti, sull’onda delle “primavere arabe” di Tunisia e Egitto a Dar’a, una cittadina di circa 70 mila abitanti nel sud del paese, scrive su un muro la frase “E’ arrivato il tuo turno dottore”: vengono arrestati e seviziati da parte dei servizi segreti, con l’accusa di avere ingiuriato il presidente Bashar al-Asad.
Poco dopo, iniziano le manifestazioni contro il regime di al-Asad, al potere dal 2000 (la famiglia al-Asad, complessivamente, governa a Damasco dal 1971. Bashar è figlio di Hafez, suo predecessore, descritto come uomo feroce) per chiedere riforme e libertà. La repressione del regime parte subito violenta e dura, causando centinaia di morti; è l’occasione ghiotta per l’opposizione sunnita, da alcuni decenni messa all’angolo e repressa da un regime autoritario e violento. le manifestazioni non si fermano e presto si passa alla lotta armata. Ai gruppi di ribelli si uniscono ufficiali disertori che, a fine 2011, creano l’FSA-Esercito Siriano Libero. Da allora si è passati ad una vera e proprio guerra civile che vede contrapposti gli sciiti del Partito Baath, il cui leader indiscusso è il presidente siriano Al-Assad, e i ribelli sunniti dell’Esercito siriano libero. In pochi mesi l’FSA conquista alcune città, avvicinandosi sempre più a Damasco.
– 2012:
Una presenza ingombrante e pericolosa: : entrano in scena gli islamisti – il Fronte al-Nusra
Il 2012 è l’anno di svolta nella guerra; entrano in gioco forze estranee alla rivolta, ma interessate a insediarsi nel Paese. In gennaio nasce un gruppo armato, come costola siriana di al-Qaida e dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), con il nome di Fronte al-Nusra, di fede sunnita (ricordiamo che al-Asad è di fede sciita). Nato, anche questo, con l’obiettivo di rovesciare il regime e favorire la nascita di uno Stato Islamico in Siria, presto si allea con l’FSA-Esercito siriano libero creando una massa di rivolta forte e compatta. Si forma una saldatura fra l’Esercito siriano libero e il Fronte al-Nusra ambedue di fede Sunnita contro gli sciiti al potere.
Ben presto il Fronte al-Nusra rivela la sua matrice terroristica con attentati suicidi, decapitazioni pubbliche di ostaggi, o con autobombe facendo, a sua volta, strage di civili.
Le Forze armate siriane cercano di fermare, nel corso del 2012, l’avanzata dei ribelli e dei qaidisti con interventi sempre più violenti, provocando massacri fra i civili, cercando di attribuirne la responsabilità ai rivoltosi.
In luglio parte l’offensiva per la conquista da parte dei ribelli della città di Aleppo, la seconda città della Siria; le truppe governative, impegnate nel contrasto al contemporaneo attacco alla capitale Damasco, sono colte alla sprovvista. La battaglia prosegue per alcuni mesi, ma la presenza dei miliziani islamisti del Fronte al-Nusra, che partecipano agli attacchi assieme ai ribelli dell’Esercito Siriano Libero, contribuisce alla conquista definitiva della parte orientale della città (circa il 50% del territorio). Nello stesso tempo i ribelli si impossessano anche delle strade di comunicazione con il vicino confine turco, attraverso la regione del Kurdistan siriano, aprendosi un vitale canale di approvvigionamento da e per la Turchia.
Le forze internazionali entrano nella mischia
E’ in questo periodo che entra in scena la politica internazionale: si schierano con i ribelli dell’Esercito Siriano Libero, che combatte al fianco di al-Qaeda, Gran Bretagna, Stati Uniti, Turchia e Francia, mentre Russia (tradizionale alleato del regime di Damasco), Iran, Venezuela, Cina, e il gruppo sciita libanese di Hezbollah sostengono il governo di Al-Assad.
E qui compare in scena la tragedia dell’assurdo. Il 7 ottobre 2001, gli Stati Uniti attaccano l’Afganistan per distruggere al-Qaeda ed eliminare il suo fondatore Bin Laden (ucciso dagli USA, successivamente, nel 2011) come ritorsione per gli attentati dell’11 settembre 2001 alle “Torri Gemelle” di New York ; undici anni dopo, nel 2012, gli Stati Uniti partecipano alla guerra in Siria al fianco dei “vecchi” nemici di al-Qaeda. E’ sempre valido il detto “il nemico del mio nemico è mio amico”? Si, naturalmente con un po’ di contorsioni. Pare che le alleanze degli americani in Medio Oriente rispondano alla regola: “a casaccio”.
