Yemen: a che punto è la notte – prima parte

Eraldo Rollando
30-04-2021

Economicamente lo Yemen è tra i Paesi più poveri del mondo, con condizioni di sottosviluppo diffuso e dipendenza pressoché totale da aiuti esterni, nonostante indubbi progressi siano stati fatti dal 1990, anno della riunificazione. Purtroppo la già bassa condizione del Paese, dal 2014 sta subendo un grave arretramento, non per suo demerito ma per l’avidità di chi in esso cerca il proprio interesse.

 

Babel-Mandeb, circa 30 chilometri di mare che separano Gibuti dallo Yemen,è un angosciante collo di bottiglia che veicola il traffico marittimo per il Canale di Suez, attraverso il quale nel 2020  è passato il 12% del commercio mondiale (in termini di volume): si è trattato di 18.829 navi (circa 2 navi ogni ora) con 1,17 miliardi di tonnellate di merci a bordo

Nelle acque di una delle rotte commerciali marittime più trafficate del mondo passa circa un terzo delle merci trasportate da e verso l’Italia.

L’importanza strategica

L’incidente della mega portacontainer Ever Given, arenata all’inizio del Canale poco dopo Porto Said  il 23 marzo 2021, segnala l’importanza di questo tratto di mare che richiama alla mente la geopolitica dell’area, i molti conflitti passati e presenti nel Medio Oriente e la politica degli “imperi”, sia Stati sia multinazionali del petrolio.

Nonostante la povertà del paese, lo Yemen ha un ruolo chiave per la sua collocazione geografica: con il porto di Aden controlla lo stretto di Babel-Mandeb , la “porta d’entrata” del mar Rosso, che una barca a vela da competizione di Coppa America può attraversare in poco più di mezzora da costa a costa. Non a caso gli Stati Uniti hanno da tempo una loro base navale nell’isola di Socotra, proprio in prossimità dello stretto, di fronte ad Aden.

Babel-Mandeb è largo 18 miglia nel punto più stretto, il che limita il traffico delle petroliere a un canale largo quattro miglia per le spedizioni in entrata e in uscita, risultando un passaggio facile da controllare.

Il controllo di quel tratto di mare è la ragione principale del conflitto nello Yemen, nel quale la rivolta degli Houthi è solo la scintilla che ha acceso il falò. Un conflitto che vede il germe anche nelle rivolte che, dieci anni fa, infiammarono le piazze di molti paesi del Nord Africa e del Medio Oriente.

Diversi sono i paesi interessati a quel tratto di mare. Arabia Saudita, Iran e Israele sono i più attivi, direttamente o per procura.

Quasi tutto il petrolio saudita destinato a occidente transita da lì. Recentemente il Regno saudita ha puntato il dito apertamente contro l’Iran: ne dà conferma il sito dell’emittente televisiva degli Emirati Arabi Uniti, alarabya.net, citando la notizia diffusa dalla TV di stato saudita, secondo la quale gli Houthi “continuano a minacciare le linee di navigazione marittima e il commercio globale”. La stessa fonte ha anche sottolineato il fatto che “La coalizione araba che combatte nello Yemen ha sventato un imminente attacco Houthi sostenuto dall’Iran sabato (3 aprile 2021), distruggendo una barca carica di esplosivo in una parte meridionale del Mar Rosso”.
Riad è inoltre impegnata a contrastare nello stretto il passaggio illegale di carburante iraniano agli Houthi, nonché il trasporto via mare di droni a lunga-gittata da parte dei ribelli sciiti in Yemen, con i quali colpiscono il suo territorio saudita.

Anche l’Iran, che veicola il greggio attraverso Suez, ha il legittimo interesse al controllo delle rotte e nel luglio 2020, in occasione delle sanzioni Usa, il ministro del Petrolio Bijan Zanganeh ha mostrato con chiarezza i propri intenti: “Non ci arrenderemo in nessun caso poiché dobbiamo essere in grado di entrare con forza nel mercato e rilanciare la nostra quota”.

