Sempre e solo armi

Gabriella Carlon
11-06-2025
Sembra davvero che i potenti del mondo non sappiano più pensare se non in termini di scontro armato. Contrariamente a quanto stabilito dalla nostra Costituzione, gli attuali governanti sembrano pensare che l’unica via per risolvere le controversie internazionali sia la guerra. Pertanto, in coerenza con tale pensiero, la prima operazione a cui si dedicano è l’incremento della spesa per le armi. Basti pensare che nel 2024 il mondo ha speso in armamenti 2718 miliardi di dollari (+ 9,4 rispetto al 2023). Notevoli sono gli investimenti delle tre potenze mondiali:
Stati Uniti – 997miliardi (+5,7 rispetto al 2023, pari al 37% della spesa globale e al 66% della spesa NATO); Cina – 314miliardi (+7% rispetto al 2023); Russia – stimato 149miliardi (+38% rispetto al 2023). (Fonte SIPRI  – clicca per accedere) 
In Europa la Germania ha speso 88,5miliardi con un incremento del 28% rispetto all’anno precedente, mentre per l’Italia la spesa diretta è stata di 32miliardi (1,42% del PIL); aggiungendo le spese per le missioni estere e per le pensioni INPS si arriva a 35,4miliardi (1,57% del PIL). La percentuale è più vicina al 2% previsto dalla NATO (45miliardi), però per raggiungere tale cifra mancano ancora circa 9,7miliardi. (Fonte Milex – clicca per accedere)
Per un confronto dettagliato tra le spese militari dei Paesi aderenti alla NATO e quelle della Russia si veda l’Osservatorio CPI  (clicca per accedere) dell’Università Cattolica.

Il prossimo giugno sarà un vertice NATO a stabilire la percentuale di spesa sul PIL da investire in armamenti. Attualmente sarebbe al 2%, ma alcuni paesi propongono il 3%, gli USA il 5%.
La proposta più dirompente  (clicca per accedere) viene però dall’Unione Europea per bocca della Presidente Von Der Leyen: riarmo per 800miliardi, accompagnato da un cambiamento delle regole di spesa, considerate finora inderogabili, espresso in cinque punti:
– le spese per la difesa saranno scorporate dai calcoli sul deficit del Patto di stabilità fino all’1,5% del PIL per 4 anni;
– verrà creato un nuovo strumento che erogherà fino a 150milioni di prestiti agli stati (anche fuori dall’UE) per acquisizione di armamenti che tendano a costituire piattaforme comuni;
– per l’acquisizione di armi sarà possibile utilizzare i Fondi di coesione, che invece dovrebbero essere destinati alla riduzione delle disuguaglianze;
– si procederà anche alla mobilitazione di fondi privati con opportune operazioni bancarie;
– la Banca europea per gli investimenti potrà investire in armi (mentre finora ne esisteva il divieto).
Inoltre anche fondi del PNRR potranno essere dirottati sugli armamenti.

Si badi bene che non si prospetta di costruire un esercito europeo che, comunque, non esistendo alcuna forma di unità politica, non potrebbe sussistere. La questione di fondo è se l’UE potrà mai diventare un organismo politico. Per ora si tratta infatti di incrementare gli armamenti nazionali dei singoli paesi, col risultato che i più forti economicamente si ritroveranno anche militarmente meglio equipaggiati. Ovviamente l’UE dovrà abbandonare ogni prospettiva di conversione ecologica e di difesa dei beni comuni e i paesi con più alto debito dovranno tagliare ulteriormente il già modesto budget destinato al welfare.