– 2013:
La guerra si espande, tre eserciti in campo.
– Esercito regolare siriano (i difensori del regime)
– Esercito siriano libero (i ribelli)
– Fronte al-Nusra (gli islamisti-terroristi)
– I Curdi (contro al-Asad, ma per proprie ragioni territoriali)
In marzo, la città di Raqqa, importante centro strategico per il controllo dell’area centro-settentrionale della Siria, cade in mano al Fronte al-Nusra. La guerra si espande a tutto il Paese, frammentandosi.
In questo periodo, sono sul terreno da una parte le forze dell’Esercito regolare siriano, che difende il regime di Al-Assad, e dall’altra la galassia dei ribelli che comprende l’ Esercito Siriano Libero, il Fronte al-Nusra (con al-Qaida e ISIS), le milizie curde e altri gruppi minori: questo fronte combatte contro l’Esercito regolare siriano e, a corrente alternata, fra le forze al suo interno.
– 2014:
L’anno del “Califfato”; l’ISIS dilaga.
Tutte le forze siriane in campo (governativi e ribelli dell’esercito siriano libero e curdi) si rendono conto del pericolo rappresentato dalla conquista territoriale dell’ISIS, che sembra inarrestabile. Nella confusione più completa si assiste ad un ribaltamento di fronti. L’ISIS diventa il nemico pubblico numero uno, contro il quale si scagliano l’Esercito regolare siriano, l’FSA (Esercito siriano libero) e le milizie dei Curdi (tradizionali oppositori di al-Asad) nel nord-est del Paese.
L’Esercito regolare siriano però, dovendo difendere l’unità territoriale, continua a combattere contro tutti ma con risultati scarsi o nulli.
Il 29 giugno dello stesso anno l’ISIS proclama a Mosul in Iraq, nella Moschea di al-Nuria, la nascita del “Califfato”, che comprende le aree occupate della Siria e dell’Iraq, e stabilisce la sua capitale nella città di Raqqa nel nord della Siria, conquistata un anno prima; in quel tratto di territorio scompare il confine tra Siria e Iraq.
La rapida avanzata dell’ISIS nel nord e nell’est del Paese, e l’incapacità militare del governo nel contrapporsi, creano profonde preoccupazioni nelle cancellerie dei governi occidentali e, in particolare, in quello americano.
Il 22 settembre, l’aviazione degli Stati Uniti inizia il bombardamento contro le postazioni dei jihadisti e dei loro veicoli militari nella zona di Raqqa, con aerei e missili che decollano da unità navali nel Mediterraneo. All’attacco aereo partecipano anche gli alleati arabi.
– 2015:
Pochi passi in avanti.
Per tutto l’anno le forze dell’Esercito regolare siriano, dell’Esercito Siriano libero, dei Curdi e della coalizione degli stati arabi cercano di contenere e sconfiggere il cosiddetto Stato islamico.
A novembre la Francia, già presente da tempo in Siria, partecipa a raid aerei su postazioni islamiste nei dintorni della città di Raqqa; si dice per ritorsione agli attentati di Parigi avvenuti il 13 dello stesso mese. Nello stesso periodo, secondo il New York Times, l’aviazione Usa si sarebbe concentrata anche nell’interrompere il traffico clandestino di petrolio dallo Stato Islamico verso i Paesi vicini, bombardando i convogli che trasportano il petrolio dal Califfato verso la Turchia, passando per il territorio di Raqqa: 116 autocisterne sarebbero state colpite. Inoltre i caccia hanno colpito gli impianti, riducendone drasticamente la produzione.
Il giornale on line ilpost.it (clicca per l’approfondimento), riportando una inchiesta del Finantial Times, riferisce come quella del petrolio rappresenti per l’ISIS una delle fonti primarie di finanziamento (1,5 milioni di dollari al giorno) e quali modalità di trasporto e raffinazione vengano messe in atto per procurarsi tutto quel denaro.
Contemporaneamente, già da inizio anno, è massima la tensione per la riconquista della città di Aleppo da parte governativa, con l’aiuto delle forze armate russe la cui aviazione partecipa alle incursioni aeree da settembre. La città, che dal 2012 è parzialmente in mano agli islamisti e ai ribelli siriani, sta vivendo mesi terribili di fame, privazioni di ogni genere e lutti.
