I mediatori sauditi e dell’Oman sono arrivati l’8 aprile ’23 a Sanaa, la ex capitale occupata dai ribelli Houthi nel 2014, per discutere con i loro leader una bozza di pace “quasi definitiva” e porre fine alla guerra. Poterebbe essere la volta buona
Eraldo Rollando
26-04-2023
Il 2 ottobre 2022 la tregua in vigore da sei mesi in Yemen era scaduta e non rinnovata. La speranza della popolazione in una pace duratura andava sfumando. Le organizzazioni non governative (Ong), che durante i sei mesi di tregua avevano ripreso il loro lavoro umanitario, temevano di dover interrompere i loro interventi e vedevano il rischio di ripresa del conflitto che in 7 anni e mezzo ha causato centinaia di migliaia di vittime e 4 milioni di sfollati. “Il popolo yemenita è di nuovo sull’orlo della catastrofe, in questo periodo già messo in ginocchio dall’enorme aumento dei prezzi del cibo nel contesto della crisi alimentare globale”, aveva spiegato in un comunicato del 4 ottobre Francesco Petrelli, esperto delle politiche internazionali di Oxfam Italia, una delle Ong presenti nel Paese
E di fatto i combattimenti erano stati ripresi.
Una foto sta facendo ora il giro del mondo: quella della stretta di mano tra l’ambasciatore dell’Arabia Saudita in Yemen Mohammed Al-Jaber e il leader politico yemenita degli Houthi, Mahdi Al-Mashat: un’immagine che potrebbe essere l’icona di una possibile pacificazione nello Yemen, che metterebbe fine a una inutile mattanza di vite umane e porterebbe sicuri vantaggi sociali ed economici in tutta l’area.
Secondo l’analista politico Al-Qahtani, a influenzare gli eventi potrebbe essere stato “lo storico patto mediato a Pechino dalla Cina tra l’Arabia Saudita e l’Iran del 10 marzo 2023”, per normalizzare i rapporti tra questi due Stati.
Il riavvicinamento di Arabia Saudita e Iran, che entro il mese di maggio riapriranno le rispettive ambasciate, rappresenta un fatto importante essendo i due Stati parte diretta e in contrasto tra loro nella guerra yemenita. A spianare la strada alle trattative di pace tra Governo dello Yemen e i rivoltosi Houthi si intravede sullo sfondo la presenza discreta e silente di Pechino, che raramente si espone a imprese destinate a fallire: Xi Jinping non è politico da esporre a rischio la sua immagine, se non altro per ragioni di politica interna. La Cina inoltre ha la necessità di mantenere pacificata l’area dello stretto di Hormuz e del Mar Rosso, attraverso i quali passa un ingente traffico di petrolio e merci (inclusi i suoi rifornimenti all’area del Mediterraneo), e nei cui paraggi transiterà uno dei percorsi della “Via della Seta”.
La situazione è tutta in evoluzione. In una nota del 6 aprile 2023 Arabnews informa che funzionari del governo yemenita e i media locali hanno dichiarato che “gli Houthi hanno accettato di ripristinare un cessate il fuoco scaduto, mediato dalle Nazioni Unite nello Yemen per sei mesi, discutere lo scambio di tutti i prigionieri che detengono e avviare negoziati diretti con il governo yemenita… hanno inoltre accettato di fermare gli attacchi alle infrastrutture petrolifere nelle regioni controllate dal governo, aprire tutte le autostrade nelle province dello Yemen e porre fine al loro assedio di Taiz”. In cambio, gli Houthi otterranno pagamenti salariali per i dipendenti pubblici nelle aree che controllano e un allentamento delle restrizioni all’aeroporto di Sanaa e al porto di Hodeidah (Mar Rosso, nei pressi dello stretto Aden-Gibuti).
Una notizia che ha suscitato scalpore, trattandosi di una sorprendente inversione a U senza precedenti nelle vicende dei sette anni trascorsi, nella quale come già detto ha evidentemente fatto buon gioco l’ombra determinante della Cina.
(ICRC- Rilascio dei prigionieri-Clicca sull’immagine per ingrandire)
A conclusione dei primi colloqui, come misura di rafforzamento della reciproca fiducia, è seguita una dichiarazione del Comitato della Croce Rossa Internazionale (CICR) che ha annunciato l’inizio del rilascio di quasi 900 prigionieri.
Tutto finito? Questa è la speranza, ma resta ancora da scalare una montagna, sempre che nonostante i buoni propositi tutto non ricominci da capo (e non sarebbe la prima volta). Il nodo non facile da sciogliere che si profila è rappresentato dal futuro assetto territoriale e amministrativo del Paese, che le delegazioni dovranno ben presto considerare .
Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che nelle aree contese sono presenti formazioni jihadiste, non coinvolte in questi primi passi (e che forse non lo saranno mai), costituite da Al Qaida nella Penisola Arabica (AQAP), dagli affiliati yemeniti dello Stato Islamico (ISIS) e da Ansar al-Shari’a, un’organizzazione terroristica fondamentalista; formazioni che, a macchia di leopardo, hanno preso possesso di parti del territorio.
Come si comporteranno? Difficile prevederlo.
In chiusura non possiamo non ricordare il grave fatto, accaduto il 19 aprile, in cui la calca per ricevere pochi dollari uccide 85 persone e ne ferisce 320, una cinquantina in modo grave. Tragedia non imputabile direttamente a fatti bellici, ma la fame e la disperazione generate dalla guerra hanno portato l’ondata di folla a cercare aiuto.
E’ accaduto a Sanaa in una stradina che conduceva ad un edificio scolastico dove, al termine del Ramadan, alcuni facoltosi commercianti locali avevano deciso di distribuire 9 dollari per ogni persona che si presentava. Erano accorsi in molti, nella speranza di racimolare qualche moneta. Un’opera meritoria pur nell’esiguità dell’importo, ma che la sottovalutazione del luogo angusto ha trasformato l’avvenimento in tragedia.
Necessita qui ricordare che in Yemen 2 persone su 3 hanno bisogno di aiuti umanitari
Sorge un auspicio, che questa amara vicenda contribuisca a condurre le parti in causa ad una pace rapida, giusta e sicura.
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Note
Foto d’apertura da Arabnews.com: l’ambasciatore dell’Arabia Saudita in Yemen Mohammed Al-Jaber stringe la mano al leader politico degli Houthi, Mahdi Al-Mashat
Per approfondire: precedenti articoli (clicca sui titoli).
(21-7-2017) Yemen – la guerra civile , quasi nascosta.
(30-7-2021) Yemen: a che punto è la notte – prima parte
(30-4-2021) Yemen: a che punto è la notte – seconda parte
(31-5-2022) Yemen, una tregua precaria che fa ben sperare
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