Ma perché bisogna riarmarsi? A quale scopo?
La discussione sul merito non trova spazio in sede europea, dove ci si trastulla con le considerazioni sul nome: da Rearm Europe a Readiness 2030 (Prontezza 2030). Lo scopo dichiarato è la difesa dal pericolo di un’invasione russa, in un momento in cui gli USA sembrano volersi defilare dalla copertura della difesa dell’Europa occidentale, praticata dalla fine della Seconda guerra mondiale. Ma in realtà la NATO sussiste, non solo come organismo di difesa, ma addirittura di offesa e non pare che le sue basi stiano smobilitando. Comunque ci viene detto che dobbiamo essere pronti (nel 2030?) per la guerra contro la Russia perché con Putin non si può trattare (Zelensky se lo è vietato per legge). Anzi, dobbiamo continuare ad armare Zelensky, in modo che possa arrivare alla vittoria.
Anche se Von Der Leyen vaneggia insistendo in questa retorica bellicista, è noto a tutti che è impossibile pensare a una vittoria dell’Ucraina sulla Russia, visto l’attuale andamento della guerra. Allora è evidente che le ragioni del riarmo sono altre. I dati del SIPRI ci dicono infatti che l’Europa si sta riarmando dal 2014, probabilmente per superare la crisi dell’industria europea, per altro peggiorata dopo le mancate forniture del gas russo. In particolare la Germania sarebbe favorita da una riconversione delle industrie verso la produzione bellica. Non è la prima volta che si ricorre a un’economia di guerra per assicurare profitti a un’industria stagnante e per incrementare l’occupazione. Purtroppo il processo di riarmo porta inevitabilmente a utilizzare la produzione bellica in situazioni conflittuali entro o oltre confine. Ne consegue che riarmarsi non è un deterrente bensì un incentivo ad alzare il livello dello scontro il più possibile. Si provi a trovare un esempio di riarmo massiccio non seguito da una guerra.

Come sottolineato più volte da Papa Francesco (e ribadito da Leone XIV) è il disarmo che prepara la pace, non il riarmo. Disarmare il linguaggio, disarmare le menti, negoziare la riduzione degli armamenti è la strada per costruire la pace. Significativo anche un comunicato congiunto cristiano-islamico del 27 ottobre 2023 che recita:
“….Ci opponiamo alla benedizione delle armate in nome di Dio.
Ci opponiamo allo storno di fondi dalla sanità e dall’istruzione a favore del comparto militare.
Ci opponiamo al linguaggio bellico che vede nell’altro un nemico.
Chiediamo una riconversione dell’industria degli armamenti…”
Speriamo che questa invocazione diventi il grido dei popoli del mondo, capace di costringere la politica a ripensare le sue prospettive.

Non è chiaro nemmeno quale modello di difesa si voglia costruire con il riarmo: sembra che ogni stato europeo debba provvedere a una difesa nazionale del proprio territorio in vista di un’invasione russa, mentre fino ad ora gli stati dell’UE si sono impegnati in attività di intermediazione o, in altri casi, in operazioni di attacco di territori al di fuori dell’Unione. Si deve cambiare paradigma? Senza nessuna discussione pubblica? Lasciando all’oscuro i cittadini europei che infine dovranno sopportare il peso di questa ipotetica terribile guerra?
Esiste da decenni ormai uno scontro tra la NATO che si espande a est e la Russia che non intende farsi circondare (restando priva anche degli sbocchi al mare) e che, anzi, vuole allargare la propria zona d’influenza. Si dovrebbero esplorare tutte le possibilità di soluzione del contrasto attraverso la mediazione diplomatica e nuovi compromessi, non attraverso il riarmo che significa preparare la guerra. Inoltre esistono anche tecniche di difesa non violenta, perché neppure si nominano? E infine quali vantaggi derivano all’UE dal vedere nella Russia “il Nemico”?

Un’ultima considerazione va fatta sulla procedura d’urgenza (messa in atto dalla Presidente Von der Leyen), che non richiede l’approvazione del Parlamento, unico organo rappresentativo dell’UE. Anche se l’approvazione del Parlamento è comunque scontata, si vuole evitare la discussione sul provvedimento, che renderebbe palesi le ragioni degli oppositori e potrebbe fornire una migliore informazione all’opinione pubblica.
Fortunatamente la stessa Commissione Affari giuridici del Parlamento europeo ha bocciato questa procedura e la Presidente Metsola ha diffidato la Presidente Von der Leyen a continuare sulla strada intrapresa (Fonte Antimafia duemila  – clicca per leggere).
Speriamo che ciò porti a un dibattito pubblico e diffuso sulla nuova configurazione geopolitica del mondo e dell’Europa in particolare, sollecitando soluzioni più innovative e meno distruttive rispetto all’orrore insensato della guerra. Se davvero l’Europa è la patria del diritto, questo è il momento di dimostrarlo.

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