Per alleviare le sofferenze della popolazione civile, le organizzazioni umanitarie internazionali tramite trattative e accordi con le parti in guerra cercano di fare arrivare in città soccorsi di vario tipo.
– 2016:
Il “Califfato” indietreggia – Riconquista di Aleppo.
le attività belliche proseguono a rilento per buona parte dell’anno; gli scontri si concentrano sempre più attorno ad Aleppo. A partire da luglio la città viene posta sotto assedio e il flusso degli aiuti umanitari destinati alla popolazione viene interrotto. Per stroncare la resistenza dei rivoltosi, la città viene bombardata dalle forze aeree russe e siriane; molte sono le vittime civili fra la popolazione intrappolata nel settore orientale della città. A dicembre, dopo intensi bombardamenti Aleppo est viene liberata; restano in mano ai rivoltosi alcune piccolissime enclave della città.
La lunga occupazione, il protrarsi dell’assedio e gli intensi bombardamenti hanno creato molte migliaia di morti e feriti e una situazione umanitaria gravissima.
A fine dicembre Russia, Turchia e Iran cercano un accordo per la pace in Siria. Il sospetto, largamente diffuso, è che più che parlare di pace si parli di una sorta di spartizione delle spogli della Siria. In cui, la Turchia ha l’interesse di evitare che nel nord, al suo confine, si instauri un embrione di Stato curdo, la Russia ha la convenienza a proteggere le sue basi navali sulla costa mediterranea della Siria e a stabilire una sorta di protettorato sul Paese dal momento che, dopo la liberazione di Aleppo, ha stanziato in città un battaglione di mussulmani ceceni inquadrati nelle forze russe e l’Iran, storicamente vicino alla Siria di al-Asad, intende preservare l’asse sciita tra Iran, Iraq, Giordania e Libano (la così detta Mezzaluna sciita).
Le forze dello Stato Islamico sono state notevolmente indebolite dall’intervento delle coalizioni internazionali con capofila da una parte gli USA e dall’altra la Russia.
Dal 2014, in circa due anni, il cosiddetto Califfato è stato fortemente ridimensionato, pur mantenendo un forte deterrente terroristico: secondo il Centro Internazionale per lo Studio della radicalizzazione e la violenza politica (ICSR) ha perso quasi la metà del suo territorio (30% in Siria e 62% in Iraq), i rifornimenti petroliferi sono stati largamente decurtati con la riconquista di molti pozzi petroliferi e il bombardamento dei rifornimenti clandestini via terra dalla Turchia, le risorse finanziarie, che arrivavano attraverso varie modalità dai territori e città (una ventina tra Siria e Iraq) riconquistati, si sono dimezzate passando da 2 miliardi di dollari a un massimo di 870 milioni.
– 2017:
Il Califfato sempre più in difficoltà – Il Kurdistan siriano – Raqqa – Epilogo?
A riprova delle difficoltà finanziarie, nella prima settimana di marzo 2017, in una Raqqa ormai assediata da 45 mila uomini curdo-arabi delle Forze democratiche siriane(anti governative) e con gli americani pronti a dare manforte con un intervento diretto di elementi dei loro Corpi d’elite, si registra una sommossa di un gruppo di Jihadisti tunisini, motivata dal cattivo trattamento economico, che minaccia di uccidere con attentati Kamikaze almeno 20 colonnelli dell’ISIS (o Daesh): ne dà notizia la tv filo iraniana al-Mayadin. Per non crollare sotto la crisi finanziaria, l’ISIS utilizza tutti gli strumenti possibili per rastrellare denaro, imponendo vessazioni insopportabili alle popolazioni con tasse, licenze, imposte, multe e i più fantasiosi balzelli. Nelle ultime settimane di febbraio 2017, sono aumentati gli attacchi terroristici: fra il 24 e il 25, in azioni kamikaze, sono state uccise 119 persone. Questi ultimi fatti segnalano, appunto, che il Califfato, ormai sotto assedio e in stato di inferiorità militare, sta cambiando strategia passando dallo scontro diretto al terrorismo diffuso.
Non si esclude, infatti, che si possa attuare una pericolosa diaspora dei terroristi in fuga, alcuni verso i loro paesi di origine (con particolare riferimento ai “foreing fighters”), altri verso nuovi territori che alcuni osservatori indicano in Filippine e Afghanistan, altri ancora si disperderanno in Siria e Iraq per portare avanti le loro azioni deliranti.
