Oro blu: la corsa all’acqua – parte prima

Il controllo dell’acqua sarà sempre più causa di tensioni e conflitti: dal Medio Oriente al Sud Est asiatico come al Sud America sono numerosi i focolai che già adesso sono sfociati in vere e proprie contese per l’oro blu ma che presto potrebbero acquisire contorni preoccupanti; senza contare le numerose turbolenze locali o rivolte “domestiche” che spesso vengono derubricate a moti interrazziali per occultare i veri interessi

Eraldo Rollando
05-07-2021
Un problema noto, che qualcuno non vuol vedere.
“L’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici è una condizione essenziale per una vita dignitosa. È anche un diritto che non ammette discordie e richiede un lavoro meticoloso.… La protezione delle risorse idriche, l’educazione alla tutela dell’acqua e l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari dovrebbero diventare una priorità nelle agende di governo ed essere al centro delle politiche pubbliche, data la potenziale scarsità e l’innegabile contributo che danno al bene pubblico e alla dignità umana.” (Da “Il diritto umano all’acqua”: Workshop 23-24 febbraio 2017 organizzato dalla Pontifica  Accademia delle Scienze.)

“Ça va sans dire”, direbbero in Francia, va da sé, non c’è bisogno di parlarne. E invece è assolutamente necessario ricordare un problema così cruciale; molto se ne parla nei servizi on-line, – che purtroppo rappresentano un piccolo segmento di lettori -, ma molto poco sui giornali o nei telegiornali. E, soprattutto, poco ne parlano i governi, interessati più a risolvere problemi di alleanze o elettorali che a guardare con occhio lungimirante a questioni di gran lunga superiori.
Voci autorevoli di Enti sovranazionali, autorità scientifiche e comunità locali da tempo continuano a segnalare l’uso eccessivamente disinvolto e a scopo di lucro delle risorse naturali. Ma gli interessi economici riescono sempre a mettere in ombra questi richiami.
Oggi Il tema della crisi ambientale, tangibile in ogni aspetto della nostra vita, viene declinato quasi esclusivamente in termini generali da Stati e Autorità sovranazionali, ma non si affrontano i singoli ambiti specifici di tale crisi. Così, si parla – giustamente – di cambiamenti climatici, di riscaldamento del pianeta e di energie rinnovabili, ma la comunità internazionale non sembra preoccuparsi se le numerose dighe sul fiume Mekong, già da cinque anni, stanno creando disastri ai Paesi a valle: “La costruzione di alcune dighe cinesi sul Mekong ha causato secche e inondazioni che hanno determinato una riduzione della pesca in Cambogia e della produzione di riso in Thailandia, colpendo anche 17 milioni di vietnamiti che vivono sul delta del fiume” (Altreconomia – 26 maggio 2016).

 

Nel 1972, il Club di Roma (1) pubblicò un Rapporto, noto come Rapporto Meadows, che poneva all’attenzione del pubblico il problema che la crescita economica non poteva continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali.
Secondo il rapporto, proseguendo con i ritmi di crescita dell’epoca, l’umanità sarebbe giunta al collasso nel Ventunesimo Secolo. Con gli occhi di 50 anni dopo, possiamo dire che la previsione è stata centrata e, purtroppo, le proporzioni del disastro sono ben maggiori di quanto ipotizzato allora.

Negli ultimi anni anche Papa Francesco, nei suoi innumerevoli incontri e discorsi, ha spesso citato con preoccupazione il tema dell’acqua come bene comune e i rischi connessi alla sua mancanza. Nella lettera enciclica Laudato sì, pubblicata nel giugno 2015, il Santo Padre tratta il tema dell’interconnessione tra crisi ambientale del pianeta e crisi sociale dell’umanità. Le sue parole hanno ricevuto lodi e applausi, ma pochi riscontri sul piano concreto.
Il 25 novembre 2019, in occasione di una visita in Thailandia e Giappone, Bergoglio aveva incontrato l’imperatore giapponese Naruhito. Secondo fonti del Palazzo imperiale, il Pontefice aveva sottolineato come il problema dell’ambiente,e dell’acqua in particolare, possa essere causa di un prossimo conflitto tra Stati. E in effetti da tempo si avvertono diversi segnali di crisi a livello locale.

Sembrano problemi lontani, ma così non è. C’è una forte probabilità che i nostri figli e i nostri nipoti ne facciano personale esperienza.
In Gran Bretagna qualcuno ha messo avanti le mani per lanciare un allarme concreto: entro il 2050, tra 25 anni,il Regno Unito potrebbe dover affrontare una grave crisi idrica per colpa di più fattori: aumento della popolazione, spreco di acqua e cambiamenti climatici.