Israele, vittima e carnefice della situazione, da parte sua conduce una battaglia in alcuni momenti scoperta e in altri “silenziosa” per il contrasto al traffico di petrolio e di armi iraniane verso Siria e Libano: da quell’area la milizia sciita di Hezbolah, basata sulle alture del Golan, minaccia e colpisce lo Stato ebraico. Davanti al Mar Rosso e allo stretto di Hormuz Israele ha già mandato in avaria una dozzina di navi iraniane per mezzo degli incursori della Shayetet 13, le forze speciali della marina, che si infiltrano silenziosamente con vedette rapide e sommergibili, posano gli ordigni e si dileguano.

Il pentolone ribolle

2011 – L’inizio
Nel pieno di quello che fu definito da molti “effetto domino”, l’ondata di rivolte nel mondo arabo, partite in Tunisia sul finire del 2010, raggiunse e sommerse anche lo Yemen costringendo il presidente di lunga data, Ali Abdullah Saleh, a cedere il potere al suo vice, Abdrabbuh Mansour Hadi. E fu l’inizio di quattro anni destabilizzanti.

2014 – Entrano in campo le milizie Houthi
Nel 2014, il movimento ribelle musulmano sciita Houthi approfittò della debolezza del governo centrale per prendere il controllo della provincia settentrionale di Saada, delle aree limitrofe e della  capitale Sanaa, costringendo il Presidente Hadi all’esilio in Arabia Saudita.

2015 – Scocca la scintilla che infiamma il Paese
Il 26 marzo 2015,  quello che era un conflitto interno cambia direzione, visione strategica e politica.
È l’anno in cui entrano in campo forze esterne allo Yemen: prende corpo una Coalizione araba (1), guidata dall’Arabia Saudita, con il sostegno di Stati Uniti, Regno Unito e Francia, con lo scopo di ripristinare la legalità del governo del Presidente Hadi e allontanare dal confine saudita e dallo stretto di Babel-Mandeb, il rischio della presenza iraniana (Houti e l’Iran professano la stessa fede sciita).

Quella che nel 2011 doveva essere “solo” una rivolta civile si è così trasformata in un conflitto spaventoso, determinando la tragica situazione che abbiamo sotto i nostri occhi.
Era già successo nel 2011 anche in Siria, quando il Presidente Al-Assad aveva messo le premesse per la distruzione del suo Paese reagendo ad una scritta, vergata su un muro per mano di un gruppo di adolescenti, che minacciava: ”è arrivato il tuo turno dottore”. Anche lì nessuno ha potuto fermare una tragedia che ancora prosegue.

2017 – Un nemico amico
Sembra un ossimoro, ma è proprio così. Nel 2017 si forma ad Aden il pro-secessionista Consiglio di Transizione Meridionale (Southern Transitional Council, STC), che rivendica la sua sovranità territoriale nel sud-ovest dello Yemen con rivolte a tratti pacifiche e in altri momenti guerreggiate.
Sono alleati del governo centrale yemenita del presidente Hadi per il contenimento e contrasto degli Houthi  ma, allo stesso tempo, lo combattono con le armi rivendicando la loro indipendenza.

2021- Dove siamo
Dalla fine del 2020, gli Houthi controllano la maggior parte dei governatorati situati a nord e al centro del Paese; il Consiglio di transizione meridionale (STC) controlla parte dello Yemen del sud (principalmente la città di Aden, il suo governatorato e l’isola di Socotra); il governo centrale (GoY) detiene la gestione del resto dei governatorati meridionali e orientali.

Questa guerra, malgrado gli sforzi internazionali, non sembra placarsi: i fronti attivi di battaglia sono cresciuti da 33 a 47 nel corso del 2020, causando altri 172.000 sfollati.

 

Continua in   Yemen: a che punto è la notte – parte seconda

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Note

(1) La Coalizione araba è formata da Bahrein, Egitto, Kuwait, Sudan ed Emirati Arabi Uniti (UAE)

 

 

 

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