Anche in Europa si teme il fenomeno dei “foreing fighters” di ritorno e rischio attentati.
Aprile, Bombardamenti con gas tossici.
Non ci sarebbe bisogno di altre “sottolineature” per rendere evidente la mostruosità della guerra in Siria, ma non si può non vedere ciò che è accaduto il 4 aprile 2017: a Khan Shaykhun , una città in mano alle Forze democratiche siriane(anti governative), nel nord del Paese, l’aviazione governativa avrebbe bombardato la periferia della città con agenti chimici, si parla del Sarin.
Di fronte alla sollevazione di tutte le cancellerie occidentali e dell’ONU, il governo siriano e fonti dell’aviazione russa negano la responsabilità dell’uso dei gas, ma confermano che l’azione era stata portata per distruggere un deposito di munizioni e una fabbrica di armi in mano agli insorti e ai qaedisti. La conseguenza è, in ogni caso, che qualche centinaio di persone sono state esposte al gas; un bilancio provvisorio parla di 94 morti certi tra bambini e adulti a causa del Sarin, più circa 160 intossicati di cui alcuni molti gravi.
La storia siriana si ripete: in un villaggio nei sobborghi di Damasco, nel 2013, furono uccise circa 1400 persone con il gas; nell’attacco ad Aleppo furono usate queste armi vietate dalle convenzioni internazionali; così come in altri casi precedenti ne venne fatto uso da parte dei ribelli/jiadisti (sia in Siria che in Iraq). Chiunque le usi non può che essere considerato un “alieno” al genere umano, anche se ci fu chi coniò quell’orribile locuzione di origine francese “à la guerre comme à la guerre”.
Cinque giorni dopo i fatti di Khan Shaykhun gli USA, con un intervento a sorpresa, hanno lanciato dalle navi situate nel Mediterraneo orientale 59 missili su una basa aerea governativa come ritorsione.
Kurdistan siriano: sempre nel mese di aprile c’è da registrare il fatto che ormai una vasta porzione di territorio del nord siriano, lungo quasi tutto il confine con la Turchia, è in mano ai curdi;
si tratta della provincia di Rojava, precedentemente conquistata dall’ISIS e liberata dalle formazioni curde con l’aiuto di Russia e USA. Il territorio si era già autoproclamato Federazione della Siria della Nord, con la federazione dei tre cantoni di Kobane, Afrin e Jazira nel marzo 2016; con la presa di possesso territoriale, l’idea di una federazione diventa sempre più concreta, tanto che gli stessi curdi hanno intensificato il loro sforzo su Raqqa, poco a sud del Kurdistan siriano. Conquistare Raqqa significherebbe, per loro, avere una continuità geografica nel loro territorio. Naturalmente il progetto curdo, per il momento sguarnito da ogni veste legale, sia nazionale che internazionale, è fortemente contrastato dal governo di Damasco, che vede con sospetto la ventilata spartizione della Siria in tre aree di influenza: curda, sunnita, sciita. La stessa Turchia di Erdogan teme fortemente il successo curdo ai suoi confini, per il pericolo di un congiungimento con il Kurdistan turco del PKK: l’agenzia di stampa ANSAmed il 4 luglio riferisce che “l’artiglieria turca è oggi tornata a sparare colpi contro le postazioni curde, a ridosso del confine turco”
Giugno: il 10 del mese è giunta la notizia della riconquista da parte delle forze di Damasco del confine orientale, con l’Iraq. Notizia importante sia dal punto di vista strategico che politico: infatti, erano cinque anni che il confine era stato sigillato dalle formazioni islamiste; la sua riapertura permette di riprendere la collaborazione militare fra i due Stati per combattere il Califfato.
Luglio: si intensifica la battaglia di Raqqa, capitale dello stato islamico nel nord della Siria, già circondata da fine giugno; miliziani curdo-siriani, sostenuti da forze USA, hanno aperto brecce nell’antico recinto murario, penetrando all’interno, mentre la Coalizione internazionale a guida americana continua a bombardare la città; scontri molto accesi sono segnalati all’interno della Città Vecchia. Sarà certamente una battaglia, come quella di Mosul in Iraq, lunga e cruenta, dal momento che le forze anti Califfato hanno dichiarato di volere eliminare gli Jiadisti. Si nutrono gravi timori per numero elevato di civili, da 30 a 50 mila, ancora intrappolati in città e pronti a essere usati come scudi umani dalle milizie jiadiste.