In particolare nella Giornata Mondiale sull’Acqua (World Water Day) che si è celebrata, come ogni anno, il 22 marzo, gli scienziati dell’Environment Agency, ovvero l’Agenzia per l’Ambiente Inglese, hanno parlato di una futura crisi idrica.
“Secondo le nostre proiezioni, molte parti del nostro Paese affronteranno deficit idrici e in particolare il sud-est, dove vive gran parte della popolazione del Regno Unito”, dice il capo dell’Agenzia, James Bevan.
Vedremo conflitti interni tra Scozia, Galles e Inghilterra? Probabilmente no, ma la situazione vira verso una situazione di grande criticità.

La scarsità dell’acqua e l’uso che ne viene fatto, in aggiunta ai cambiamenti climatici e all’incremento della popolazione del mondo, è uno degli elementi di rischio per la sopravvivenza della vita sul pianeta.
Secondo i dati delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Salute, nel 2014 circa 748 milioni di persone ancora non avevano accesso all’acqua, e 2,5 miliardi non ne hanno disponibilità per bisogni igienico-sanitari.
Considerando che la popolazione mondiale aumenterà di 2 o 3 miliardi nei prossimi 30/40 anni, raggiungendo i 9 miliardi nel 2050, si prevede una crescita del 70% della richiesta di cibo, la cui produzione è strettamente collegata all’acqua.
Inoltre, l’aumento della popolazione avrà come effetto un incremento di richiesta di energia chesarà fornita sempre piùda fonti idriche.
La combinazione di questi elementi avrà come unico risultato un notevole aumento della competizione per l’utilizzo delle risorse idriche tra i vari settori e tra le diverse aree geografiche.

Palazzo-della-Borsa-a-Wall Street

Tutto però continua nella più totale indifferenza verso questo problema di portata mondiale, tanto che una notizia destinata alle prime pagine dei giornali è passata, almeno in Italia, nel più assoluto silenzio: l’acqua, come qualsiasi altra merce, dal dicembre 2020 è scambiata nel mercato dei “futures” (2) alla Borsa di Wall Street. Una notizia che scavalca tutti gli aspetti di carattere etico e atterra pesantemente nel campo economico-finanziario, azzerando d’un colpo il principio dell’acqua come bene comune inalienabile.

Che dire? Il 2020, anno terribile per la grave emergenza sanitaria globale, ha monopolizzato tutte le nostre preoccupazioni.
Nel mondo questi segnali di competizione per le risorse idriche ci sono già, e in alcuni casi in forma preoccupante dato che a livello globale non esiste un’autorità con reale potere “regolatorio”; tale potere, purtroppo, non l’ha nemmeno l’ONU che, in questo ambito, può agire con la sola arma della persuasione morale. Quest’anno, tra l’altro, si celebra il decimo anniversario della risoluzione 64/292 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha esplicitamente riconosciuto il diritto umano all’acqua pulita e sicura. Eppure ben poco si è fatto per garantire questo diritto.
In un’intervista del febbraio 2021 della rivista Altreconomia, il Relatore ONU Arrojo-Agudo (3), professore di economia, afferma che è il momento di reagire e di tutelare il valore pubblico dell’“anima blu della vita”. A suo parere, la decisione di quotare l’acqua in Borsa risponde a una “logica” di mercato applicata in un campo sbagliato, e ricorda una frase del suo conterraneo Antonio Machado, poeta e scrittore, ripetuta più volte ai suoi studenti: “Solo il pazzo confonde il valore con il prezzo”.
Ma la logica del profitto non può capire la finezza di una tale distinzione.

(Parte prima – continua)
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Di prossima pubblicazione la Parte seconda, dove faremo un viaggio attraverso l’Umanità tradita, violata dagli interessi, pur legittimi, degli Stati e dalle promesse di benessere fondate sulla speculazione di alcuni a danno dei vicini
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Note
Foto d’apertura: “Acqua” – foto Vittorio Ragaini
(1) Club di Roma è un’associazioni di scienziati che, per la prima volta, aveva calcolato i limiti della crescita umana sulla Terra.
(2) Acquistare futures significa impegnarsi ad acquistare alla scadenza ed al prezzo prefissati un bene trattato.
(3) Pedro Arrojo-Agudo, professore emerito di Analisi economica all’Università di Saragozza, nel 2003 ha ricevuto il Goldman EnvironmentalPrize (Premio “Nobel” per l’Ambiente). Dal novembre del 2020 è Relatore speciale delle Nazioni Unite

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