La guerra in Siria, è questione di qualche mese, è ormai vinta. Restano ancora da liberare due grosse zone: una nel nord ovest, e la seconda a sud, al confine con la Giordania. Con la caduta di Mosul in Iraq e quella prossima di Raqqa in Siria, il Califfato, come entità fisica e statuale, non esisterà più.
La sorte dello stesso “Califfo” al-Bagdadi è incerta: Il 16 giugno fonti russe hanno dato la notizia della sua morte, che sarebbe avvenuta il 28 maggio, durante un raid a sud di Raqqa in Siria. L’11 luglio la televisione irachena Al Sumariya, citando “una fonte nella provincia di Ninive”, riteneva di potere dare conferma della notizia; ma il 17 luglio, l’agenzia Reuters sconfessa tutti con un’intervista a Lahur Talabany, un alto responsabile dell’anti-terrorismo curdo, il quale dice di essere convinto al 99% che al-Baghdadi è ancora vivo ed è rifugiato a Raqqa. Sulla sua testa pendeva, o pende, da tempo una taglia di 25 milioni di dollari. Se si trova a Raqqa difficilmente riuscirà a fuggire.
la guerra sarà terminata ma, quasi certamente, sorgerà un terrorismo diffuso che sarà, per sua natura, arduo sconfiggere. E il futuro dello Stato sembra non avrà lo stesso aspetto antecedente alla guerra.
Quale sarà il futuro?
Al-Asad sta mettendo mano ad una nuova Costituzione che, pare, presenterà nel mese di agosto: riuscirà a evitare la tripartizione della Siria?
Non si è espresso chiaramente sulla formazione di uno stato federale; si è limitato a dire che il Paese è troppo piccolo per avere una struttura federale e che la sua storia (del Paese) non è mai passata attraverso esperienza analoga.
Sta di fatto che l’opinione pubblica internazionale vede con favore la nascita del Kurdistan siriano, e forse anche di quello iracheno; gli Stati Uniti sembrano appoggiare l’idea e la Russia, dopo il forte sostegno dato a Damasco, sembra avere ridotto fortemente le simpatie nei suoi confronti. E l’Esercito Siriano Libero, che in questi sei anni ha combattuto per la liberazione della Siria dagli islamisti e la destituzione di al-Asad, che ruolo avrà? Staremo a vedere.
Quanto è costata la guerra in Siria?
Non è ancora possibile fare consuntivi, e chissà se sarà mai possibile farne, ma nei primi sei anni di guerra i costi in vite umane, distruzioni di città e dissesto economico sono, secondo alcune prime stime, spaventosi. Su una popolazione di 23 milioni, circa 470 mila morti, di cui 100 mila civili e 20 mila bambini; 5 milioni di siriani fuggiti all’estero e chissà se mai ritorneranno in patria; 6 milioni di profughi interni; l’economia siriana, in sei anni , ha perso circa 226 miliardi di dollari (una cifra enorme dalla quale nessuna economia si potrebbe risollevare facilmente); l’85% della popolazione in povertà: queste sono le cifre provvisorie di una “faida” di sangue fra poteri criminali che spaccherà definitivamente il Paese.
Durante la guerra sono stati perpetrati crimini da parte di tutti gli attori in campo.
Sono note le immagini strazianti delle azioni criminali commesse dal cosiddetto “Califfato”, apparse sulle televisioni di tutto il mondo. Il governo siriano non è esente da fatti atroci, tant’è che, recentemente, una commissione di inchiesta indipendente è stata incaricata dall’ONU di fare luce su azioni di estrema gravità, come il bombardamento e inquinamento, da parte dell’aviazione governativa, della fonte idrica di Damasco, azione che il governo aveva attribuito ai ribelli; o il bombardamento deliberato, da parte della stessa aviazione siriana, di un complesso scolastico, a Idlib in una zona in mano ai rivoltosi e fuori del controllo governativo, uccidendo 21 minori.
“Una violenza di stato criminale contro una violenza jiadista terroristica criminale”, è il commento di Luca Geronico nella sua analisi pubblicata su Avvenire il 15 marzo 2017; mentre l’Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani Al-Ussein denuncia: “E’ molto probabile che decine di migliaia di persone sono attualmente detenute … esorto tutte le parti a porre fine alla tortura, alle esecuzioni e ai processi iniqui”.